Dopo la sentenza della Corte dei Conti del Friuli Venezia Giulia, trapelata nei giorni scorsi e riportata dal nostro giornale, che ha condannato il capitano Raimondo Michele Gammone a risarcire il Ministero della Difesa e l’Arma dei Carabinieri per un presunto caso di truffa, gli avvocati Fabio Viglione e Francesco Minciotti di Roma, che curano gli interessi del militare, prendono le difese dell’appartenente alle forze dell’ordine, precisando peraltro alcuni aspetti della vicenza, convinti che sarà fatta piena luce sulla questione. Come si ricorderà, il capitano Gammone è noto in Molise per aver guidato per circa cinque anni la Compagnia Carabinieri di Bojano, fino a settembre 2013. Su di lui c’è un giudizio pendente anche in sede penale, che – dopo la sentenza di Appello – ha preso la strada della Cassazione. Secondo i legali, in quella sede, verrà dimostrata l’innocenza del loro assistito. “Sosteniamo la piena innocenza del capitano Gammone, vice comandante di un reparto di prestigio di ambito regionale“, dichiarano in una nota gli avvocati Viglione e Minciotti. “Egli ha svolto le sue delicate funzioni di comando nella piena legittimità e correttezza e siamo convinti che la Corte di Cassazione annullerà il pronunciamento di merito, in ragione di una serie di solide argomentazioni giuridiche che abbiamo sottoposto allo scrutinio dei Supremi Giudici. Esprimiamo piena fiducia nella giustizia, in cui crediamo fermamente, ritenendo che, all’esito del procedimento, possa essere finalmente accertata la totale innocenza del nostro assistito. Il fatto storico oggetto della sentenza di cui tratta l’articolo è ancora oggi, in assenza di pronuncia definitiva, dibattuto in sede penale. Con riferimento alla contestazione relativa ai soggiorni presso l’albergo, in assenza dell’alloggio di servizio, appare da rettificare la ricostruzione dell’articolo, secondo la quale gli stessi colleghi avrebbero accertato che non era vero quanto dichiarato dall’ufficiale. Non è stata fornita la prova che il Capitano dormisse in caserma anziché in albergo nel periodo di interesse. Riteniamo che, al contrario, si sia fornita con linearità la prova della correttezza del suo operato. In questo senso, con la prova delle nostre argomentazioni giuridiche, confidiamo nel giudizio della Suprema Corte e nel riconoscimento dell’innocenza del nostro assistito. Innocenza che, peraltro, in assenza di un pronunciamento definitivo di condanna, l’articolo 27 della Costituzione, impone di presumere“.
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