Roberto Calvi (Milano, 13 aprile 1920 – Londra, 17 giugno 1982) è stato un banchiere italiano.
Nacque a Milano il 13 aprile del 1920. Suo padre era un funzionario della Banca Commerciale Italiana. Dopo il diploma in ragioneria si iscrive nel 1939 all’Università Bocconi, presso la quale frequenta la facoltà di Economia e Commercio, dedicandosi nel contempo ad attività politiche: dirige infatti l’Ufficio Stampa e Propaganda dei Gruppi Universitari Fascisti. Non concluderà tuttavia i suoi studi universitari a causa dello scoppio della II guerra mondiale. Nel 1940 si arruola in cavalleria (lancieri di Novara), venendo destinato al fronte russo. Al termine del conflitto mondiale Calvi ottiene, in virtù dei buoni uffici del padre, un posto alla Banca Commerciale.
Vi rimarrà brevemente, entrando come “impiegato semplice”, nel 1947, nel Banco Ambrosiano grazie ai buoni rapporti del padre con uno dei dirigenti della banca, Alessandro Canesi (futuro direttore generale (1959), dal 1965 presidente). Il Banco era una banca privata strettamente legata all’Istituto per le Opere di Religione (IOR). Da quel momento iniziò una serie di rapidi avanzamenti di carriera, sotto l’ala protettrice di Canesi. Lavorando nel settore esteri della banca acquisisce una notevole esperienza nell’ambito dei paradisi fiscali. Nel 1958 diviene assistente personale di Canesi. Nel 1960, con la riorganizzazione del settore esteri viene nominato responsabile per le operazioni di carattere finanziario. Calvi “colleziona” posti nei consigli di amministrazione di diverse controllate estere del Banco Ambrosiano.
Di lì a dieci anni raggiunse prima la carica di direttore generale nel 1971, poi quella di vicepresidente (1974), infine quella di presidente nel 1975, carica quest’ultima tramite la quale riuscì ad avviare una serie di speculazioni finanziarie per lanciare il Banco Ambrosiano nella grande finanza internazionale. Fondamentali, a questo scopo, le amicizie con membri della loggia massonica deviata P2 (di cui in seguito fece parte)[1] e i rapporti con esponenti del mondo degli affari, della mafia e della politica (sia italiana sia di diversi paesi latino-americani). Nel 1968 conobbe Michele Sindona divenendone socio in affari; nel 1975 Sindona gli presentò Licio Gelli e Calvi entrò nella loggia P2 il 23 agosto di quell’anno.
La consacrazione definitiva di Calvi come membro del salotto buono della finanza italiana si concretizza con il suo ingresso nel consiglio di amministrazione della “sua” università, la Bocconi, in qualità di vicepresidente al fianco di Giovanni Spadolini, il quale in verità era molto insofferente di questa ingombrante presenza. Risalgono a quel periodo (1979-1982) donazioni ingenti (nell’ordine delle centinaia di milioni di lire) del Banco Ambrosiano, per mezzo di sue controllate (Banca Cattolica del Veneto e Credito Varesino) all’università. Tali stretti rapporti con il più prestigioso ateneo italiano di economia suscitarono veementi dibattiti e un’interrogazione parlamentare da parte dei Radicali nel 1982.
In poco tempo divenne uno dei finanzieri più aggressivi, intrecciando una fitta rete di società fantasma create in paradisi fiscali con lo IOR, la banca vaticana: acquistò la Banca del Gottardo, una banca svizzera; fondò una finanziaria in Lussemburgo, la Banco Ambrosiano Holding; con l’arcivescovo Paul Marcinkus fondò la Cisalpine Overseas, nelle Bahamas; insieme al tecnico informatico Gerard Soisson (che morì a 40 anni in un Club Méditerranée in Corsica), Calvi ideò un meccanismo di compensazione dei conti fra istituzioni bancarie.
Gli obblighi internazionali di riserva frazionaria vennero in questo modo applicati solo al saldo dei crediti tra due banche, a quella delle due che ha il saldo positivo (saldo creditore). Su richiesta del Vaticano, finanziò «Paesi e associazioni politico-religiose» soprattutto nell’Europa orientale (ad esempio Solidarność) e in America Latina (come i Contras) «allo scopo di contrastare la penetrazione e l’espandersi di ideologie filomarxiste». In seguito all’inchiesta per il suo omicidio, divenne noto col soprannome di Banchiere di Dio, tanto da ispirare un libro ed un film omonimi.
La prima crisi del Banco risale al 1977. All’alba del 13 novembre Milano si svegliò tappezzata di cartelloni in cui si denunciavano presunte irregolarità del Banco Ambrosiano. Artefice del gesto era stato Michele Sindona, che voleva vendicarsi di Calvi, cui aveva chiesto senza successo i soldi per “tappare i buchi” delle sue banche.
Per alcuni mesi, a partire dal 17 aprile 1978, alcuni ispettori della Banca d’Italia analizzarono la situazione del Banco Ambrosiano e denunciarono molte irregolarità, segnalate al giudice Emilio Alessandrini, il quale venne però ucciso il 29 gennaio 1979 da un commando di terroristi di estrema sinistra appartenenti a Prima Linea. Il 24 marzo il governatore della Banca d’Italia Paolo Baffi e il vice direttore generale Mario Sarcinelli, artefici dell’ispezione, vennero accusati dai magistrati Luciano Infelisi e Antonio Alibrandi di alcune irregolarità e posti agli arresti (domiciliari per Baffi), salvo essere completamente prosciolti nel 1983, in seguito all’accertamento dell’assoluta infondatezza delle accuse mosse a loro carico.
In seguito il Banco si trovò ad affrontare una prima crisi di liquidità, che risolse ricevendo finanziamenti dalla BNL e dall’ENI per circa 150 milioni di dollari, mentre una seconda crisi di liquidità nel 1980 fu risolta grazie a un nuovo finanziamento dell’ENI di 50 milioni di dollari, per ottenere i quali Calvi, come risulta dagli atti processuali, pagò tangenti a Claudio Martelli[8] e Bettino Craxi. Il “castello di carte” dell’Ambrosiano crollò nel 1981 con la scoperta della loggia P2 che lo proteggeva: Calvi, rimasto senza protezioni ad affrontare lo scandalo, cercò l’intervento del Vaticano e dello IOR, ma poco meno di due mesi dopo, il 21 maggio, venne arrestato per reati valutari, processato e condannato.
Il 9 giugno 1982 Calvi si allontanò da Milano, giungendo a Roma in aereo, dove incontrò Flavio Carboni, col quale organizzerà la fuga verso l’estero. L’11 giugno il banchiere si diresse a Venezia, per poi raggiungere Trieste, e successivamente la Jugoslavia. Dal paese slavo proseguirà poi per Klagenfurt. Il 14 giugno Calvi incontrò Carboni al confine con la Svizzera, per poi partire il 15 giugno verso Londra, dall’aeroporto di Innsbruck. Il 16 giugno Carboni partì da Amsterdam per raggiungere Calvi a Londra.
Il 18 giugno venne trovato impiccato da un impiegato postale, sotto il Ponte dei Frati Neri sul Tamigi (51°30′34″N 0°06′16″W) in circostanze molto sospette, con dei mattoni nelle tasche e 15.000 dollari addosso. Fu trovato anche un passaporto con le generalità modificate in “Gian Roberto Calvini”. Nelle sue tasche venne ritrovato anche un foglio con alcuni nominativi: quello dell’industriale Filippo Fratalocchi (noto produttore di apparati di guerra elettronica e presidente di Elettronica S.p.A.), del politico democristiano Mario Ferrari Aggradi, del piduista Giovanni Fabbri, di Cecilia Fanfani, dell’amico di Sindona ed ex consigliere del Banco di Roma Fortunato Federici, del piduista e dirigente BNL Alberto Ferrari, del piduista e dirigente del settore valute del Ministero del Commercio Estero Ruggero Firrao e del Ministro delle Finanze del PSI Rino Formica.
Il 17 giugno si era suicidata la sua segretaria personale, Graziella Corrocher, lanciandosi dal quarto piano dell’edificio dove ha sede il Banco Ambrosiano. La magistratura inglese liquidò la morte di Calvi come suicidio, come affermato da una perizia medico-legale. Sei mesi dopo, la Corte Suprema del Regno Unito annullò la sentenza per vizi formali e sostanziali ed il giudice che l’aveva emessa venne incriminato per irregolarità; il secondo processo britannico lasciò aperta sia la porta del suicidio, sia quella dell’omicidio. Lo scrittore Leonardo Sciascia in un articolo del 24 luglio 1982 comparso sul quotidiano Il Globo sostenne che Calvi si fosse suicidato e giudicò assurda l’ipotesi dell’omicidio.
Nel 1988 iniziò in Italia una causa civile che stabilì che Roberto Calvi era stato ucciso e impose a un’assicurazione il risarcimento di 3 milioni di dollari alla famiglia. Il 2 febbraio 1989 Clara Canetti, la vedova di Calvi, nel corso di una puntata della trasmissione televisiva Samarcanda affermò che il marito le avrebbe confidato che il vero capo della loggia P2 era l’onorevole Giulio Andreotti, il quale lo avrebbe minacciato indirettamente attraverso Giuseppe Ciarrapico in seguito al crack del Banco Ambrosiano e gli avrebbe fatto dei discorsi che lo turbarono: di tali affermazioni però non sono mai stati raccolti riscontri attendibili anche se è accertato che Calvi, prima di partire per Londra dove venne ritrovato morto, incontrò realmente Andreotti e Ciarrapico, che lo invitarono a cena per discutere di alcune divergenze che lui aveva avuto con Orazio Bagnasco, nuovo vicepresidente del Banco Ambrosiano. Un nuovo procedimento legale sulla morte di Calvi è stato aperto in Inghilterra nel settembre 2003.
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