Quando nel 2009 sono arrivati i primi dolori facciali, per Maria Passarella e la sua famiglia è iniziato un incubo. La 72enne campobassana ha dovuto attendere sette anni terribili prima di essere informata su una scoperta che avrebbe condizionato il resto della sua vita: la donna è affetta dalla sindrome di Sunct, una malattia rara che colpisce il ramo oftalmico del nervo trigemino, ma in alcuni casi può coinvolgere altre parti della testa, e che provoca continui dolori lancinanti. I tentativi di cura all’ospedale Cardarelli di Campobasso e all’istituto Neuromed di Pozzilli non sono stati sufficienti, la signora Passarella non reagiva bene ai farmaci, fino a quando nel settembre del 2016 la donna ha subito una violenta crisi ed è stata ricoverata al nosocomio del capoluogo. A raccontarlo è la figlia Rosanna, contattata da noi telefonicamente. “Mia madre sembrava un vegetale: non mangiava, non parlava più, aveva continui dolori atroci. Eravamo disperati”. Rosanna racconta anche l’inferno degli anni precedenti. “All’inizio le era stata diagnostica una nevralgia trigeminale, da tenere sotto controllo col Tegretol. Ma il tempo passava e i sintomi restavano, finché abbiamo notato in lei un netto peggioramento. Mia madre non poteva più fare una serie di cose, come fare la spesa, stare ai fornelli. Avvertiva fitte agli occhi, al naso, in altre parti della testa. Urlava e si dimenava perché non ne poteva più. A settembre dell’anno scorso la grande crisi”. Cosa ha fatto a quel punto? “Ho deciso di fare una serie di ricerche, mi sono documentata su un istituto neurologico di Milano che trattava casi simili, il ‘Carlo Besta’. Dopo 21 giorni di ricovero al Cardarelli, in attesa di un posto libero, siamo partiti per Milano. Dopo la visita del personale medico l’ardua sentenza: sindrome di Sunct, non più di cento casi in tutta Europa. Ci è crollato il mondo addosso. Anche perché, ci hanno spiegato i dottori, non esiste una precisa terapia, ma solo farmaci sperimentali”. La famiglia Passarella è rimasta poco più di due settimane all’istituto milanese, dove è stata somministrata alla 72enne una prima terapia, poi modificata in un secondo ricovero avvenuto a febbraio di quest’anno. Ora sono in attesa di una terza chiamata. “Non è facile – ci ha raccontato ancora Rosanna. – Tutto questo è dispendioso sia da un punto di vista fisico-mentale, sia da un punto di vista economico. Ma lo facciamo per l’amore di mia madre, perché questa strada si è rivelata una nuova speranza. Abbiamo firmato delle autorizzazioni affinché mia madre durante il ricovero a Milano potesse essere filmata a fini medico-sperimentali. Le cose vanno leggermente meglio ora, ma ci vorrà ancora molta strada. Il personale medico ci ha detto che dovrà convivere con la malattia, l’obiettivo però è che torni ad una vita dignitosa”. Rosanna comunque non si ferma qui. “Voglio lanciare un appello. Non solo in Molise, ma anche in Italia. Vorrei confrontarmi con qualcuno, che siano associazioni, medici o pazienti con la stessa sindrome, per avere altre informazioni e magari ulteriore aiuto. Voglio sapere se si può fare qualcosa di più per lei”.