“Ritornata in Molise, dopo il campo di “Estate Liberi!”, la prima domanda che mi pongono tutti è “cosa ti resta di questa esperienza?”. Per rispondere a questa domanda ripercorro le tappe che hanno accompagnato le giornate dal 9 al 15 luglio, nella città che sorge alla punta del tacco dell’Italia Meridionale, a 500 chilometri dalla mia regione”. E’ la testimonianza di Anna Spina dell’associazione Padre Giuseppe Tedeschi di ritorno dal campo di Libera contro le mafie allestito a Crotone.” Arrivata a Crotone con qualche pregiudizio, ho incontrato una realtà completamente diversa, fatta di donne, uomini, giovani e adulti con una grande voglia di riscattarsi e di far conoscere un territorio da sempre additato come “territorio di mafia” e che invece cerca di ripartire, in tutti i modi per riscattarsi. Da anni, le cooperative sociali, come Kroton Comunity, Giovanni Paolo II e AGORA’ Kroton lavorano in rete per dare risposte alle fasce più deboli, attraverso l’accoglienza degli immigrati con i progetti SPRAR, il Camper della Solidarietà “ON THE ROAD”, che tutte le sere gira per la Città di Crotone e distribuisce un pasto caldo ai senza tetto, ai rom e agli immigrati, le strutture di riabilitazione per tossicodipendenti, la mensa dei poveri, la distribuzione degli indumenti alle persone meno abbienti della Città di Crotone, e la bellissima esperienza dell’Emporio Equo Solidale “I cinque pani” che consente attraverso una stretta collaborazione con i Servizi Sociali del Comune e delle altre associazioni, la distribuzione dei prodotti della Colletta Alimentare ai cittadini bisognosi. Una città che vuole ripartire, la si vede dalla dinamicità delle attività che quotidianamente mette in campo per dimostrare a tutti che cambiare si può, nonostante le continue faide e guerre che negli anni si susseguono e i mille ostacoli che la malavita mette in campo per contrastare la ripresa. Una delle frasi che in quei giorni ho sentito frequentemente è che “alla mafia fa comodo la povertà”. La testimonianza più toccante è stata quella di Francesca e Giovanni Gabriele, genitori del piccolo Domenico, per tutti Dodò, di appena 11 anni ucciso per mano di due sicari in un giovedì sera di fine giugno 2009 mentre giocava a calcetto con gli amici e con il papà. Il racconto ha determinato in tutti noi una forte emozione, ma soprattutto una forte presa di pozione nei confronti dell’affermazione, che ogni volta viene pronunciata davanti a queste tragedie, “la vittima si trovava nel posto sbagliato al momento sbagliato”. Cosa c’è di sbagliato nel portare il proprio figlio di 11 anni a giocare in un campetto a poche decine di metri da casa? La realtà di quel territorio l’hanno condivisa con noi Rocco Mangiardi, testimone di giustizia che vive da anni sotto scorta per aver denunciato la ndrina che gli aveva chiesto 1200 euro al mese per “avere protezione e per non avere nessun problema con il negozio di ricambi” che ha a Lamezia Terme, e Carolina Girasole, sindaco di Isola Capo Rizzuto dal 2008 al 2013, che avendo parlato per la prima volta in un istituzione pubblica di ‘ndrangheta, di aver portato Libera Contro le Mafie all’interno dell’attività amministrativa del comune, aver aggiudicato, attraverso una gara pubblica, la gestione dei beni confiscati alla mafia, aver fatto bloccare il parco eolico di 48 aerogeneratori installati su terreni del clan Arena e aver denunciato irregolarità nella gestione del CARA di Sant’Anna, è stata arrestata insieme al marito e ad alcuni esponenti del clan Arena per voto di scambio, turbativa d’asta e abuso d’ufficio, arrivando dopo 2 anni all’assoluzione definitiva. Un incubo per una donna che aveva messo a servizio del suo paese le competenze e le battaglie per la legalità, in una realtà dove venivano ignorati i morti per le strade di Isola Capo Rizzuto e si ribadiva la “presenza di persone oneste che difendevano l’onorabilità di un paese”. Alla vigilia del 25° anniversario della Strage di Via D’Amelio, ancora oggi si muore per mano delle mafie, ancora oggi si subiscono aggressioni, attentati e minacce nei confronti di persone che si battono per risollevare la dignità di una terra umiliata per anni e portata ad esempio negativo. La Calabria e la Città di Crotone sono altro rispetto ai pregiudizi, sono realtà vive che vogliono dimostrare di essere altra cosa rispetto alle mafie e all’ndrangheta. Per me è stato bello condividere con i volontari di Libera contro le Mafie della Calabria e di ogni parte d’Italia questa straordinaria esperienza umana che rappresenta la migliore testimonianza possibile di noi giovani per onorare la memoria di Paolo Borsellino e degli agenti della sua scorta ammazzati il 19 luglio del 1992 a Palermo”.