Il binario 20bis è qualcosa di fin troppo noto ai molisani. Il capolinea della stazione Termini, a Roma, per chi proviene da questa regione o, al contrario, il punto di partenza verso una terra ‘che non esiste’ è l’etichetta perfetta di una storia che rincorrerebbero, forse, tutti gli scrittori e i registi che abbiano bisogno di un input da cui cominciare. Quel nome ispirerebbe la comicità di molti attori del passato e del presente, luogo ideale, ad esempio, di una commedia di Totò sulla falsariga di film come ‘Destinazione Piovarolo’, una comicità magari portata al grottesco, in una miscela di risate e disperazione che celano anni di denunce e rassegnazione. Ma stimolerebbe persino la fantasia di maestri dell’horror come Stephen King, con una copertina che mostra uno spaccato della stazione Termini al calare del buio dove si vede in lontananza nella penombra il binario 20bis. E’ uno dei capitoli del ‘Molise che non esiste’, uno dei piccoli marchi di questo popolo di cui ci si vergogna e allo stesso tempo un pò si ama perché in sostanza ci rende protagonisti, qualunque sia la chiave di lettura. Non c’è da sorprendersi, quindi, che il binario 20bis e i treni che vi fanno tappa – nei giorni scorsi l’ennesima odissea per i pendolari diretti a Campobasso – finiscano sotto la lente dei media nazionali, grandi giornali come La Stampa, che ha dedicato un articolo a questo luogo ‘marginale’ di Termini e al viaggio della speranza verso il Molise, “una regione che vuole resistere”, si legge, “dove, nonostante tutto, c’è chi tenta di restare attaccato all’identità culturale che contraddistingue queste terre”. Un mondo a parte, scrive La Stampa, che al posto dell’ALn668 meriterebbe la ‘freccia del Sannio’ per compiere viaggi nella storia e nella cultura di queste zone. Il Molise esiste, “eccome se esiste! I binari partono laddove non si immagina, con lo snodo di Carpinone che collega la ferrovia in direzione Sulmona e Pescara. Esiste nella bellezza del sito archeologico di Pietrabbondante, esiste nei panorami di montagne e tratturi, esiste nell’atmosfera di paesaggi che sembrano attendere che il tempo trascorra per lasciare tutto immutato”. E poi: “Si vorrebbe immaginare un futuro diverso, investendo nelle ferrovie turistiche e nella possibilità di scoprire una regione bella, ricca e affascinante ma fino ad oggi dimenticata e trascurata”. L’articolo conclude dicendo come si arriva al binario 20bis “in una stazione distratta che neanche si accorge del treno arrivato dal Molise”. Una sorta di parallelo con la vita, in cui i più deboli si accontentano delle briciole, con uno di quei finali comici che, consumata la risata, lasciano l’amaro in bocca.
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