L’ictus cerebrale, la seconda causa di morte e la prima causa di disabilità negli adulti, rappresenta una delle patologie che maggiormente influiranno nel prossimo futuro sui cittadini, sulle famiglie e sui sistemi sanitari di tutto il mondo. Lo sforzo internazionale è oggi rivolto al miglioramento delle strategie di prevenzione, alla ricerca scientifica e al contrasto alle differenze nella qualità delle cure che ancora si riscontrano tra i diversi territori. L’I.R.C.C.S. Neuromed si unisce a questa azione, contribuendo oggi alla diffusione del rapporto “L’impatto dell’Ictus in Europa”, promosso dalla SAFE-Stroke Alliance for Europe e condotto dai ricercatori del King’s College di Londra. Lo studio, presentato a Roma a cura dell’Osservatorio Ictus Italia in collaborazione con la stessa SAFE, affronta un tema molto importante per il nostro Paese: le disuguaglianze geografiche nella cura dei pazienti. Le stroke unit, i centri multidisciplinari considerati il livello di eccellenza nella terapia dell’ictus, non sono infatti distribuite equamente tra i diversi Paesi Europei. Ma, anche all’interno della stessa nazione, le differenze tra un territorio e l’altro possono essere drammatiche. In Italia, infatti, i due terzi delle stroke unit sono situati al centro nord, una situazione che penalizza gravemente i cittadini del sud sia in termini di mortalità che di invalidità risultante dalla patologia. “Quello della lotta all’ictus cerebrale – dice il professor Luigi Frati, Direttore Scientifico del Neuromed, che nel corso dell’evento ha partecipato alla tavola rotonda “Disegniamo insieme il futuro” – è un’impresa che si dovrà sviluppare su più fronti. Quello della prevenzione, prima di tutto, con l’urgenza di diffondere tra la popolazione i concetti fondamentali per uno stile di vita sano, che riduca il rischio di malattia. Poi, naturalmente, quello della ricerca scientifica. E infine l’azione forse più incisiva che possiamo compiere: fare in modo che tutti i cittadini possano avere accesso alle terapie più adeguate entro i tempi previsti dai protocolli. Giungere a una stroke unit in tempo utile, infatti, può significare la differenza tra la vita e la morte, tra un recupero pieno e una disabilità permanente. La situazione del sud Italia, da questo punto di vista, è drammatica. Il rapporto presentato oggi ci dà le basi per spingere verso un cambiamento rapido e radicale”.