San Giuliano di Puglia,15 anni dopo il terremoto che segnò una delle più grandi tragedie della storia del Molise degli ultimi decenni: il crollo della scuola ‘Jovine’ dove morirono 27 bambini e la loro maestra. Le immagini drammatiche della macerie, di uomini e donne impegnati a scavare senza sosta, di mamme e padri in lacrime, di bimbi tratti in salvo e corpi coperti da un velo, fecero in poche ore il giro del mondo. Oggi la ricostruzione, non ancora completa, ha dato un pizzico di speranza in mezzo al vuoto lasciato da quell’evento, ma la strada è ancora lunga e il tema dell’edilizia scolastica continua ad essere tema rovente e oggetto di scontro fra cittadini e amministrazioni e fra le stesse correnti politiche. In occasione della Giornata in ricordo del sisma di San Giuliano interviene il sindaco di Campobasso Antonio Battista:
“Il dovere del ricordo, ma anche il doveroso rispetto per la memoria di chi non c’è più, per chi si è salvato e può raccontare quella tragedia. Rispetto, immenso rispetto, pure per i soccorritori e i volontari sempre in prima linea e che mai hanno fatto mancare il loro prezioso sostegno e ai quali vanno i miei ringraziamenti. Quindici anni fa, ma è come se fosse oggi. A San Giuliano di Puglia alle 11,32 del 31 ottobre 2002 la terra trema, forte. La scossa si sente a centinaia di chilometri di distanza. In Molise è il caos. Linee telefoniche interrotte e un rincorrersi di notizie che portano fino a San Giuliano. Il violento terremoto cancella l’identità di quel piccolo comune, demolisce certezze e sogni costruiti a suon di fatica e sacrifici e nel frattempo si consuma il dramma: l’unica scuola del paese si sbriciola, come fosse di sabbia. Sotto le macerie della Jovine restano seppelliti 27 alunni e la loro maestra, Carmela Ciniglio. Nel giro di qualche ora San Giuliano di Puglia, fino ad allora poco conosciuto, diventa l’epicentro del dolore. Tutta l’Italia si stringe attorno a quelle mamme e a quei papà che, seppur distrutti dalla sofferenza e dall’angoscia, continuano a scavare a mani nude su quel cumulo di rovine per salvare i loro figli. Ai lati della scuola si prega. Poche le speranze. Le immagini della disperazione fanno il giro del mondo e anche chi è dall’altra parte del globo sente di appartenere a quella comunità che, in ginocchio, piange quei bambini che non riusciranno a diventare grandi e la loro coraggiosa insegnante che non tornerà più a casa ad abbracciare i figli e il marito. In una frazione di secondi è cambiata la storia di San Giuliano, dei comuni del Fortore e in parte dell’intero Molise. Quel terremoto ha rappresentato una delle pagine più nere degli ultimi decenni. In realtà le pagine nere sono tante, scritte giorno dopo giorno durante 15 lunghissimi anni in cui quella parte della nostra regione, con San Giuliano in testa, ha provato con fatica a rialzarsi e a ricostruire le case, le aziende, le scuole e quel senso di comunità che il sisma aveva spazzato via. Le scosse del 31 ottobre e quelle che si sono succedute nei giorni a seguire è come se avessero azzerato i calendari ripartendo da un ipotetico anno zero per accorciare le distanze da un’agognata normalità che per molti sembra ancora lontana. A San Giuliano, lì dove c’era la scuola, a testimonianza della tragedia, è rimasto in piedi un unico pilastro, un simbolo, sul quale, idealmente, poter costruire una nuova cultura della sicurezza. Ma un solo pilastro non basta, ne servono altri e altri ancora affinché la morte di quei bimbi non resti uno sterile ricordo come un ricordo non deve rimanere il grido consapevole di una mamma coraggio: “mai più una simile tragedia”. E allora mi piacerebbe che quel pilastro, testimonianza di ciò che era, diventasse anche la testimonianza di ciò che sarà. Vorrei che proprio quel pilastro si trasformasse in un messaggio di speranza dal quale si può e si deve ripartire per guardare avanti. Certo la volontà da sola non basta per cambiare rotta. Ma se si vuole imboccare la strada giusta non dovremo, e lo dico da amministratore, farci prendere dalla paura anzi dobbiamo trasformare i buoni propositi in azioni coraggiose per affrontare sfide per nulla facili, per rimettere mano all’edilizia scolastica e renderla più sicura. Da soli non possiamo farcela. Abbiamo bisogno dell’aiuto dello Stato perché servono fondi, tanti fondi, per poter rinnovare il patrimonio edilizio come le leggi impongono e rispondere alle esigenze di sicurezza che ci arrivano dalla popolazione che non deve mai sentirsi abbandonata o non ascoltata. Popolazione alla quale chiediamo di avere pazienza ma anche fiducia perché, e lo dico da sindaco e da presidente della Provincia, ogni giorno, con senso di responsabilità lavoriamo per garantire ai ragazzi e al personale docente e non docente quel livello di sicurezza necessario per affrontare con serenità il delicatissimo lavoro di formazione culturale e umana che le nostre scuole svolgono egregiamente. Scuole e personale che hanno tutta la mia stima e che colgo l’occasione per ringraziare sentitamente”.