Dalla battaglia per un diverso sistema carcerario alla battaglia per cambiare l’Italia (e il Molise). Aldo Di Giacomo, noto come segretario del Sindacato di Polizia Penitenziaria, e Felice Di Donato, ex consigliere comunale di Campobasso e medico personale del primo che lo ha assistito negli scioperi della fame intrapresi negli ultimi anni per protestare contro la situazione degli istituti di pena, stavolta non scelgono la piazza o il marciapiede davanti la casa circondariale del capoluogo (e hanno fatto bene in ogni caso visto il maltempo di oggi). La ormai coppia consolidata ha preferito l’hotel Rinascimento per presentare il nuovo movimento politico “Nuova Italia” che correrà anche per le prossime Regionali. Ma per fare nomi e individuare una collocazione, fanno intendere, è ancora presto. “Prima lavoriamo sui programmi, poi vengono i nomi”, ha chiarito Di Donato prima che qualcuno glielo chiedesse.
“Ben vengano i giovani e i volti nuovi”, gli ha fatto eco Di Giacomo, che forse si aspettava di vedere in sala qualche esponente politico locale in più. Qualche volto noto c’era, a presentazione iniziata è arrivato anche il senatore Ruta alle prese con la costruzione dell’Ulivo 2.0 e in cerca di nuovi appoggi. Quello della giustizia e della sicurezza è solo uno dei sei punti principali presenti nel programma della ‘Nuova Italia’. Le altre proposte riguardano una migliore gestione dell’immigrazione, la lotta agli sprechi e ai privilegi, il taglio del debito e della spesa pubblica con politiche alternative al rigore e all’aumento delle tasse, che vanno abbassate, la tutela della natalità e il sostengo alle famiglie, un efficiente sistema sanitario. “Abbiamo girato molto e abbiamo deciso di scendere in campo”, le parole di Di Giacomo. “Questo Governo ha fatto acqua da tutte la parti. Dobbiamo puntare su persone e idee nuove”. Sulla costituzione di un nuovo movimento è intervenuto Di Donato. “Era necessario per interpretare ciò di cui ha bisogno la gente. Si è creato un abisso fra i cittadini e i palazzi della politica. L’astensione in Sicilia ne è la prova. Soprattutto, le persone non si riconoscono in una classe politica ricca di privilegi. Abolire un vitalizio è una questione di giustizia oltre che un forte segnale. Vogliamo riavvicinare le persone alla politica e renderle partecipi”.
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