Prevenzione genomica, Sallustio: ‘Partire dai fattori di rischio’

“Nuovi approcci alla prevenzione genomica”: questo il tema dell’incontro che si è tenuto al Circolo Sannitico di Campobasso e al quale ha preso parte la dottoressa Giuseppina Sallustio, primario di radiologia della Fondazione Giovanni Paolo II. L’iniziativa, promossa da ‘La Rete Onlus’, associazione molisana di sostegno ai malati oncologici, che rientra nel più ampio progetto dei ‘Mercoledì della Prevenzione’, ha avuto come obiettivo quello di definire, valutare e divulgare l’importanza, ma anche e soprattutto l’uso appropriato, dei test genetici nella prevenzione dei tumori. “In oncologia – ha detto la Sullustio – sono stati già identificati alcuni geni che possono predisporre il paziente alla malattia oncologia. Alcuni geni vengono ad esempio utilizzati per il tumore della mammella dell’ovaio nelle donne o, alcuni altri tipi di geni per il cancro al colon e al retto. Essi sono particolarmente rilevanti negli screening svolti per alcuni tipi di patologie. Tuttavia, è auspicabile sempre selezionare delle sotto-popolazioni di persone che potrebbero essere a rischio malattia. Il messaggio importante – ha, infatti, sottolineato l’esperta – è far capire alle persone che i test genetici e la mappatura del proprio genoma non va fatta a tappeto. Ovvero, senza un’indicazione precisa e senza una valutazione del rischio. E questo è un problema soprattutto da arginare nell’era di internet che, in alcuni casi, può distorcere l’informazione scientifica. È bene ricordare che tali test genetici sono validi e vanno impiegati soltanto se ci sono dei fattori di rischio ben noti. La maggior parte dei tumori sono sporadici, una fetta di tumori è eredo-familiare. Questo significa che non viene trasmesso il tumore, bensì ciò che viene trasmessa è la predisposizione ad ammalarsi. Perciò, se una persona è portatrice di un gene mutato può avere maggiore possibilità di ammalarsi di quella patologia. Dunque, rilevante nella cosiddetta scelta delle persone da sottoporre al test genetico è la stima del rischio. Fondamentale è poi potersi affidare a un’equipe di genetisti, ma anche di psicologi. Cioè, di persone professionalmente valide e capaci di gestire la problematica dei test genetici: quando farli, a chi farli e perché. In certe tipologie di tumori è ormai chiaro come alcuni geni ne aumentino l’incidenza. Ad esempio, nel cancro alla mammella, all’ovaio, al colon retto o alla cervice uterina, dove in quest’ultimo caso viene chiamata in causa l’infezione da papilloma virus. Questi test devono, quindi, aiutare a individuare i pazienti più a rischio per proporre loro una sorveglianza diciamo ‘personalizzata’. Dunque, ripeto come si tratti di screening che non vanno fatti a tappeto. Ci sono alcuni esami che vengono utilizzati nel momento in cui si individua una persona malata che ha delle caratteristiche tali per cui potrebbe essere portatrice di quella mutazione genetica. Perciò, proprio in base alla probabilità che possa avere quella mutazione, si stabilisce la consulenza genetica e poi si ragiona sulla possibilità di fare il test o, di sottoporre allo stesso, anche altre persone della famiglia che possono essere a rischio”. Un grazie sentito alla dottoressa Sallustio per aver voluto partecipare all’incontro “nonostante i suoi numerosi impegni” è stato rivolto dalla presidente de ‘la Rete Onlus’, Licia Visaggio Fatica, che ha poi evidenziato l’importanza di tali incontri su territorio. “Un bravo medico non possiede solo conoscenze professionali e scientifiche, ma anche umiltà intellettuale e quel desiderio continuo di una sempre maggiore conoscenza. Tutte doti queste, possedute dalla dottoressa Sallustio che io ringrazio vivamente”, le parole della presidente Vissaggio Fatica, pronunciate in una sala gremita.

 

 

 

 

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