La mobilità su ferro vede muoversi ogni giorno 5,51 milioni di persone In Italia, con una crescita del numero complessivo dei pendolari, ma aumentano anche le differenze tra le varie regioni e quelle sulla rete ferroviaria, segnata da una parte dai continui successi dell’alta velocità e dall’altra dai tagli agli intercity e da treni regionali spesso troppo vecchi e lenti.
Il trasporto su rotaia in Molise. Campobasso non ha più collegamenti ferroviari con il mare perché è stata messa fuori esercizio la linea per Termoli. Alla base della chiusura della tratta, oltre alla realizzazione della metropolitana leggera che collegherà Matrice a Boiano, c’è un’evidente opera di abbandono operata in questi anni. Tra le problematiche che maggiormente hanno inciso c’è sicuramente la concorrenza con il trasporto su gomma che non solo non riesce a coprire la domanda, ma è andato a penalizzare il trasporto ferroviario poiché le fasce orarie delle due tipologie di trasporto in molti casi coincidono. I cittadini delle aree interne attraversate da questa tratta ferroviaria si trovano a subire disagi acuiti ancor di più dai tagli alle corse operati in questi anni (sia treni che pullman) e dagli aumenti tariffari (+9 % negli ultimi sette anni). “Il treno potrebbe essere un mezzo per permettere gli spostamenti interni alla regione, non solamente uno strumento per raggiungere il mare, ma è stato sostituito – afferma Andrea De Marco, Direttore di Legambiente Molise – da un servizio sostitutivo che garantisce esclusivamente la copertura della tratta rispettando le fermate. Nient’altro. Non riesce ad assicurare servizi importanti come il trasporto del proprio animale d’affezione, il trasporto di bici o la salita e discesa dei disabili su carrozzina, compresa la possibilità di usufruire dei bagni (non tutti i pullman ne sono provvisti) per tragitti che, in questo caso specifico, coprono quasi le due ore di viaggio. Per i cittadini non è garantito il diritto alla mobilità e agli spostamenti. Altro disservizio – continua De Marco – si ha a causa dell’impossibilità di acquistare il biglietto a bordo dell’autobus, cosa che era possibile invece a bordo del treno. In molte delle stazioni presenti sulla tratta non ci sono le biglietterie”. Il 73,9% dei 23 treni presenti in Molise ha più di 15 anni e un’età media rotabile di 18,1 anni. Dato che la rende la flotta Trenitalia in Molise tra le più vecchie d’Italia. I pendolari molisani sono calati dell’11% negli ultimi 6 anni. La situazione della tratta Campobasso–Roma non è certamente migliore anche grazie al fatto che negli ultimi anni si è assistito ad un graduale peggioramento del servizio e delle corse a disposizione dei pendolari. La linea è frequentata da molti pendolari, ma sono 7 le coppie giornaliere di treni diretti (per oltre 3 ore e 10 minuti di viaggio), mentre nel 2010 se ne contavano 10, con una diminuzione del 42,8%. I 75 km a binario unico non elettrificato sono la principale ragione della lentezza e inadeguatezza del servizio (53 minuti nella tratta tra Campobasso ed Isernia con una velocità media di nemmeno 55 km/h). “Auspichiamo – aggiunge De Marco – che il tema del trasporto su rotaia sia affrontato seriamente dal prossimo governo regionale e non cavalcato solamente durante la campagna elettorale, con l’obiettivo primario di ridurre il flusso di traffico su gomma sulle principali arterie stradali della regione e permettere ai pendolari spostamenti più rapidi e sicuri”. Va inoltre sottolineato come nella stazione di Campobasso la biglietteria preveda due sportelli ma in realtà ne funziona sempre uno solo ed i turni (6-13.30 e 13.30-20.30) non sempre vengono rispettati, per carenza di personale. Lo scorso Agosto 2017 ha visto finalmente la firma del protocollo d’intesa tra la Regione Molise ed RFI per l’elettrificazione e velocizzazione delle linee molisane. La prima fase degli interventi, oggetto del protocollo, prevede la progettazione dell’elettrificazione della tratta Roccaravindola-Isernia-Campobasso e la realizzazione degli interventi tra Roccaravindola e Isernia, per circa 18 km. Inoltre sulla tratta Roccaravindola-Isernia-Bojano, circa 45 km, saranno eseguiti interventi per l’aumento della velocità: modifiche ai binari, realizzazione di sottopassi e sovrappassi, adeguamenti tecnologici, marciapiedi e pensiline. La conclusione degli interventi è prevista entro il 2023. Il costo, di circa 30 milioni di euro, sarà finanziato per 15 milioni da risorse statali previste nell’Aggiornamento 2016 del Contratto di Programma – Investimenti tra il MIT e RFI e per gli altri 15 milioni dalla Regione Molise attraverso il “Patto per lo sviluppo” di luglio 2016, a valere sui Fondi di Sviluppo e Coesione 2014-2020. Il protocollo prevede anche la stipula di una convenzione applicativa tra Regione Molise e Rete Ferroviaria Italiana, per disciplinare l’utilizzo dei fondi FSC, e l’istituzione di un tavolo tecnico che monitorerà e coordinerà l’attuazione di tutti gli interventi. Proprio negli scorsi giorni sono stati finanziati ulteriori 50 milioni per l’elettrificazione dell’intera tratta che sarà quindi completamente elettrificata entro il 2021, che unito ad alcuni aggiustamenti di tracciato porterà ad aumentare la velocità media del 30%. Queste opere permetteranno il collegamento tra il capoluogo molisano e la Capitale in meno di 2 ore e 15 minuti. Alla presentazione di Pendolaria, oltre ad Edoardo Zanchini vicepresidente di Legambiente che ha moderato l’incontro, sono intervenuti tra gli altri anche: Maria Elena Perretti, CDP, Giuseppe Catalano, Ministero delle infrastrutture, Coordinatore Struttura tecnica di Missione, Vincenzo Ceccarelli, Regione Toscana, Assessore ai trasporti, Orazio Iacono, Trenitalia, Amministratore delegato, Matteo Ricci, Sindaco di Pesaro e vicepresidente Anci, Alberto Fiorillo, Responsabile aree urbane di Legambiente, Portavoce rete Mobilità Nuova, e Andrea Buonomini, Ratp Dev Italia. “Cambiare e migliorare la situazione che vivono ogni giorno milioni di pendolari – ha dichiarato Edoardo Zanchini, vicepresidente di Legambiente – è una sfida possibile e deve diventare una priorità, non solo per ridurre differenze e recuperare ritardi, ma perché è un grande investimento per il futuro del Paese. Occorre porsi l’obiettivo al 2030 di raddoppiare il numero di persone che ogni giorno in Italia prende treni regionali e metropolitane, per farle passare da 5,5 a 10 milioni. Si tratta di una sfida alla portata di un Paese come l’Italia che produce oltre che vantaggi in termini ambientali anche positive ricadute occupazionali, legate sia alla costruzione e manutenzione del parco rotabile che alla gestione della mobilità”. Le ragioni di questa situazione sono nei tagli avvenuti nelle risorse per il trasporto ferroviario ma anche nel gap infrastrutturale delle città italiane nelle dotazioni di linee metropolitane, tram, ferrovie suburbane rispetto agli altri Paesi europei. Differenze e disuguaglianze nel Paese sono da individuare, secondo Legambiente, in alcuni errori compiuti in questi anni nelle politiche dei trasporti (riduzioni treni e aumento delle tariffe) e nel modo diverso con cui le diverse Regioni hanno gestito il servizio dopo il trasferimento delle competenze nel 2001, con tagli ai servizi ferroviari e aumento del costo dei biglietti in quasi tutte le Regioni. Sono poche le Regioni che hanno investito risorse proprie per potenziare il servizio e evitare i tagli, con una media di spesa rispetto al bilancio regionale dello 0,35% e tante Regioni che non investono alcuna risorsa aggiuntiva per migliorare il servizio rispetto a quelle trasferite dallo Stato. Preoccupa inoltre la situazione complessiva del Meridione. Al sud circolano meno treni: ad esempio le corse dei treni regionali in tutta la Sicilia sono 429 contro le 2.396 della Lombardia. Inoltre i convogli sono più vecchi – con una età media nettamente più alta 19,2 anni rispetto ai 13,3 del Nord e a quella nazionale di 16,8 – e sono più lenti, sia per problemi di infrastruttura sia perché circolano treni vecchi e non più adatti alla domanda di mobilità. Ad esempio tra Cosenza e Crotone non esiste un collegamento diretto, occorre effettuare almeno un cambio e impiegare 3 ore di viaggio per percorrere 115 km. Altro problema, tra Ragusa e Palermo ci sono solo 3 collegamenti al giorno, tutti con un cambio, e in totale ci vogliono 4 ore e mezza per arrivare a destinazione. Al Sud poi l’Alta Velocità si ferma a Salerno e, malgrado la continuazione di alcune Frecce verso Reggio Calabria, Taranto o Lecce, il numero in rapporto a quelli che circolano al Centro-Nord di questi treni è insignificante. “Se vogliamo cambiare la situazione nelle città italiane – aggiunge Zanchini – dobbiamo rendere competitivo il trasporto pubblico su ferro e la mobilità sostenibile. Le tante storie positive che abbiamo raccolto dimostrano la voglia di cambiamento da parte dei cittadini. La prossima legislatura dovrà affrontare la questione delle risorse per garantire un aumento del servizio, con più treni per dare risposta alla domanda dei pendolari e offrire un’alternativa all’auto, e la realizzazione di nuove linee di metro, tram e ferrovie metropolitane. Perché dal 2002 ad oggi la priorità degli investimenti è andata verso strade e autostrade solo per il 13% alle città, mentre è proprio nelle aree urbane che si concentra la domanda di mobilità delle persone”.
Politiche dei trasporti. Dal punto di vista delle politiche intraprese negli ultimi anni, c’è da sottolineare che i cambiamenti portati dal Ministro Delrio stanno dando i loro frutti, con risorse per il rinnovo del materiale rotabile ferroviario e su gomma nelle città, in un piano metropolitane che permetterà di aprire cantieri in diverse aree urbane, con il ripristino delle detrazioni fiscali per gli abbonamenti al trasporto pubblico locale e ferroviario, e altri interventi per le ferrovie merci e la sicurezza sulla rete. Da segnalare positivamente c’è anche che finalmente stanno entrano in esercizio nuovi treni, grazie agli investimenti del Governo, di alcune Regioni e di Trenitalia che ha messo in campo l’acquisto di 500 treni regionali.
Finanziamenti statali per le infrastrutture: Restano la nota dolente. Da quanto emerge da Pendolaria, dal 2002 ad oggi i finanziamenti statali hanno premiato per il 60% gli investimenti in strade e autostrade e solo per il 13% le reti metropolitane. Anche le Regioni continuano a scegliere strade e autostrade come priorità degli investimenti. Ad esempio la Regione Emilia-Romagna sta investendo 179 milioni di Euro di risorse pubbliche per la realizzazione di un’autostrada regionale come la Cispadana. Imponenti i progetti delle autostrade lombarde: quasi 3 miliardi di euro pubblici sono previsti tra Pedemontana Lombarda, Autostrada Regionale Cremona-Mantova, Autostrada regionale Broni-Mortara, Collegamento Boffalora-Malpensa, parte della Tirreno-Brennero ed Autostrada della Val Trompia. Poche le eccezioni come le Province Autonome di Trento e Bolzano, il Piemonte e la Toscana. Se facciamo un bilancio di quanto realizzato in questa legislatura – che nel caso delle infrastrutture è ovviamente frutto di scelte che risalgono alle legislature precedenti – si evidenzia come a prevalere sia ancora le infrastrutture stradali: 217 km di autostrade (tra cui ricordiamo la Bre.Be.Mi., il Quadrilatero nelle Marche ed Umbria, parte della Asti-Cuneo), a cui si aggiungono altri 1.825 km di strade nazionali e 2.080 km di rete stradale provinciale e regionale, a fronte di 58,6 chilometri di metropolitane (12,9 km a Milano, 13,7 a Brescia, 1,6 a Genova, 23,4 a Roma, 7 a Catania, con una media di 11,8 l’anno) e 34,5 km di tram (17 km a Palermo, 12,5 a Venezia, 6 a Cagliari). Proposte Legambiente: Per rilanciare il servizio ferroviario regionale, Legambiente lancia le sue cinque proposte: 1) occorre continuare la cura Delrio con un ruolo più incisivo del Ministero delle infrastrutture e trasporti che deve diventare il regista di una nuova politica dei trasporti in Italia che coinvolga Regioni, Comuni, concessionari e imprese. Il Ministero inoltre deve anche un ruolo di indirizzo e controllo. 2) Più treni sulle linee ferroviarie facendo diventare il servizio ferroviario sempre più competitivo. Per far ciò occorre potenziare nelle città l’offerta lungo le direttrici nazionali e urbane più importanti, dove è più forte la domanda pendolare e nelle aree del Paese, come al Sud, dove è del tutto inadeguata. 3) Dare priorità agli investimenti infrastrutturali nelle città perché è nei grandi centri urbani che si gioca la sfida fondamentale della mobilità italiana, cercando di superare il gap che le separa dalle sorelle europee. 4) Una politica per riportare i treni al sud, attraverso interventi che permettano di ridurre i tempi di percorrenza e nuovi treni 5) Indirizzare le risorse che ci sono per rilanciare gli investimenti infrastrutturali. Nel bilancio dello Stato esistono infatti le ricorse per un salto di qualità nel servizio ferroviario, perché ogni anno diversi miliardi di Euro vengono destinati ai sussidi all’autotrasporto, dalle tariffe autostradali che continuano a crescere senza controlli per la gestione di opere pubbliche, e da recuperare da investimenti sbagliati in grandi opere e cantieri autostradali e dal bilancio delle Regioni che devono scegliere di rilanciare il trasporto su ferro.