Ad appena 35 anni Francesco Lombardi, sindaco di San Pietro Avellana e candidato alle Regionali col Partito Democratico, ha già dodici anni alle spalle di vita amministrativa e ricopre o ha ricoperto ruoli di vertice in enti e associazioni locali. Non certo un pivellino che intende affacciarsi dalle parti di Palazzo d’Aimmo, insomma. Fra i tanti impegni, ora, c’è anche la campagna elettorale. Come sta procedendo?
“La campagna elettorale sta andando bene, mi piace farla, mi piace stare in mezzo alla gente e ascoltarla. La principale difficoltà sta nella distanza che si è creata fra cittadini e politica, nell’ultimo ventennio quest’ultima non è stata vicina a loro e i cittadini l’hanno un pò abbandonata. Chiedere fiducia e credibilità, ora, è qualcosa su cui lavorare molto. Quando le persone vedono che il politico si spende, toglie del tempo anche alla sua famiglia, però, l’attenzione e la condivisione vengono fuori“.
Da quando si è avvicinato alla politica?
“Respiro politica da quando sono nato, praticamente. L’attività nasce a 23 anni, nel 2006, come assessore comunale, esperienza amministrativa che mi ha formato e che mi ha permesso nel 2011 di essere eletto sindaco di San Pietro Avellana e nel 2016 di essere riconfermato. A 35 anni ho già la conoscenza delle istituzioni ad un punto tale da potermi proporre ad un livello sovracomunale. Nel 2014 sono diventato consigliere delegato della Provincia di Isernia, per un biennio. Ricopro una serie di incarichi gratuiti: vice presidente dell’associazione nazionale ‘Città del Tartufo’, vice presidente di Anci Molise, sono stato presidente del Consorzio Assomab, che ha visto sotto la mia guida il riconoscimento della Biosfera Unesco alla Riserva dell’Alto Molise, unica in questa regione e una delle 14 in Italia. Da dicembre ne sono diventato il presidente“.
Riesce a gestire tutti questi ruoli contemporaneamente?
“Non è facile, sempre testa bassa e pedalare“.
Il suo risultato più grande?
“Il riconoscimento nel 2014 della Riserva è sicuramente il miglior risultato ottenuto, grazie alla lungimiranza di sette amministratori dell’area di concerto con la Regione. Una medaglia, uno scudetto internazionale, che in pochi ci avevano creduto. Poi ci sono tante altre cose che ricordo con piacere“.
Quali proposte intende portare in Consiglio regionale?
“L’attenzione alle Aree Interne. Io vivo quotidianamente in un comune di un’Area interna, vivo in Molise e conosco il problema, 125 comuni su 133 qui sono al di sotto dei 5mila abitanti, la regione è l’emblema di questo tema. Servizi, infrastrutture, investimenti, sviluppo, sono le prime cose da portare, difendendo quanto già avviato e continuare provando a lavorare sulla programmazione in prima persona. Dobbiamo evitare di morire nei prossimi 50 anni. Il problema nasca da lontano: con l’abbandono delle aree agricole e l’industrializzazione, la dorsale appenninica si è spopolata a vantaggio dell’agglomerato urbano e il versante marino dal dopoguerra in poi. Ora la situazione è grave, siamo al minimo storico, una soglia di punto di non ritorno. Gli aspetti principali per invertire la rotta sono: mobilità, istruzione e sanità. Su questi tre servizi bisogna lavorare in maniera organica, ad esempio su farmacie rurali, postazioni 118, riorganizzazione generale del sistema di trasporti, ma soprattutto sulla viabilità per un discreto pendolarismo. Anche perché la qualità dell’aria, dell’acqua, la minor presenza di minicriminalità sono migliori rispetto alla città. Bisogna far percepire che ci sono tante cose positive per restare e che, anche se bisogna spostarsi a qualche chilometro di distanza, si può evitare di andare via. Certo, bisogna anche crederci: l’autoimprenditorialità, i giovani devono iniziare a puntare su misure come il Psr. Pensare di fare fabbriche e uffici pubblici qui è qualcosa di folle. Bisogna abbandonare i campanilismi e ragionare come aree, non come singolo comune. Il tema è sul tavolo della presidenza del Consiglio dei Ministri già da 3-4 anni. La Commissione Europea ha stabilito che ogni Paese deve avere una strategia da adottare per le aree interne. Sono molto fiducioso“.
Come giudica il risultato del centrosinistra del 4 marzo e quanto inciderà sulle Regionali?
“A livello locale è diverso. Quello che è successo alle Politiche forse dipende anche dalla mancata vicinanza a quelle fasce che storicamente erano più orientate verso il centrosinistra, ossia le fasce deboli. Un po’ dipende anche dall’alternanza perché chi governa viene sempre un po’ penalizzato. E poi ci sono fenomeni di carattere nazionale ed internazionale che creano macroconseguenze, pensiamo a livello europeo come è stato favorito il populismo. La destabilizzazione del Mediterraneo e il passaggio dei flussi migratori hanno determinato i populismi dell’ultima campagna elettorale che si è mossa su paura e sicurezza. Chi parlava di rimpatriare immigrati, chi di reddito di cittadinanza. Basta vedere quello che è successo in Germania con la grande affermazione dell’estrema destra, in Austria lo stesso, in Francia il ballottaggio fra Macron e Le Pen, una nuova forza con la sinistra scomparsa completamente, Podemos in Spagna. Puntare il dito, ad esempio, verso l’azione del Governo Gentiloni è un’analisi limitata, bisogna andare in fondo. Le amministrative comunque sono diverse. Per la formazione del nuovo Governo tutti i grandi leader stanno venendo qui in quanto sull’esito delle elezioni in Molise e Friuli Venezia Giulia si potranno fare delle scelte rispetto a chi conferire il mandato esplorativo“.
Soddisfatto della ritrovata unità del centrosinistra?
“L’unità in Molise è qualcosa di positivo. Tante persone sono andate via ma sostanzialmente non avevano mai fatto parte di questa famiglia. Anzi, il centrosinistra ha anche pagato le scelte dettate da quelle persone che non facevano parte di questa coalizione. Bisogna ripartire con un passo diverso, essere stati troppo inclusivi non ha ben pagato“.