“C’è una grande attenzione al Molise da parte della mafia cinese”. E’ il segretario del sindacato della Polizia Penitenziaria Aldo Di Giacomo ad affermarlo in una nota scritta, annunciando un incontro con la stampa davanti al carcere di Campobasso per affrontare nel dettaglio il delicato argomento insieme alla continua emergenza carceri e all’aumento di alcuni reati. La chiamata in causa della mafia cinese da parte di un rappresentante delle forze dell’ordine, in Molise, non era finora balzata alle cronache, almeno in via ufficiale, e qualora la questione trovasse dei riscontri ci sarebbe non poco da preoccuparsi. Secondo Di Giacomo dal Nord e dalle grandi città si sta ramificando nel Mezzogiorno e nei piccoli centri. “Un caso emblematico – continua Di Giacomo, – a Campobasso da tempo si registrano acquisti di ristoranti, locali commerciali, immobili a cifre altissime, decisamente sproporzionate rispetto ai valori degli immobili e degli effettivi avviamenti commerciali, proprio per convincere i proprietari italiani a cedere”. Un aumento, non solo in Molise, del 50-60% nel giro di pochi anni grazie ad una disponibilità di liquidità “che sfugge ad ogni forma di controllo a conferma delle parole premonitrici dell’allora Procuratore Nazionale Antimafia Pietro Grasso: ‘La potenza economico-commerciale della Cina sta diventando un fenomeno geopolitico che influenzerà la criminalità organizzata nei prossimi anni’.” Secondo i quotidiani nazionali, la mafia cinese muove gli affari in Italia attraverso due principali forme: le società fantasma e il riciclaggio. Senza dimenticarne altre forme più tradizionali, come lo sfruttamento della prostituzione, l’usura e la contraffazione, o mercati come quello della droga. Inoltre è rinomata per essere fra le più “cattive” del mondo insieme alla mafia russa. “Siamo ben oltre la contraffazione dei prodotti del ‘made in Italy’ – aggiunge il sindacalista. – Un fenomeno sempre più grande che riguarda direttamente la sicurezza degli italiani”. La notizia al momento non desta allarme sociale ma simili dichiarazioni che arrivano da un esponente delle forze dell’ordine riceveranno sicuramente una forte attenzione da parte dell’opinione pubblica. Una delle più importanti operazioni portate avanti dagli inquirenti italiani contro la mafia cinese riguarda quella della Squadra Mobile di Prato che quest’anno ha seguito oltre trenta arresti, fra cui quello che era considerato il ‘capo dei capi’ della zona. Fra le contestazioni estorsioni, usura, abusivo esercizio del credito, gioco d’azzardo, traffico di droga, trasporti, logistica e collegamenti che arrivavano a Roma, Padova, Catania, in Campania e in Lombardia, e ramificazioni a livello continentale che toccavano Francia, Germania, Spagna, Portogallo, Polonia, Repubblica Ceca, Romania e Grecia. “Siamo di fronte ad un’emergenza nell’emergenza sicurezza del Paese, già segnata dal fenomeno immigrati clandestini, che richiede un monitoraggio specifico da parte dei Ministeri Interno e Giustizia e di conseguenza provvedimenti aggiornati e mirati prima che sia troppo tardi”, conclude Di Giacomo. “Non possiamo certo pensare di stoppare la ramificazione della mafia cinese sui territori magari con gli stessi provvedimenti che riguardano la criminalità comune. Piuttosto è necessario dotarsi di strumenti più efficaci di quelli esistenti contro la mafia italiana mentre ci sono strumenti semplicissimi già adottati in altri Paesi tra i quali non consentire l’acquisto di immobili e attività a chi non è residente proprio per non dare linfa alla clandestinità”.
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