Alle 11,32 del 31 ottobre 2002 una scossa di terremoto di magnitudo 6 fece sgretolare la scuola ‘Jovine’ di recente ristrutturazione di San Giuliano di Puglia, travolgendo bambini e maestre che stavano facendo lezione nelle aule. La macchina dei soccorsi coinvolse volontari provenienti da ogni parte d’Italia e le immagini di quel disastro finirono sui media mondiali. Dalle macerie vennero via via estratti i sopravvissuti ma purtroppo anche i corpi di chi non ce l’aveva fatta: in tutto morirono 27 bambini e una maestra, un’intera fascia di età di quel paese sterminata da un insieme di fatalità e responsabilità umane (il sisma fece inoltre due vittime al di fuori della scuola). Quel giorno ha determinato molte conseguenze, un procedimento penale e civile, e una maggiore coscienza sulla sicurezza e sulla prevenzione. Molti nei hanno caratterizzato i mesi e gli anni a seguire, dai fondi “a pioggia” che furono mal calcolati e che furono oggetto di attenzione da parte della magistratura alla ricostruzione a velocità diverse, con situazioni ancora in sospeso tutt’oggi. Così come sono nate belle iniziative in omaggio a quel triste giorno, dalla creazione del Parco della Memoria al riscatto dei sopravvissuti, come è stato ad esempio per un bambino, Pompeo Barbieri, che nonostante la consapevolezza che non avrebbe potuto più camminare con le proprie gambe è diventato nel tempo un campione di nuoto nelle discipline paralimpiche.
Micone: “Dal 2002 passi avanti su sicurezza e prevenzione ma strada lunga”
“La commemorazione di questo giorno rappresenta per ogni molisano un dovere morale e civile”. Lo ha detto il Presidente del Consiglio regionale Salvatore Micone in occasione della commemorazione della “Giornata della Memoria”, la cui celebrazione è fissata al 31 ottobre di ogni anno, nella ricorrenza del crollo della scuola “Jovine” di San Giuliano di Puglia, che causò la morte di 27 bambini e della loro maestra. “Ci sono degli eventi, e questo è uno di quelli, che segnano per sempre la coscienza di un popolo. L’impeto della natura, le colpe degli uomini, le lacrime e il sudore dei soccorritori che a mani nude frugano tra i resti della Jovine, la richiesta di far silenzio per ricerca di una flebile voce testimonianza della candela accesa di una giovane vita, lo strazio soffocato di madri, padri e fratelli intorno alle macerie, la lacerante veridicità delle immagini televisive e dei resoconti giornalistici, la commozione e l’immedesimazione di telespettatori e lettori, la solidarietà nazionale e internazionale, tutto questo e tanto altro è stato quel 31 ottobre 2002 per questo nostro Molise che si strinse allora, come sono certo lo fa oggi, intorno a quel luogo di disperazione e di dolore. Un ricordo che deve essere memoria collettiva, in primis per il rispetto delle vittime, ma anche per far esperienza di un dramma che non deve ripetersi, generando quella consapevolezza che un edificio sicuro in cui proteggere i propri cari è un obiettivo primario delle istituzioni come di ogni famiglia”. Invito per questo le scuole, e quindi gli insegnanti e gli alunni, ma anche tutte le istituzioni civili, e in generale tutti i molisani, a fermarsi oggi alle ore 11.32, al momento di quella tragica scossa sismica, e rivolgere un pensiero a quei bambini e alla loro maestra, a ringraziare ancora una volta i soccorritori e a prefiggersi il compito di operare, ciascuno per la propria piccola o grande responsabilità, a far sì che episodi simili non si possano più rivivere. Con questa finalità – ha continuato – il Consiglio regionale, il 15 novembre 2003, volle istituire con legge votata all’unanimità da tutte le forze politiche, la “Giornata della Memoria” per riflettere e approfondire le problematiche relative all’evento verificatosi quel 31 ottobre 2002, per potenziare il sistema di protezione civile regionale, per implementare la prevenzione, per fare della sicurezza l’obiettivo principe di ogni azione pubblica e privata di programmazione e progettazione collettiva e personale. Una giornata da dedicare anche e soprattutto al mondo dell’infanzia così duramente ferito da quella tragedia immane. Il Consiglio regionale è recentemente tornato a parlare in una seduta monotematica della sicurezza nelle scuole, lo ha fatto votando un documento, ancora una volta all’unanimità, perché su alcuni temi non sono ammesse divisioni. In quell’occasione si è fatto il punto della situazione e ci si è resi conto che da quel 31 ottobre 2002 vari passi in avanti sono stati fatti, molte scuole sono ora sicure, ma altre ancora attendono interventi. Una priorità politica che va nuovamente ribadita con forza e determinazione oggi più che mai”.
Patriciello: “Investire nella sicurezza dovere morale verso vittime”
“Il ricordo di quanto è avvenuto a San Giuliano di Puglia rappresenta una ferita sempre aperta nella memoria e nella coscienza di tutti noi”. E’ il messaggio dell’eurodeputato Aldo Patriciello nella Giornata della Memoria. “È doveroso ricordare i terribili momenti che sconvolsero un’intera comunità ma è altrettanto doveroso lavorare per garantire la massima sicurezza possibile per tutto il territorio. Solo così onoreremo fino in fondo tutti coloro che persero la vita in quei tragici istanti: un impegno civico e morale cui nessuno può sottrarsi e a cui è opportuno dedicare ogni sforzo istituzionale. La memoria senza impegno politico e civile rischia di diventare un esercizio fine a se stesso, una ricorrenza svuotata del suo contenuto più importante, ovvero il dovere ad operare di comune accordo affinché simili tragedie non abbiano più ad accadere. Investire nella prevenzione e nella messa in sicurezza dei nostri territori, quindi, non è soltanto una necessità e un atto di buon senso ma è anche e soprattutto un dovere morale nei confronti delle vittime, dei loro parenti e di tutti i cittadini”.
Battista: “Commemorazione è impegno civile per chi è rimasto”.
“Una memoria solenne ed istituzionale che non può non essere accompagnata anche da azioni concrete perché il ricordo, da solo, non è sufficiente per evitare tragedie evitabili”. Così Antonio Battista, sindaco e presidente della Provincia di Campobasso, in merito alla tragedia di San Giuliano di Puglia. “Commemorare chi non c’è più significa aprire la propria coscienza ed avviare un impegno civile e di civiltà che sono le uniche forme di sostegno morale per chi è rimasto, per chi continua a vivere, per chi deve costruire e ricostruire. San Giuliano di Puglia 16 anni dopo. Sedici anni dopo la tragedia della Jovine rappresentano un tempo lunghissimo, eppure, mai come in quest’ultimo periodo, il tema delle scuole sicure è tornato alla ribalta nazionale, riempiendo le prime pagine di quotidiani e trovando spazio tra i titoli dei telegiornali e dei siti on line. Il caso ‘Campobasso’, con i 18 plessi chiusi in otto anni è diventato un esempio, una sorta di modello da seguire o dal quale (ri)partire per rinnovare un patrimonio di edilizia scolastica che in Italia, da Nord a Sud, è messo piuttosto male: gli istituti a norma non arrivano al 10%. Firmare tante ordinanze non è stato facile, anzi è stata una scelta sofferta, per certi versi pure impopolare perché qualche disagio l’ha creato, ma era l’unica che il mio senso di responsabilità mi ha permesso di seguire. L’unica percorribile per garantire sicurezza ai nostri ragazzi e a quanti, docenti e non docenti, lavorano nel mondo dell’istruzione. Una responsabilità che ho sentito sulle mie spalle sia come amministratore, ma soprattutto come molisano perché nessuno di noi potrà mai dimenticare il 31 ottobre del 2002 che, così duramente, colpì la nostra provincia, messa in ginocchio da una terribile scossa di terremoto che concentrò la sua violenza a San Giuliano di Puglia. Alle 11,32, dopo un forte boato, la terra tremò e insieme alle case cominciarono a traballare molte delle nostre certezze. La paura era tanta. Non si sapeva cosa fare. Si aspettava un’altra forte scossa. Che arrivò il giorno dopo. A Campobasso c’era un via vai surreale. Mezz’ora dopo la scossa si diffuse la notizia del crollo della scuola in quel piccolo comune che diventò subito simbolo del terremoto. Nel capoluogo un’atmosfera apocalittica: gente in strada, ambulanze in giro per tutta la città, le sirene dei vigili del fuoco che si udivano, in lontananza, mentre partivano per San Giuliano di Puglia. Momenti terribili. Le voci si rincorrevano, ma non c’erano certezze se non quella di trovarsi davanti ad una tragedia. La scuola di San Giuliano di Puglia si era sgretolata come fosse stata di sabbia e sotto le macerie c’erano i ragazzi e le maestre che fino ad un secondo prima festeggiavano Halloween. Intanto passavano le ore, c’era un clima di ghiaccio nonostante l’anomalo caldo di quell’anno. Le immagini di ciò che rimaneva della Jovine facevano già il giro del mondo. Si piangeva e si pregava. Madri e padri disperati e inconsolabili. Intere famiglie radunate attorno a quel cumulo di mattoni e travi di cemento ormai a pezzi. Si scavava anche con le mani, una corsa contro il tempo per salvare quanti più bimbi possibile. Forze dell’ordine, soccorritori e tanti, tanti volontari. Un’organizzazione perfetta alla quale ancora oggi vanno i miei ringraziamenti per l’efficienza, la celerità di intervento e l’umanità dimostrate il 31 ottobre e nei mesi a seguire. La furia del terremoto aveva sgretolato la Jovine e con essa erano state spezzate le vite di 27 bimbi e della loro maestra Carmela Ciniglio, morta mentre cercava di portare in salvo i suoi alunni. Una maestra mamma, una donna piena di coraggio che l’Italia non ha mai dimenticato, come non potremo mai dimenticare le parole cariche di dolore di un’altra madre coraggio, che il giorno dei funerali, a nome di quanti, come lei, avevano perso i figli, chiese che mai più accadessero simili tragedie. Il quadro era già delineato. Una tragedia legata alla sicurezza delle scuole. Sicurezza che cominciò a diventare un’emergenza e a scalare la lista delle priorità delle amministrazioni. Da quel terribile 31 ottobre, ripeto, sono passati 16 anni. Sedici anni sono tanti e forse sarebbero stati sufficienti per mettere in sicurezza le strutture in cui si formano i nostri ragazzi. Qualcosa è stato fatto, ma c’è ancora tanto da fare perché per rimettere in sicurezza vecchi istituti o per ricostruirli servono tanti soldi che le amministrazioni non hanno. A Campobasso abbiamo inaugurato due nuove strutture e presto inizieranno i lavori della terza. Sulle scuole abbiamo investito e dirottato tutte le nostre risorse finanziarie e le nostre energie migliori nella speranza di poter garantire quella sicurezza che ragazzi, personale e genitori meritano di avere. È il nostro dovere di amministratori garantire la sicurezza, un dovere anche nei confronti di chi da quelle macerie è uscito vivo, e verso chi non c’è più. Verso quei 27 alunni che oggi sarebbero grandi. A loro, a quegli uomini e donne che il terremoto ha lasciato per sempre bambini va il mio omaggio, il mio ricordo, il mio abbraccio e la promessa di fare tutto il possibile per dotare Campobasso di istituti sicuri. Mi auguro inoltre che il grido di dolore di quella madre disperata faccia ancora eco, che sproni le coscienze, che dia la giusta spinta agli amministratori a fare e a fare bene, perché solo così si diventa custodi ed interpreti di un sentire collettivo, e perché solo così si può onorare la morte di quei 27 angeli e della loro maestra. Questi 16 anni sono stati anni difficili per la popolazione di San Giuliano che ha dovuto ricostruire un’identità attorno a quella scuola che non c’è più. Anni difficili anche per le popolazioni di tanti altri comuni del cratere sismico che hanno perso la loro identità, che si sono via via spopolati. Anni difficili per gli amministratori che hanno dovuto fare i conti con un groviglio di situazioni complesse che di certo non hanno agevolato la ripartenza. Una ricostruzione lenta che ha messo a dura prova le fragilità personali e quelle di intere comunità. E la maggiore difficoltà è stata proprio quella di ricreare un tessuto umano, di far rincontrare le persone, di riavvicinarle, di cercare di immergerle di nuovo nella loro cultura e nelle loro tradizioni mantenendo salde le loro origini. Un plauso va ai colleghi sindaci che tanto si sono impegnati e che tanto dovranno ancora lavorare affinché la ricostruzione, non solo quella urbanistica, possa dirsi davvero completata. La speranza è che la paura di fare passi avanti non fermi l’entusiasmo di tanti giovani, che ancora una volta sono la nostra speranza e il nostro futuro”.