Fra le persone indagate o raggiunte da misure cautelari nell’ambito dell’operazione antidroga “Lungomare” figurano anche donne e minori, che avrebbero avuto ruoli in prima linea o comunque di supporto all’attività di spaccio scoperta dai Carabinieri del Nucleo Investigativo nella provincia di Campobasso. Mogli, fidanzate, madri di famiglia, ragazzine poco più che ventenni, sono finite sotto la lente degli inquirenti non solo perché sapevano ma perché, secondo gli elementi raccolti, concorrevano alla causa dell’associazione. Non è un caso che fra le ordinanze di misura cautelare in carcere firmate dal gip Teresina Pepe vi siano anche tre donne, due invece sono finite ai domiciliari e per altre quattro a vario titolo è stato disposto il divieto di dimora in Molise e l’obbligo di firma. Alcune di loro non avevano un ruolo marginale ma erano parte attiva nelle condotte di spaccio. Ragazze reclutate che seguivano le disposizioni del presunto sodalizio e incontravano gli acquirenti, in viaggio verso la costa molisana per un rifornimento, collocate in casa pronte all’azione. Una delle donne coinvolte, Maria M., moglie di colui che è considerato dagli investigatori fra i principali promotori dell’associazione, aiuta il marito nelle operazioni attraverso consigli sulle spese e sul reclutamento dei pusher. In questo caso un’intera famiglia è coinvolta, il figlio minore e la fidanzata sarebbero a conoscenza e parte attiva nel lavoro dell’organizzazione. In alcuni casi Maria M. avrebbe avuto il compito, insieme ad altre due donne, Marianna C. e Luisana V., individuate dai militari già in condotte contestate nel resto dell’inchiesta, di ricercare case da affittare. I minorenni – figli di alcuni indagati – non sono esclusi da questa vicenda, ma talvolta presenti durante i viaggi e nelle basi dello spaccio, se non addirittura incaricati di particolari compiti. In un caso sarebbe stata reclutata persino una vicina di casa per preparare da mangiare agli associati. Spesso gli spacciatori erano accompagnati dai vertici come dipendenti collocati sul posto di lavoro ai quali impartire una serie di direttive. E in caso di guai con la Legge, veniva garantita l’assistenza legale “pagata” dall’associazione.
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