Lo spopolamento e l’impoverimento del territorio, con particolare riferimento alla Aree interne, sono questioni che negli ultimi anni sono al centro del dibattito regionale e hanno determinato una serie di proposte da parte di amministratori, associazioni e operatori economici, che non sono state sempre ascoltate o si fa fatica a realizzare o comunque sono tutt’ora oggetto di confronto. A queste si aggiunge il tema dell’accoglienza: gli immigrati possono coprire il gap numerico fra giovani e vecchie generazioni, dovuto al calo delle nascite e all’emigrazione dei ragazzi del posto per cercare “fortuna” altrove, partendo dall’inserimento nel tessuto sociale locale attraverso progetti e lavori non specializzati. In alcune zone funziona, altre meno, e comunque ci vorrà ancora tempo affinché questa prassi conosca dei passaggi più evoluti. E’ proprio sulla gestione dell’accoglienza che Liberi di Essere Intraculture con Officina Creattiva, la cooperativa sociale Il Geco e la Fondazione Anchise Onlus nella settimana appena trascorsa hanno proposto un tavolo di riflessione, fatto di analisi, resoconti e testimonianze, e svoltosi presso la Sala della Provincia di Campobasso, volto alla definizione di uno scenario diverso ed inclusivo della regione. Ciò pensando a una nuova economia locale e un futuro sostenibile. Qual è lo spunto da cui partire?, chiediamo a Concetta Fornaro ed Emanuela Galasso di Liberi di Essere.
“Partiamo dal presupposto che il tavolo di riflessione, noi di Liberi di Essere, lo avremmo voluto fare da tempo perché siamo coscienti e abbiamo potuto prendere atto ad oggi che il sistema accoglienza è stato gestito in emergenza anche quando è diventato un sistema strutturato. Nel senso che le persone, dopo aver ricevuto protezione internazionale, si ritrovavano a non aver fatto quel percorso di formazione di inserimento necessario a dare un seguito alla loro permanenza sul territorio. Pertanto è stata sempre lasciato un pò al caso la loro sistemazione e in qualche modo si son dovuti adattare tra il territorio nazionale e quello europeo“.
E in questo contesto voi cosa avete pensato e fatto?
“Liberi di Essere area intraculture, associazione di promozione sociale che nasce per la valorizzazione del Molise, ha incontrato l’emergenza accoglienza cercando di renderla virtuosa, attivando risorse locali attraverso l’idea progetto di “Officina Creattiva”, che in tre anni di sperimentazione ha potuto riscontrarne la fattibilità e la validità economica effettiva. Un’idea progetto che nasce con l’intento di riattivare le risorse materiali e immateriali: dagli oggetti alle persone. In tale contesto le parole d’ordine sono lavoro alla pari, riattivazione delle risorse e valorizzazione delle identità culturali attraverso risorse derivate. Tutto ciò che per gli altri è scarto noi lo valorizziamo, è uno dei nostri motti“.
Qualche esempio.
“Officina creattiva è solo una delle azioni previste dal progetto Nature Housing pensato per far tesoro del bagaglio culturale di questi popoli migranti. Liberi di essere ha riconosciuto da subito che in una realtà piccola come il Molise, legata a tradizioni, ci sarebbe potuto essere un armonioso inserimento nelle comunità locali proprio legato a tutte quelle attività e tutte quelle azioni che possono trovare un valore economico e un riconoscimento anche d’identità intorno alla cultura materiale. Con tale termine si intende il saper fare, il saper gestire e il sapersi mettere in gioco in relazione alla natura, in relazione all’ambiente, in relazione al paesaggio culturale (identificato tra abitato, terreni in coltivazione, quindi allevamento e agricoltura, e Arti e Mestieri). Nel paesaggio culturale molisano, infatti, oggi vivono comunità di anziani, con una seconda generazione di medio ceto che va arrancando in un’economia soprattutto legata ad un terziario, in quanto l’economia primaria è stata di fatto, nella stragrande maggioranza, abbandonata, e una popolazione giovane che vede il futuro fuori, altrove, per ambizioni economiche che vengono dettate dal sistema internazionale e dai bisogni indotti dell’odierna società. Proprio perché Officina Creattiva nasce dall’adesione ad un progetto di ampio respiro territoriale con il coinvolgimento di attori a più livelli, questa diventa l’unica realtà in cui effettivamente si realizza una trasversalità sia generazionale, perché opera dall’educazione allo sviluppo sostenibile dei bambini alla riattivazione dei nonni insieme ai migranti, sia culturale per origini, formazione, provenienza e identità culturale propria. Come associazione abbiamo cercato di innescare delle sinergie tra centri di accoglienza territoriali, quali il CAS Geco nello specifico, e associazioni che hanno riconosciuto la validità delle azioni di Officina Creattiva. Sono stati attivati vari progetti sperimentali tra cui l’agricoltura sociale vera e l’agricoltura di recupero e di valorizzazione dell’identità molisana attraverso la manodopera di cittadini stranieri che applicano il loro saper fare nell’interagire con terreni coltivati e ad oggi abbandonati per impossibilità di prendersene cura da parte dei proprietari, persone anziane i cui figli fanno altro, mentre i nipoti non sono interessati a continuare. È proprio da uno di questi progetti, nato su richiesta di Fondazione Anchise Onlus, che è stata riconosciuto l’importanza dei migranti come risorsa per la riattivazione dei frutteti da tempo abbandonati, da cui sono stati raccolti frutti autoctoni poi trasformarti in succhi 100% biologici. Noi abbiamo inteso con la Cooperativa Il Geco e la Fondazione Anchise Onlus chiamare innanzitutto al tavolo tutti gli operatori di CAS e di SPRAR. Inoltre per la prima volta si è voluto chiedere la partecipazione ad un tavolo operativo anche di enti che normalmente sono stati tenuti fuori da questa problematica: partendo da prefetture, questure e sistema sanitario, siamo passati ad invitare anche Inps, Inail, sindacati e ufficio scolastico. Abbiamo cercato inoltre di coinvolgere l’Unimol, soprattutto perché attiva in un altro progetto che mira all’inserimento nelle comunità locali attraverso una maggiore formazione degli operatori e attraverso l’invito di gruppi di ricerca della stessa università“.
Come giudicate la giornata svolta nella Sala della Provincia?
“Il tavolo a nostro avviso non ha avuto l’esito auspicato e ha fatto semplicemente da momento di scambio o quantomeno di apertura di ciò che facciamo verso gli altri. Quindi dobbiamo attivarci in tal senso per far cogliere l’importanza che avrebbe avuto la ricaduta virtuosa se tutti avessimo il coraggio di metterci alla pari ad un Tavolo operativo comprendendo il valore di tali risorse umane, che non sono mai state viste da noi come persone a cui dare semplicemente soccorso ma come parte della popolazione in un sistema di migrazione che accompagna l’umanità da sempre. Tale spostamento di popoli causato da guerre, guerriglie, guerre civili e da una ricerca di un miglioramento economico noi l’abbiamo sempre inquadrato come un flusso ciclico che nella storia dell’umanità si va ripetendo anche se cambiano le direzioni o i punti di partenza. Siamo convinti che, se si mettessero intorno ad un tavolo tutti i soggetti coinvolti (operatori, amministratori, politici, enti preposti ad alcune problematiche anche di carattere fiscale, contabile, di riconoscimento giuridico, ecc.), potrebbero venire fuori una proposta concreta per la realtà locale e una futura cooperazione internazionale. Questo perché molti soggetti, se attentamente seguiti e accompagnati, potrebbero avere in prospettiva un progetto di ritorno alla loro terra, arricchendosi con capacità progettuali di proposte economiche che possano far migliorare anche il loro stesso Paese“.
Quali sono le prossime mosse?
“Dopo questo tavolo, che non ha avuto i risultati sperati a causa anche della mancata presenza degli enti preposti, noi continueremo a divulgare le azioni che possono richiamare l’attenzione su questa tematica con proposte costruttive e invitiamo comunque chiunque sia interessato a entrare nel merito della problematica a mettersi in gioco per un potenziale contributo ad una futuristica soluzione, uno spazio aperto di discussione presso il luogo che ospita Officina Creattiva, Cantina Herero-Campobasso, dove è possibile partecipare ad azioni e laboratori che vanno da supporto alle comunità locali e alle risorse che resteranno temporaneamente o stabilmente sul territorio e dovranno trovare spazio per una nuova vita in qualche modo. Sarebbe quindi auspicabile prevenire la vulnerabilità sociale, evitando di entrare in circuiti malavitosi e negativi rispetto invece a circuiti positivi che oltretutto appartengono alla nostra cultura, quindi edilizia, agricoltura e artigianato“.
Altre riflessioni venute fuori?
“Al tavolo è stato portato un tappeto Touareg come simbolo di una popolazione nomade che si arricchisce di identità nei trasferimenti da nord a sud attraverso l’Africa e quindi, simbolicamente, abbiamo voluto rappresentare ciò che è nato in questo viaggio dei ragazzi dall’incontro con la nostra cultura. Tale oggetto rappresenta per noi il simbolo della possibilità di scambio tra culture o della nascita di nuove cose o nuove interpretazioni di oggetti che possono essere rivisitati, quindi trovare delle forme di economia minima intorno all’artigianato artistico e a prodotti naturali e sani che oggi sono tanto ricercati. Si è voluto poi condividere la partenza di un Molise bio e solidale che nella sua origine di civiltà della transumanza si vuole candidare a patrimonio dell’umanità. Quindi abbiamo fatto capire come tutte le popolazioni che in qualche modo per necessità ed emergenza sono giunte in Molise, ma prima ancora in Italia e in Europa, sono popolazioni espressione di quelle antiche civiltà che hanno fatto scuola e che hanno dato un valore estremamente importante allo sviluppo dell’umanità stessa: una sapienza tecnologica, una saggezza ambientale che noi forse dobbiamo ancora imparare a ritrovare in quella che era la civiltà della transumanza. Durante il tavolo si è voluto mostrare come molti di questi beni o le stesse meraviglie del mondo si trovano in Africa, quindi il Paese per eccellenza di queste persone, insieme sicuramente a tutto ciò che è la penisola arabica e quindi anche Pakistan, Afghanistan, ecc. Abbiamo focalizzato il nostro intervento su questo voler spostare l’attenzione non più sulle numerose polemiche inerenti le falle del sistema di accoglienza ma sulle opportunità da cogliere nel momento in cui la falla è estrema e queste persone vengono rimesse in strada. Un tavolo, insomma, che intendeva anche mettere a sistema tutto ciò che di buone pratiche di accoglienza è stato fatto in Molise e che ognuno in qualche modo ha tenuto per sé o lo ha visto come raggiungimento di obiettivo senza esporsi a condividerlo quando invece la condivisione è importante per gettare le basi du una nuova economia“.
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