«La politica, nella sua essenza, è il luogo del confronto e dello scontro, è il mezzo attraverso il quale idee e visioni diverse, o addirittura contrastanti, possono convergere e trovare una sintesi, oppure no. In questo secondo caso, all’idea prevalente o maggioritaria si contrappongono una o altre minoritarie: questa è la legge della democrazia. Politica è anche rispetto dei ruoli, che significa poi adempiere a quello personale in modo corretto e, possibilmente, esemplare, avendo però sempre in debita considerazione quello degli altri. L’ego in politica non esiste, il culto autoreferenziale di quanti ritengono giuste e corrette le proprie scelte e negative e deleterie quelle degli altri è tipico dei regimi totalitari, non certo delle democrazie avanzate. Non a caso, il Capo dello Stato, nel suo messaggio di fine anno, ha detto che “sentirsi comunità significa condividere valori, prospettive, diritti e doveri”. Il collante primo di una comunità è costituito dalle istituzioni, perché sono l’espressione diretta della partecipazione dei cittadini che, attraverso il voto, delegano altri cittadini a rappresentarli. Questo non è un aspetto marginale, anzi è sostanziale, perché chi vilipende le istituzioni oltraggia se stesso o, quanto meno, la maggioranza dei cittadini che le ha volute. Oggi questi schemi valoriali, che da sempre hanno costituito i cardini dell’educazione civica, sono messi a dura prova da una sorta di giacobinismo mediatico, il cui obiettivo è quello di “tagliare la testa” del sistema politico-istituzionale, a prescindere dai meriti o dai demeriti che lo stesso abbia. Non v’è da sorprendersi, perciò, se moderni Marat, Robespierre, Hébert, servendosi in modo professionale e strumentale dei social, istighino, incitino gli astanti del web, mistifichino la realtà dei fatti, raccontino storie apparentemente credibili ma, di fatto, distanti dalla verità. Sicché, è gioco facile per costoro decontestualizzare, ad esempio, una frase detta in senso ironico e usarla per bersagliare e infangare l’avversario politico. Ci sarebbe da fare chapeau a questi “attori” della politica, se non considerassimo che dietro ogni drammaturgia vi è sempre la finzione scenica di chi la interpreta e che le istituzioni non meritano la recitazione di un copione. Di una cosa, però, va dato atto a questi “teatranti”: ci mettono la faccia e si assumono la responsabilità delle loro affermazioni delle quali, prima o poi, dovranno rendere conto ai cittadini, se non alla legge. Molto più bieco, invece, è l’operato di quanti si celano dietro l’anonimato di un fake o di un account email fittizio. In questa selva oscura, degna dei peggiori gironi danteschi, si cela una variegata platea costituita da vili, rancorosi, frustrati, latori di richieste irricevibili e non ottenute, grafomani in cerca di gloria e di “mi piace”, politici bocciati dall’elettorato, first ladies senza più riflettori. Chi ha a cuore le sorti di questa regione deve ritrovare il senso vero dell’azione politica che si sostanzia nel fare il bene comune ascoltando, confrontandosi, magari scontrandosi, senza alzare, però, mai i toni della polemica e sconfinare nella denigrazione. Del resto, il monito di Mattarella è un punto fermo su cui riflettere: “Comunità significa pensarsi dentro un futuro comune, da costruire insieme. Significa responsabilità, perché ciascuno di noi è, in misura più o meno grande, protagonista del futuro del nostro Paese”». Lo ha detto questa mattina il presidente della Regione Molise, Donato Toma, in apertura dei lavori del Consiglio regionale.
Consiglio Regionale, il Presidente Donato Toma “Ritrovare il senso vero dell’azione politica”
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