E’ stato un finale di Carnevale movimentato in diverse località del Molise ma a Tufara la festa è stata sicuramente fra le più sentite della regione e ha richiamato la curiosità di tantissime persone dei comuni limitrofi. La sfilata delle maschere tradizionali ed allegoriche fra le strade del paese ha coinvolto sia i più piccoli che i meno giovani, in un mixer di colori ed esibizioni. Uno dei momenti più significativi è stato rappresentato dall’ingresso del Diavolo che secondo la tradizione indossa sette pelli di capra cucite addosso, quasi a voler rievocare un lontano rito di smembramento di cui non si ha più coscienza. Il capro, infatti, era la forma più frequente nella quale il Dio Dioniso si manifestava. Trattenuto in vita con catene dai Folletti, i suoi guardiani, gira per le strade del paese, saltella, cade a terra, si rotola, si rialza, corre, cercando di sedurre chi incontra per iniziarli ai sui misteri. Le maschere della Morte, vestite di bianco con il volto impiastricciato di farina, che precedono di qualche metro il Diavolo, starebbero a simboleggiare la purificazione attraverso la morte. Il roteare delle falci indicherebbe il momento del raccolto. La figura del capro-espiatorio si intravede tra il corpo irsuto e le pieghe della maschera del Diavolo, così come tra la paglia e la tela del pupazzo simulacro, identificato con il Carnevale, da scaraventare tra le zolle di terra dall’alto di un precipizio. Carnevale viene processato e condannato da una scanzonata giuria, nonostante gli appelli tragicomici della mamma e del padre per salvarlo. Egli morirà ma non la speranza, poiché la madre-parca, con in mano il filo del destino – conocchia e fuso – ha già pronto un altro neonato-simulacro, portato nella culla del padre, che darà così continuità al rito.
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