La Procura della Repubblica presso il Tribunale di Campobasso ha concluso le indagini relative alla maxi inchiesta (poi suddivisa in due tronconi) condotta dalla Polizia di Stato e dall’Agenzia delle Entrate di Campobasso, relativa a reati tributari, falsi ed altro legati all’importazione dall’estero e vendita di veicoli usati, per i quali in modo metodico veniva evasa l’IVA e le conseguenti imposte sui redditi. Si ricorderà che l’inchiesta ebbe inizio nel 2016 e richiese anche accertamenti con la collaborazione di autorità estere allo scopo di verificare la documentazione di vendita dei veicoli. In milioni di euro l’IVA complessivamente evasa. Decine sono le richieste trasmesse agli Uffici della Motorizzazione Civile di diverse Province per la revoca delle immatricolazioni dei veicoli effettuate sulla base di documentazione falsa. Numerosi i cittadini chiamati a versare l’imposta dovuta al fisco, atteso che in diversi casi, gli imprenditori che avevano venduto le autovetture, si erano “schermati” con società “cartiere” rendendo in taluni casi impossibile il recupero dell’imposta evasa, perché “formalmente” privi di beni patrimoniali intestati. La Polizia di Stato, all’esito delle indagini, aveva fornito alla Procura elementi di prova sulla sussistenza dei reati e sulla reiterazione degli stessi. Il G.I.P. non accolse, se non in minima parte, la richiesta della Procura di emissione delle misure cautelari personali e reali. Il Tribunale del Riesame, ribaltando in parte la tesi del G.I.P., dispose due misure personali e sequestri preventivi per milioni di euro. Da ultimo il G.I.P., lo stesso che aveva rigettato gran parte della richiesta di misure della Procura della Repubblica, ha ordinato il dissequestro (col parere contrario della Procura) di beni immobili riconducibili ad una indagata (ma intestati ad una società di cui la predetta è socia, ritenendo trattarsi di soggetto diverso dall’indagata) nonché il dissequestro di una concessionaria multimarche (col parere contrario della Procura), perché ritenuta dal Giudice società terza rispetto ad uno degli indagati (di cui è legale rappresentante il suocero, dimostrato in atti dalla Polizia e dall’Agenzia delle Entrate che invece trattasi proprio dello strumento attraverso il quale uno degli indagati operava gli illeciti penalmente rilevanti). Per un primo gruppo di 11 su 12 indagati il P.M. ha ipotizzato l’associazione a delinquere finalizzata alla commissione di una serie di delitti in violazione della disciplina in materia di imposte dei redditi e sul valore aggiunto, attraverso la commercializzazione di numerosi veicoli provenienti dall’estero con sistematica inosservanza delle norme sull’IVA, nonché con la realizzazione di reati complementari finalizzati all’immatricolazione delle autovetture senza il versamento delle imposte dovute. In particolare, mediante l’utilizzo di società e ditte individuali c.d. “cartiere”, interposte nelle transazioni commerciali e mediante la creazione e l’utilizzo di documenti falsi e/o contenenti dati falsi (fatture, contratti, certificazioni sostitutive di atto notorio, contratti di finanziamento ecc.), elaboravano un meccanismo di frode fiscale, volto all’evasione dell’IVA, attuato mediante l’omessa regolarizzazione degli acquisti intracomunitari di autovetture, con ruoli distinti e ben individuati all’interno dell’associazione criminale. A 10 indagati viene contestato il falso nell’aver predisposto o fatto predisporre false dichiarazioni sostitutive per il successivo deposito presso gli uffici della Motorizzazione Civile, apponendovi o facendovi apporre da terzi la falsa sottoscrizione di diversi soggetti interessati, al fine di ottenere l’immatricolazione di autovetture di provenienza comunitaria senza il versamento dell’IVA; inoltre per essersi sostituiti a diversi acquirenti nella realizzazione dei falsi di cui sopra, al fine di procurarsi un vantaggio – consistito nella conclusione di un contratto di compravendita di autovetture a prezzi commerciali più vantaggiosi per effetto dell’omesso versamento delle imposte dovute. A 5 degli indagati viene contestato di aver indicato nelle dichiarazioni Iva degli anni 2013 e 2014 elementi passivi fittizi (derivati da simulati acquisti di autovetture usate non imponibili IVA in quanto assoggettate fraudolentemente al regime del margine, ma che in realtà erano acquisti intracomunitari di autovetture imponibili ai fini IVA nel Paese di destinazione), ed elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo (derivante da cessioni di autovetture non dichiarate), evadendo l’Iva per complessivi euro 267.973,00 nel 2013 e 178.316,00 nel 2014. A 4 degli indagati viene contestata l’emissione di fatture per operazioni soggettivamente inesistenti al fine di consentire l’evasione dell’IVA ai componenti dell’associazione, reali operatori che, occultandosi o schermandosi, si avvalevano di società cartiera interposta negli acquisti comunitari e deputata a realizzare la frode fiscale attraverso gli omessi versamenti IVA ( per euro 1.001.300,00 nel 2013 e per euro 410.510,00 nel 2014), e, in quei rari casi in cui le fatture venivano assoggettate ad IVA, l’imposta non veniva poi versata all’Erario; così facevano occultando il reale acquisto intracomunitario di autoveicoli da assoggettare ad IVA in Italia prima della loro immatricolazione. Inoltre, al fine di evadere l’IVA e le imposte sui redditi, e consentire l’evasione a terzi, occultavano e sottraevano, non consegnandole in sede di verifica fiscale, le scritture contabili. A 4 indagati viene contestato di aver indicato nelle dichiarazioni Iva dell’anno 2014 elementi passivi fittizi ed elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo evadendo IVA per euro 133.516,00. In particolare, sulla base della falsa rappresentazione inserita nelle scritture contabili obbligatorie, nonché avvalendosi di mezzi fraudolenti idonei ad ostacolare l’accertamento (ossia contrattualistica di compravendita falsa e/o contraffatta, fatture fittizie, false dichiarazioni sostitutive di atto notorio), facevano figurare, artificiosamente, le reali compravendite intracomunitarie avvenute tra i fornitori UE e acquirenti concessionarie italiane, entrambi operatori commerciali soggetti all’imposta, in simulati acquisti di autovetture effettuati direttamente da privati acquirenti così da escluderle dal campo IVA. A 6 indagati viene contestato di aver emesso fatture per operazioni soggettivamente inesistenti negli anni 2014 e 2015, per euro 216.060,00 e 175.400,00 al fine di consentire l’evasione IVA ai componenti l’associazione, reali operatori commerciali che occultandosi e schermandosi si avvalevano di una società cartiera interposta negli acquisti intracomunitari e deputata a realizzare la frode fiscale. Inoltre per aver omesso di presentare la dichiarazione fiscale per l’anno 2015, evadendo l’imposta per euro 225.761,00. A 3 indagati si contesta di aver omesso di dichiarare i reali acquisti intracomunitari di autoveicoli, consentendo loro una evasione IVA per il 2015 di euro 39.507,00 e per il 2016 di 55.765,00. A 2 indagati si contesta l’emissione di fatture per operazioni soggettivamente inesistenti allo scopo di far evadere l’IVA ai soggetti dell’associazione, reali operatori commerciali che si occultavano e schermavano dietro una società cartiera interposta negli acquisti intracomunitari e deputata a realizzare la frode fiscale attraverso gli omessi versamenti IVA, per l’anno 2015 per un importo di euro 201.845,01 e per il 2016 per euro 1.300.182,81. A 3 indagati si contesta l’emissione di fatture per operazioni soggettivamente inesistenti allo scopo di far evadere l’IVA ai soggetti dell’associazione, reali operatori commerciali che si occultavano e schermavano dietro una società cartiera interposta negli acquisti intracomunitari e deputata a realizzare la frode fiscale attraverso gli omessi versamenti IVA, per l’anno 2016 per un importo di euro 207.897,97. Inoltre emettevano fatture per operazioni oggettivamente inesistenti nell’anno 2016 per euro 244,00 x 2; per il 2017 per euro 35.700,00. Omettevano di presentare la dichiarazione fiscale per l’anno 2016 evadendo IVA per 487.825,00. Vi è inoltre un indagato per emissione di fatture soggettivamente inesistenti per un importo di euro 9.600,00 (nel 2016) + euro 151.345,01 per il 2015 e 1.407.492,78 nel 2016, indicando nelle dichiarazioni IVA relative a detti anni d’imposta elementi passivi fittizi e detraendo, pertanto l’IVA in realtà non detraibile (evadendola) per euro 27.291,73 per l’anno 2015 ed euro 255.543,03 per il 2016. Ad un indagato viene contestata l’emissione di fatture per operazioni oggettivamente inesistenti (per euro 4.150,00); ciò faceva per ottenere i finanziamenti bancari per l’acquisto di autovetture per conto degli acquirenti, altrimenti non ottenibili stante l’inconsistenza patrimoniale delle società cartiere, simulando lo svolgimento di attività di brokeraggio a favore di una ditta ed emettendo fatture concretate da provvigioni per attività di intermediazione nella vendita di auto, vendite in realtà dallo stesso mai effettuate in quanto intercorse tra altri soggetti dell’associazione ed i loro clienti. Inoltre, emettendo una fattura per operazioni oggettivamente inesistenti per euro 42.400,00, indicava nella dichiarazione IVA per l’anno 2016, elementi passivi fittizi, evadendo IVA per euro 7.645,90. A 2 indagati viene contestata l’emissione nell’anno 2017 di fatture per operazioni soggettivamente inesistenti per un importo di euro 90.100,00. Una società cartiera emetteva fatture soggettivamente fittizie ai clienti di una concessionaria, sostituendosi a quest’ultima e, pur presentando le dichiarazioni fiscali, ometteva il versamento dell’IVA pagata dai clienti. Un altro indagato, di professione commercialista, per acquisto di autovettura di un familiare, esibiva all’Agenzia delle Entrate documenti falsi e forniva dati e notizie non rispondenti al vero. Per un secondo gruppo di 7 indagati, si contesta la predisposizione in proprio o attraverso terzi di dichiarazioni sostitutive false destinate agli Uffici delle Motorizzazione Civile, allo scopo di ottenere l’immatricolazione di autovetture di provenienza comunitaria senza versamento IVA. E per fare ciò, allo scopo di concludere coi clienti un contratto di compravendita di autovettura a prezzi commerciali più vantaggiosi per l’effetto dell’omesso versamento imposte sulla commercializzazione di autovetture di provenienza comunitaria, si sostituivano ai clienti nella predisposizione dei falsi di cui sopra. A 3 indagati, viene contestata l’indicazione nella dichiarazione ai fini IVA per l’anno 2016 di elementi passivi fittizi, frutto di fatture per operazioni soggettivamente inesistenti, registrate nelle scritture contabili, emesse da società cartiere, e ciò per evadere l’IVA per un importo di euro 1.172.132,24. A 4 indagati si contesta l’indicazione nelle dichiarazioni Iva 2013, 2014 e 2016 (allo scopo di evadere l’IVA) di elementi attivi imponibili per un ammontare inferiore a quello effettivo; in particolare gli stessi, compiendo operazioni soggettivamente ed oggettivamente simulate, avvalendosi di documenti falsi idonei ad ostacolare l’accertamento e tali da indurre in errore l’amministrazione finanziaria, qualificavano, fraudolentemente, le reali operazioni imponibili ai fini IVA, quali operazioni non imponibili, evadendo IVA nel 2013 per 165.889,00, nel 2014 per 291.896,00, nel 2015 per 264.968,00. A 3 indagati viene contestata l’emissione da parte di una cartiera a loro riconducibile, di fatture per operazioni soggettivamente inesistenti, consentendo l’evasione IVA nel 2013 per 165.889,00 e nel 2014 per 291.896,00. A 4 indagati si contesta indicazione nella dichiarazione IVA per l’anno 2016 di elementi passivi fittizi derivanti da fatture per operazioni soggettivamente inesistenti, con evasione Iva per 344.642,00 + 663.846,00.
Traffico di auto all’estero, la Procura di Campobasso chiede l’associazione a delinquere. Conclusa l’inchiesta della Polizia di Stato
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