Molise Tabloid porta avanti l’angolo dedicato alle abitudini connesse ad un corretto stile di vita, riguardante in particolare l’alimentazione, attraverso la parola di un’esperta. La dottoressa Cinzia Baranello affronterà di volta in volta le problematiche riscontrate nella nostra società, anche grazie all’esperienza sul campo, e fornirà utili consigli per migliorare la qualità della propria vita. Potrete inviarci richieste particolari e segnalazioni alla mail molisetabloid@gmail.com. Potrete inoltre contattare direttamente la dottoressa Baranello al numero 328.0329148. In questo contributo, la nutrizionista si soffermerà su un argomento che riguarda in particolare le neo mamme e i loro piccoli, l’importanza dell’allattamento al seno.
“Eccomi di nuovo qui, questa volta per parlare di un argomento che mi tocca da vicino e che ha causato questi mesi di “silenzio stampa”: l’allattamento al seno. Si tratta di una fase cruciale e molto delicata della vita del neonato e della mamma, durante la quale si crea un rapporto di totale dipendenza dal punto di vista sia nutrizionale che emotivo. Questo forte legame si instaura nel modo più naturale, spontaneo e istintivo possibile attraverso il contatto pelle a pelle, meglio ancora con il breast crawl, fenomeno per il quale il bambino, appoggiato sul petto della madre, muove gambe e braccia lentamente e a poco a poco raggiunge il seno per fare la prima poppata, ricevendo un senso di sicurezza, conforto e calma. Sebbene l’allattamento sia un processo naturale, la madre ha bisogno di supporto e istruzioni per un posizionamento e un attacco appropriati: se l’attacco al capezzolo non è corretto, la madre può sviluppare ragadi o sentire dolore durante la poppata. Sarebbe utile, pertanto, una valutazione da parte di un professionista in grado di diagnosticare patologie a carico del labbro o della lingua del bambino. Fattori materni quali dolore, ansia e instabilità emotiva dovrebbero essere affrontati prima e dopo il parto, con l’aiuto di un consulente o di infermiere esperte. Anche il padre e altre persone di supporto, inclusi i medici, hanno un ruolo importante nel rassicurare la madre e il bambino. La madre deve essere incoraggiata e assumere un atteggiamento positivo, in modo tale che abbia piena sicurezza e pieno controllo delle esigenze e del nutrimento del proprio bambino; in sede di consulenza, sarebbe meglio evitare commenti negativi o l’utilizzo di parole come problema, difficoltà, inadeguata, inappropriata. Disordini post partum come depressione e psicosi possono manifestarsi in maniera subdola e scoraggiare rapidamente l’allattamento, per cui sarebbe opportuno mettere a disposizione un consulente dell’allattamento sia durante la degenza che dopo l’uscita dall’ospedale.
Dal punto di vista biochimico, la produzione di latte e il risultante riflesso di emissione (la cosiddetta “calata”) sono regolati dall’ipotalamo e gli ormoni derivanti dall’ipofisi (ossitocina e prolattina). Il mantenimento della lattazione segue poi un meccanismo autonomo nel quale la suzione da parte del bambino e lo svuotamento della mammella regolano il flusso e determinano il volume del latte successivo. Esistono stadi distinti nella produzione di latte che iniziano prima della nascita del bambino. Il primo latte è il colostro, che è disponibile dopo il travaglio. Occasionalmente si forma il pre-colostro prima della fase post partum. Il colostro è ricco di proteine, sodio, immunoglobuline e povero di lattosio. Dopo 30-40 ore dal parto, la composizione cambia con un aumento della concentrazione di lattosio e grassi e la diluizione delle altre componenti man mano che il volume aumenta (latte di transizione). Il volume e la composizione del latte maturo variano da donna a donna e anche nella stessa donna in base al periodo di lattazione ma in media è composto per l’1-2% da proteine, il 3,5% da grassi, il 6,5-7% da carboidrati e per lo 0,5% da sali; la restante percentuale è rappresentata da acqua. Il bisogno nutrizionale del bambino controlla la quantità di latte e le sue componenti. Il latte maturo può essere a sua volta suddiviso in latte anteriore e latte posteriore. Il primo è più acquoso ed è deputato a estinguere la sete mentre il secondo è più concentrato e serve a soddisfare la fame e a garantire la crescita. La conoscenza dei due tipi di latte può aiutare la madre a regolare il nutrimento da entrambe le mammelle.
Il colostro non serve a nutrire il neonato, infatti non è molto energetico, bensì fornisce una grande quantità di immunoglobuline (Ig) e altre componenti (citochine, globuli bianchi, lattoferrina, lisozima) che andranno a costituire il nuovo sistema immunitario associato alla mucosa gastro-intestinale del bambino, una barriera protettiva che gioca un ruolo vitale nel combattere i microrganismi patogeni. Successivamente, l’introduzione del latte maturo favorirà il processo di colonizzazione dell’intestino del bambino, sterile per natura, da parte di microrganismi come Bifidobatteri e Lattobacilli (il cosiddetto microbiota). Questi batteri “buoni” hanno il compito non solo di difendere l’intestino da quelli “cattivi” ma anche di produrre nutrienti essenziali come le vitamine B12, B6, B9 (folato) e K. Ecco perché il rooming in, cioè tenere il bambino nella stessa stanza insieme alla madre, è preferibile: per favorire l’introduzione precoce dei microrganismi benefici e dare loro vantaggio competitivo rispetto ad altri organismi derivanti dall’ambiente ospedaliero e da altre persone che si occupano del bambino. Il latte umano, inoltre, contiene più di 200 differenti molecole di oligosaccaridi (molto al di sopra della media di 30-50 trovati, ad esempio, nel latte vaccino o di topo), la cui composizione cambia durante l’allattamento e il cui ruolo è proprio quello di “coltivare” i milioni di batteri buoni che il bambino ingerisce ogni giorno (una parte dei quali entra nel latte attraverso il contatto con la cute della madre) e che colonizzano l’intestino del neonato, anche perché il bambino non ha gli enzimi per digerire questi zuccheri, che quindi non sono adatti a nutrirlo. Dopo un mese, quando il bambino inizia a sviluppare un sistema immunitario auto-adattivo, la composizione del latte materno cambia, così i livelli di anticorpi scendono di oltre il 90% e si riduce fortemente anche la diversità degli oligosaccaridi, indicando meno selezione delle specie batteriche.
Ma da dove arrivano i batteri contenuti nel latte? Almeno alcune specie provengono dall’intestino materno, trasportati probabilmente dalle cellule dendritiche che, con l’intento di individuare microrganismi potenzialmente dannosi, pervadono la parete intestinale (lasciando però intatta la sua funzione di barriera), prendono i batteri non patogeni dall’intestino e li immettono nella circolazione sanguigna e linfatica, attraverso la quale poi essi raggiungono la ghiandola mammaria (asse entero-mammario). Alcuni ceppi di questi lattobacilli (come L. salivarius, L. gasseri e L. fermentum), se ingeriti, possono fungere da probiotico per la mastite, colonizzando la ghiandola mammaria attraverso l’asse entero-mammario e riducendo la concentrazione di stafilococchi e streptococchi. In generale, il microbiota intestinale della madre potrebbe essere modulato dai probiotici al fine di migliorare il microbiota della ghiandola mammaria e aumentare le qualità a sostegno della salute del latte materno, che a sua volta avrebbe un effetto diretto sulla salute del lattante.
Un altro componente del latte materno, la lattoferrina, incrementa l’assorbimento di ferro a livello dell’intestino del bambino, prevenendo così la sua degradazione da parte dei batteri patogeni, i quali lo utilizzano per proliferare; conferisce quindi un’azione protettiva contro infezioni da batteri, virus, funghi e parassiti. Molte evidenze scientifiche mostrano che l’allattamento al seno riduce il rischio di infezioni a carico delle vie respiratorie superiori e di diarrea nel neonato. Altri benefici includono un minore rischio di sviluppare asma, diabete di tipo 1, allergie alimentari, dermatiti atopiche e obesità. L’allattamento al seno porta benefici anche alla mamma: ritarda la ricomparsa del ciclo mestruale, stimola la produzione di ossitocina, che agisce contraendo l’utero e aiutandolo a ritornare nelle condizioni fisiologiche pre-gravidanza, aumenta il dispendio energetico favorendo il ritorno al peso forma, protegge dall’osteoporosi e da alcune forme di tumore (seno e utero). Uno studio ha dimostrato che i neonati allattati al seno hanno un quoziente intellettivo (QI) maggiore rispetto a quelli che hanno ricevuto latte artificiale; tale evidenza è correlata alla presenza di una variante del gene che codifica per un enzima chiave della via biosintetica degli acidi grassi omega 3, i quali hanno un ruolo importante nello sviluppo cerebrale. Il latte materno, inoltre, è più economico del latte in formula; ciò è importante per le famiglie di ceto sociale più basso. In caso di itterizia, l’aggiunta di latte artificiale ad ogni poppata per 3 giorni è in grado di abbassare i livelli di bilirubina a valori sicuri che tenderanno a rimanere tali; dopodiché si dovrebbe consigliare alle madri di non continuare con il latte artificiale. Una serie di studi in vitro sull’HIV hanno rivelato che la permeabilità intestinale diminuisce più rapidamente nei bambini allattati al seno che in quelli allattati con formula, il che suggerisce che alcune componenti del latte materno accelerano la maturazione della barriera intestinale. D’altra parte, l’introduzione di proteine del cibo potenzialmente dannose o di agenti patogeni mediante l’uso del biberon può causare l’effetto opposto, che rende più facile per il virus attraversare la barriera.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità raccomanda il latte materno come fonte ottimale ed esclusiva della nutrizione infantile a partire dalla nascita fino ad almeno il sesto mese di vita poiché è fondamentale per lo sviluppo del bambino. L’uso di farmaci dovrebbe essere guidato durante l’allattamento e non essere motivo per interromperlo, piuttosto bisogna fare attenzione a trovare alternative sicure da assumere. Neanche il consumo di alcol, il fumo o il consumo di caffè sono ragioni valide per smettere di allattare. In Italia circa il 60% delle donne iniziano l’allattamento esclusivo al seno ma la maggior parte lo interrompe dopo una media di 4 mesi. In generale, l’allattamento può essere interrotto dopo 6-12 mesi, sebbene alcune donne continuino finché il bambino arriva a 2-4 anni di età. È vero che il latte materno riduce la mortalità infantile e diminuisce significativamente il rischio di infezioni intestinali e delle vie respiratorie di un neonato, ma c’è poco sostegno per i benefici a lungo termine. Quanto a lungo, dunque, il neonato ha davvero bisogno di questo tipo di alimentazione? Diciamo che è meglio che a prendere questa decisione siano le famiglie e non gli scienziati“.