Due famiglie campobassane dedite all’attività di spaccio di stupefacenti che avrebbero deciso di unirsi per non farsi concorrenza ed essere più forti sul mercato locale, trasformando appartamenti di proprietà in veri e propri “drug market”, nome che ha ispirato l’operazione dei Carabinieri del Nucleo Operativo e Radiomobile della Compagnia di Campobasso che sotto il coordinamento della locale Procura della Repubblica ha portato lo scorso 1 marzo all’esecuzione di 11 ordinanze di misura cautelare e altre denunce a piede libero. Questa mattina nel Palazzo di Giustizia del capoluogo per una quindicina di indagati è stata celebrata l’udienza preliminare davanti al gup Teresina Pepe. Gli avvocati difensori hanno sollevato una eccezione in quanto il giudice era già intervenuta nella fase delle indagini, pronunciandosi in merito ad una disposizione relativa alle intercettazioni raccolte dagli inquirenti, e per tale motivo ritenuta incompatibile dal momento che, secondo il Codice, il magistrato chiamato ad intervenire in una fase successiva non deve fino a quel momento conoscere le carte del procedimento. Il gup Pepe si è pertanto astenuta e l’udienza è stata aggiornata al 2 dicembre, dopo che il presidente del Tribunale procederà ad individuare un nuovo giudice. Come si ricorderà, l’inchiesta ha permesso di riscontrare un diffuso fenomeno di consumo di cocaina nel capoluogo molisano supportato da un sodalizio criminale composto principalmente dagli esponenti di due famiglie locali che, avvalendosi di numerosi soggetti “affiliati” e di parenti e amici, avrebbe smerciato la droga con un sistema ben collaudato, in tutta la città di Campobasso. L’organizzata era strutturata in maniera verticistica e saldamente radicata nel territorio, con i singoli componenti che avevano ognuno compiti ben precisi: gli ideatori fornivano il denaro necessario all’acquisto della droga a coloro che si occupavano del taglio e confezionamento dello stupefacente da vendere, coloro che procacciavano i clienti, fino ai rifornitori che, con frequenti viaggi, trasportavano la cocaina da San Severo e Caserta e la consegnavano a domicilio direttamente nella base logistica a Campobasso. La droga veniva spacciata all’interno di appartamenti dove, ad ogni ora del giorno e della notte, decine e decine di acquirenti si recavano per acquistarla. Generalmente le dosi erano già preconfezionate e venivano preparate al momento solo in caso di richieste di quantitativi maggiori.
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