Assolti con formula piena dal reato di abuso d’ufficio gli ex componenti della giunta comunale di Casacalenda e i vertici amministrativi del Comune. Il tribunale di Larino in composizione collegiale ha assolto, “perché il fatto non sussiste”, l’ex sindaco Michele Giambarba, l’ex vice sindaco Vito Biello, l’ex assessore Michele Di Stefano, il responsabile del servizio Tecnico Pasquale Pietropaolo, il responsabile del servizio Finanziario Maria Teresa Di Paolo e il segretario Natalia Di Virgilio dal reato di abuso d’ufficio riconoscendo fondate le argomentazioni del collegio difensivo composto dagli avvocati Giuseppe Ruta e Roberto Iammatteo (dello studio legale Ruta e Associati) e dagli avvocati Teresa Discenza e Garzarella Donato. La vicenda nasce da un esposto, a firma del consigliere comunale di opposizione Marco Gagliardi, che ha denunciato presunte irregolarità commesse, nell’esercizio delle loro funzioni, dai succitati soggetti, relativamente all’adozione di atti deliberativi inerenti diverse questioni, dalla concessione di immobili all’affidamento di incarichi. Diversi e complessi sono stati gli aspetti della vicenda sottoposta al vaglio della magistratura del tribunale frentano che, al termine dell’ultima udienza, ha mandato assolti tutti gli imputati con la formula più ampia scagionandoli dalle accuse mosse nei loro confronti dalla Procura della Repubblica di Larino a seguito dell’esposto del’ex sindaco Marco Gagliardi. “Si chiude finalmente – spiega Michele Giambarba – un calvario durato quasi due anni. Il tribunale ha riconosciuto la correttezza del nostro operato, posto in essere nel corso degli anni in cui abbiamo amministrato il Comune di Casacalenda, ispirato ai principi di correttezza, imparzialità e trasparenza dell’azione amministrativa. Possiamo finalmente archiviare una vicenda nata, evidentemente, in seguito ad un esposto del tutto privo di fondamento, che ha costretto noi e le nostre famiglie a pagare un prezzo pesantissimo. Tutto ciò soltanto per aver fatto il nostro dovere di amministratori e dipendenti del Comune nell’interesse esclusivo della comunità che abbiamo servito con umiltà, dedizione e perizia. Ben vengano le azioni, esposti compresi, volte alla salvaguardia dell’interesse pubblico e dell’azione amministrativa, purchè tali azioni abbiano, quantomeno, un fondamento logico-giuridico tale da far presagire macroscopiche violazioni di legge atte a compromettere il buon andamento della stessa. Sarebbe, di contro, auspicabile che tali azioni, poiché poste in essere da chi è stato parte attiva, da anni, dell’amministrazione comunale, rivestendo anche ruoli apicali che prevedono una conoscenza a tutto tondo delle dinamiche e delle vicende connesse alla cosa pubblica, vengano poste in essere con maggior perizia proprio in virtù del ruolo ricoperto, ma tant’è. Ad oggi, giustizia è fatta, e lo dico senza alcuna retorica. E’ sicuramente un giorno bello, ma la nostra gioia finisce qui perché questa vicenda crea un vulnus e lascia una ferita non rimarginabile nella nostra comunità, esempio finora di convivenza e rispetto pur nella diversità delle opinioni. Nel nostro Paese c’è chi ha scelto di trasferire il confronto politico nella aule giudiziarie, per fini probabilmente strumentali o per garantirsi una sopravvivenza politica; ebbene, costoro dovranno assumersi la responsabilità di aver lacerato irrimediabilmente le corrette regole democratiche nel nostro Paese; responsabilità che, a mio modo di vedere, non ha un solo padre: ricade infatti su chi, a ben vedere, ha messo in moto la cd. “macchina del fango” avendo come unico fine la destabilizzazione della comunità e su chi ha condiviso tale “weltanschauung”, convinto, ancora oggi, che la pratica del “divide et impera” possa sortire effetti positivi per l’intera comunità; nulla di più sbagliato. Oggi la Giustizia ha fato il suo corso “riabilitandoci” a pieni voti sotto l’aspetto sostanziale-giuridico legato alle condotte poste in essere in relazione ai fatti oggetto del procedimento e ritenendo che le stesse siano state legittime e corrette. In una nota gli avvocati difensori – Giuseppe Ruta, Roberto Iammatteo e Teresa Discenza – sottolineano: “Si è trattato di una vicenda complessa sia per i molteplici e differenti aspetti legati alla stessa, sia per la delicatezza degli argomenti sottoposti al vaglio della magistratura, sia per la molteplicità delle persone e dei ruoli dalle stesse ricoperti, coinvolte nella vicenda. Ciò nonostante, non abbiamo mai dubitato della correttezza circa le condotte poste in essere dai nostri assistiti, riuscendo, anche per tale motivo, a dimostrare, in dibattimento, l’infondatezza delle accuse mosse agli stessi da parte denunciante”.
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