La cosiddetta “fase 2” dell’emergenza sanitaria legata al coronavirus si sta avvicinando e seppure il dibattito su tempi e modi della ripresa della vita sociale ed economica sia ancora in corso appare già evidente come non solo il ritorno alla normalità sarà lungo e graduale ma dovremo abituarci per un pò di tempo ad una nuova normalità. La riapertura a step delle attività industriali e commerciali e l’allentamento ponderato delle restrizioni aumenterà le motivazioni valide per uscire di casa e darà modo alle persone di spostarsi in maniera meno circoscritta. Dopo due mesi di abbandono della vecchia routine e di isolamento forzato, sommersi dalle notizie inerenti il gran numero di decessi e contagiati con sintomi gravi – in Molise, in Italia, nel Mondo, – talvolta riguardanti persone a noi vicine, la nostra stabilità interiore e le nostre sicurezze saranno messe a dura prova, soprattutto per il clima di incertezza che caratterizzerà i prossimi mesi. A tale riguardo, ne abbiamo parlato con la dottoressa Immacolata Mustillo (foto in basso e nel riquadro in evidenza), psicologa in servizio presso il Centro di Salute Mentale di Termoli. Come vivranno i molisani questa graduale ripresa?
“Innanzitutto va tenuto conto che l’emergenza è stata vissuta con livelli differenti di esposizione e pertanto comporterà risposte diverse. C’è chi è uscito per lavoro e chi è rimasto fermo o ha lavorato a casa, chi ha vissuto
l’isolamento in famiglia e chi da solo, incontrando difficoltà a reperire relazioni. Per non parlare degli anziani. Sarà per tutti un periodo particolare, quindi la seconda fase dipenderà molto da come è stata vissuta quella precedente, se ognuno di noi è riuscito ad attivare le proprie risorse per tradurre in qualcosa di positivo ciò che è stato un fermo. Ad esempio riallacciare rapporti, dedicarsi alla casa, recuperare il tempo perduto per fare ciò che avremmo voluto fare in passato. In questi mesi si registra una maggiore concentrazione sul presente, un rallentamento rispetto alla routine, in cui generalmente siamo proiettati al futuro. Per alcuni quindi l’isolamento ha significato comunque dare qualità ai propri giorni. Per moltissimi invece è stato un problema. Pensiamo al lavoro. Ci sono persone che hanno continuato a lavorare da casa o nelle attività rimaste aperte, chi ha potuto fare asporto, inviare merce, reinventare la propria attività e dare vita a forme creative legate alle proprie competenze. Ma ci sono anche coloro che sono stati costretti a restare fermi, perdendo proventi. In quel caso si registra un problema diverso, una esposizione a stress pesante, un vissuto di impotenza“.
Il premier Conte ha annunciato: mascherine obbligatorie e distanze di sicurezza fino al vaccino anti coronavirus o a trattamenti più efficaci. Quale componente a tempo, per così dire, indeterminato rischia di innestarsi nella mente e nelle emozioni delle persone?
“C’è una componente che non possiamo prevedere. Non ci troviamo di fronte ad altri tipi di emergenze come un terremoto. Il distanziamento è qualcosa di nuovo. Ecco perché sono stati avviati tantissimi studi. Anch’io ricevo molti questionari da completare da parte di società scientifiche, statali, enti, al fine di esplorare i comportamenti delle persone e si stanno acquisendo una serie di dati. Bisogna infatti considerare che dopo una fase eroica in cui ci si sente tutti coinvolti e chiamati a dare un contributo segue una fase del malcontento. Quindi vissuti depressivi e più aggressivi, perché potrebbe manifestarsi una aspettativa delusa, un compenso mancato. Sarà un clima difficile da gestire. A livello sociale veniamo sollecitati ad essere sospettosi. L’altro non è piu quello da abbracciare ma quello da tenere lontano perché puo essere nocivo per la nostra salute. Dobbiamo assolutamente tenere a bada questo concetto, perché pensare di vedere l’altro come nemico è molto facile. Non dobbiamo perciò tenere comportamenti di diffidenza ma considerare l’altro inizialmente come un ‘non conosciuto’. Dobbiamo padroneggiare i sentimenti negativi e assumere un atteggiamento solo di prevenzione. In questo servirà una risposta collettiva e dovremo fare un gioco di squadra“.
C’è il rischio che si manifesti un aumento dei sentimenti di ansia nelle persone?
“Quando c’è un allarme, la paura, se in una misura limitata, ci è utile perché aumenta il nostro senso di responsabilità, dandoci la possibilità di difenderci attivando le misure per la messa in sicurezza personale. Lo stress non sempre è negativo ma ci rende più reattivi e sicuri. Quando la paura viene percepita come ansia questa efficienza viene meno, siamo meno produttivi, riflessivi e oggettivi, oltre che piu suggestionabili. Mostriamo maggiore accanimento nel sentire le notizie. Ogni cosa che percepiamo come allarmante ci fa scattare emotivamente e siamo meno funzionali sul piano dell’obiettività. Su questo piano i casi sono in aumento“.
Come stanno vivendo questa fase le persone già esposte da un punto di vista psicologico?
“Chi aveva già problemi al di fuori dell’emergenza coronavirus ha retto l’impatto ma ora la situazione si sta aggravando, relativamente agli stati di ansia e depressione. Una tendenza che riguarda sia la popolazione generale sia quella che aveva già precedenti problemi a livello psichico. Abbiamo riscontrato che circa il 20-30% dei nostri pazienti ha subito un aggravamento della sua condizione. Si tratta per lo più di pazienti con problemi di media gravità che erano abbastanza compensati ma ora questo compenso, per via dell’isolamento e del distanziamento, è venuto un po’ meno. E tenderemo a peggiorare. Una cosa importante va detta. Quando si ha la consapevolezza di non farcela da soli bisogna riconoscere i propri sentimenti negativi, riconoscere le paure, le incapacità, parlarne. E quando non si ha un interlocutore adatto bisogna considerare che ci sono tanti psicologi che si sono messi a disposizione in questo periodo anche in maniera gratuita. Non bisogna vergognarsi. Da noi telefonano persone che a volte vogliono solo essere ascoltate. L’Asrem ha attivato tramite i Centri di salute mentale un programma di intervento per la gestione dell’impatto psicologico da Covid-19 sulla popolazione generale e su quella a rischio“.
Cosa sente ulteriormente di consigliare a chi, per motivi differenti, potrebbe aver risentito e risentire nei prossimi mesi a livello psicologico l’effetto dell’isolamento, del distanziamento e di questa ripartenza piena di incertezze e conseguenze?
“Siamo nella fase meno allarmante dell’emergenza per quanto concerne il rischio di contagio ma è la più alta in termini di stanchezza per quanto riguarda l’aspetto psicologico. Siamo più provati. Potrebbe accadere che i vissuti depressivi possano aumentare. Il primo consiglio è quindi quello di ricorrere ad un professionista. In seconda battuta ritengo che dobbiamo sentirci piu partecipi nelle scelte nuove. Non tutto potrà tornare come prima e non tutto deve tornare come prima. Dovremo avere ad esempio una nuova coscienza ambientale. Abbiamo imparato lezioni da tenere molto a mente per il futuro. Sentirsi utili alla collettività è importante per stare bene e bisogna combattere con le nostre parti passive. La realtà non è uguale per tutti. Pensiamo alla casa in questo momento di isolamento. Possiamo simbolizzarla come un rifugio oppure come una prigione. Nel secondo caso ci sentiremo impotenti, nel primo caso potrebbe significare un ritorno di benessere, la possibilità di costruire cose, programmare il futuro, ripensare la nostra vita, ossia arricchirci in una esperienza limitante. Questi sono i migliori anticorpi contro vissuti depressivi“.
(foto in evidenza d’archivio)