Si riparte a piccoli passi. Un boccone alla volta, per dirla in termini gastronomici. E proprio il settore della ristorazione, fra le attività maggiormente colpite dall’emergenza coronavirus, da qualche settimana ha provato a “riaccendere i fornelli” seppure per il solo servizio di delivery, ossia la consegna a domicilio, in attesa del 4 maggio, quando – come annunciato dal premier Conte – la clientela potrà recarsi davanti a ristoranti e pizzerie per beneficiare del servizio d’asporto, col successivo consumo del pasto presso il proprio domicilio o il posto di lavoro. La concessione del Governo, nel periodo di saracinesche abbassatte, non è stata sfruttata da tutti e non tutti sono ripartiti nello stesso giorno. E’ il caso ad esempio di Delicious, uno dei principali punti di ristoro di Campobasso, che solo questa mattina ha iniziato il servizio a domicilio, scaldando i muscoli per la fase successiva.
I gestori Roberto e Antonella, come tantissimi professionisti e imprenditori, sono preoccupati in questa prospettiva fatta di incertezze ed entrate al ribasso, in cui neanche i costi rischiano di essere coperti. Ma per loro, abituati all’asporto, attività che portavano avanti anche prima della chiusura forzata, il 4 maggio potrebbe rappresentare un fondamentale step per riprendere parzialmente la routine. Un modo per deliziare, con i variegati piatti della loro cucina, i palati di tanti campobassani costretti tavolta ad accontentarsi, per così dire, di uno spaghettino al sugo senza grandi pretese. “Ripartiamo da qui, pieni di speranze – commentano. – Siamo all’inizio e non possiamo ancora fare delle stime, ma le telefonate stanno arrivando e ci auguriamo che costituiscano un buon auspicio per i prossimi giorni“. Maggio sarà un mese di transizione e di verifica. La situazione sarà come quella di altre attività già aperte, con file davanti all’ingresso e distanziamento sociale. Probabilmente da giugno ci sarà la possibilità del servizio ai tavoli, ma per quanto concerne le disposizioni è ancora tutto fermo alle ipotesi.
“Abbiamo già predisposto tavoli e sedie in modo che ogni cliente sia distante almeno un metro e mezzo circa l’uno dall’altro – ci mostrano Roberto e Antonella, simulando un pasto fra conoscenti. – Una misura che avevamo adottato prima delle chiusure ordinate dal Governo, dovendo in alcuni casi ammonire persone che, in quel periodo, ancora non entravano nell’ottica dell’emergenza e del distanziamento sociale. Di fatto si perde oltre la metà dei posti“. Ma il timore è che possano subentrare misure ancora più stringenti. Come quella del plexiglass fra un tavolo e l’altro. Ipotesi che i gestori di Delicious scongiurano e molti ristoratori hanno respinto a costo di restare chiusi. “Sedersi al tavolo di un ristorante, oltre che soddisfare un bisogno, spesso è anche un piacere da condividere con altre persone. Va bene le distanze per ora, ma farle sembrare una prigione appare eccessivo“.