Margherita è stremata in un letto di Ostetricia del Cardarelli. Lo si sente dalla voce quando la contattiamo al telefono per farle gli auguri e chiederle come sta. La sua bimba le ha fatto uno scherzetto. E’ arrivata a pesare 4,2 chili prima di decidere di lasciare il grembo e affacciarsi al Mondo. Mamma e papà l’hanno chiamata Ariel, come la Sirenetta principessa della Walt Disney. “Sono stanca ma sto bene e sono felice“, afferma Margherita. E’ una studentessa campobassana di appena 20 anni che come tanti compagni e compagne del Liceo Pedagogico “Galanti” ha sostenuto l’esame di maturità nello strano clima del distanziamento sociale e delle ferree restrizioni dovuti alla pandemia di coronavirus. Ma il giorno dell’esame, per lei, è stato più particolare e movimentato rispetto agli altri ragazzi e di certo non lo dimenticherà mai. In poche ore si è ritovata catapultata dai banchi di scuola alla sala parto, osservata e sostenuta prima dagli occhi dei professori, poi da quelli di medici e infermieri. Sia i primi che i secondi hanno cercato di trasmetterle la tranquillità di chi è consapevole di avere di fronte una ragazza, vista un pò come una figlia, che tenta di celare il dolore e allo stesso tempo di comuncarle un pizzico di severità perché in entrambi i casi era chiamata a portare a termine un importante compito. Lo ammette lei stessa. “Ho dovuto nascondere i primi dolori altrimenti credo che mio padre, con responsabilità, mi avrebbe presa e portata in ospedale senza farmi sostenere l’esame“. La sua piccola odissea è iniziata la sera precedente. Prima l’apprensione che invade ogni studente quando deve presentarsi davanti alla commissione. “Ero agitatissima“, riconosce Margherita. La notte i primi dolori. “Avevo capito che il giorno dopo sarebbe stato quello giusto. Ma volevo provare a fare quell’esame“.
Così racconta la sua mattinata. “Mi sono svegliata alla 6 per ripetere a voce alta il mio elaborato che avrei dovuto discutere di lì a breve davanti ai professori. Mi sono presentata a scuola intorno alle 8.30, un’ora prima del mio turno. Ogni minuto era interminabile. Ho trovato il sostegno delle mie compagne. E a un certo punto ho immaginato che tutto si sarebbe incastrato alla perfezione o almeno ci speravo. Quando mi hanno chiamato mi sono seduta su quella sedia, al centro della stanza, cercando di concentrarmi solo su me stessa”. La situazione, ripercorre la giovane campobassana, era surreale. Era la prima volta che si tornava in classe con mascherine e distanze da rispettare. Non c’è contatto diretto col docente. Ed è un po’ come essere più scoperte, più vulnerabili, all’attenzione dei commissari dalla testa ai piedi. Anche la gravidanza per quanto ormai nota non ha il suo orizzonte sotto il quale starsene per conto suo. Il disagio è maggiore. Ma poi si scioglie appena si inizia a colloquiare. Arrivano i colpetti. “Pecepivo i dolori ma cercavo di non mostrarli alla commissione. Mi sarebbe bastato un quarto d’ora, mi dicevano. Se non ce l’avessi fatta sarei potuta andare via. Invece sono riuscita a sostenere l’esame per un’intera ora. Sono contenta. Spero sia andata bene. I prof mi hanno fatto in bocca al lupo“. Poi cosa è successo? “Neanche il tempo di festeggiare con le amiche, fuori l’edificio, dove mi aspettavano, e scrollarmi di dosso la tensione che sono stata accompagnata di corsa in ospedale. Ormai le contrazioni erano forti e Ariel non ce la faceva più a restare nel mio pancione. Quando sono stata ricoverata ero in pieno travaglio e il parto era imminente“. Ariel è poi arrivata intorno alle 22. Una gioia indescrivibile, la seconda nella vita di Margherita, al termine di una intensa e dolorosa giornata. Pochi i familiari presenti al lieto evento per via delle restrizioni anti Covid ma il personale del Cardarelli ha mostrato dal primo momento grande umanità e professionalità, non facendole mancare nulla. “Sono stati molti apprensivi nei miei confronti e mi sono sentita apprezzata e coccolata visto che sono la mamma più giovane presente in reparto“. L’amore della famiglia e del fidanzato, che le sono stati vicini in ogni secondo, ha costituito il principale pilastro di questa giornata. “L’unica cosa che mi dispiace – aggiunge Margherita prima di concedersi un po’ di riposo – è quella di non aver potuto condividere questo evento con i miei amici. Ma li sto sentendo tutti via telefono e mi stanno trasmettendo il loro affetto. Un giorno, nelle prossime settimane, faremo un pranzo con professori e compagni di scuola e farò conoscere a tutti la mia bambina“.