Velcro è una azienda che produce un metodo di chiusura inventato da Georges de Mestral nel 1941. Il relativo brevetto risale al 1955.
L’idea gli venne di ritorno da un passeggiata in campagna[1]. Arrivato a casa si accorse di avere dei minuscoli fiori rossi (fiori di bardana) attaccati alla giacca. Colto dalla curiosità, li analizzò al microscopio e scoprì che erano fiori che sul calice avevano degli uncini, che permettevano la loro diffusione incastrandosi ovunque, anche nelle anse formate dai peli del tessuto della giacca.
La parola “Velcro” è un nome commerciale ed è un acronimo che deve la sua origine alle iniziali di VELours (velluto) e CROchet (gancio).
Il velcro, prodotto in nylon, è costituito da due parti differenti:
una striscia di tessuto peloso, chiamata asola (loop) simile ad un velluto non tagliato o ad una spugna, con un fondo rigido da cui spuntano gli anelli del pelo.
una striscia di tessuto con uncini, chiamata uncino (hook) dal fondo rigido spuntano dei piccoli uncini flessibili in materiale duro.
Le due strisce vengono cucite o incollate sui due lati da chiudere e quando vengono messe a contatto la parte con uncini si aggancia saldamente alla parte pelosa; per riaprire bisogna applicare una certa forza per staccare le strisce l’una dall’altra così che gli anelli rimasti agganciati, si aprano staccandosi.
Quando la parte a uncini si “sporca”, raccogliendo pelucchi e fibre, il velcro perde aderenza e bisogna rimuovere queste impurità perché torni alle capacità adesive iniziali.
Le caratteristiche del velcro fanno sì che possa aprirsi facilmente ma, al tempo stesso, rimanere ben chiuso quando è necessario.
Un quadrato di 12 cm di lato può resistere a 1 tonnellata di peso.
È da tenere presente che la durata dell’agganciamento con buona capacità di tenuta tra le due componenti è limitata ad un numero variabile di applicazioni, di norma 200-300, più si utilizza e più decresce la forza del legame tra le due parti.
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