Molise Tabloid porta avanti l’angolo dedicato alle abitudini connesse ad un corretto stile di vita, riguardante in particolare l’alimentazione, attraverso la parola di un’esperta. La dottoressa Cinzia Baranello affronterà di volta in volta le problematiche riscontrate nella nostra società, anche grazie all’esperienza sul campo, e fornirà utili consigli per migliorare la qualità della propria vita. Potrete inviarci richieste particolari e segnalazioni alla mail molisetabloid@gmail.com. Potrete inoltre contattare direttamente la dottoressa Baranello al numero 328.0329148. In questo contributo, la nutrizionista si soffermerà su un argomento che riguarda tutti, giovani e meno giovani, ossia l’importanza di una sana attività fisica legata ad una corretta alimentazione.
“Tutti lo sanno: svolgere quotidianamente attività fisica fa bene alla salute. E con il termine “salute” non si intende semplicemente l’assenza di malattia, ma uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale. Per raggiungere tale stato, l’attività fisica da sola non basta: è necessaria la dieta. Nel corso dei decenni, la parola “dieta” ha assunto un’accezione negativa a causa del sacrificio imposto da alcuni regimi alimentari restrittivi; in realtà, secondo l’origine greca del termine, essa non riguarda solo l’assunzione di cibo e bevande ma lo stile di vita generale, cioè l’attività fisica, il riposo, le abitudini voluttuarie come alcol e fumo, la meditazione, il modo di affrontare la vita, lo stress, i rapporti interpersonali… Tutti questi fattori sono in grado di influenzare profondamente la nostra salute. Secondo una visione “fatalistica” della biologia, tutto è determinato geneticamente. Esiste, invece, una distinzione tra ciò che è scritto nei nostri geni (genetica) e come viene letto (epigenetica). La differenza sostanziale sta nel fatto che mentre i difetti genetici (mutazioni) a carico del DNA sono irreversibili, cioè non possono essere corretti, il modo in cui il DNA è assemblato o impacchettato e di conseguenza “letto”, invece, è reversibile, cioè può essere modificato da fattori esterni. È come se sul DNA ci fossero degli “interruttori” che accendono e spengono i nostri geni e siamo noi ad azionarli attraverso le nostre abitudini, come il fumo di sigaretta, l’alimentazione, l’attività fisica e l’abuso di alcol. Questi meccanismi, detti appunto epigenetici, hanno un’influenza molto più profonda sul rischio di patologie rispetto alla genetica, che è responsabile solo per il 10%.
L’attività fisica è importante non solo per controllare il peso corporeo e migliorare la sensibilità insulinica in caso di insulino-resistenza (tipica di patologie metaboliche quali il diabete di tipo II e la sindrome metabolica) ma anche per evitare che i muscoli vadano incontro a ipotrofia (pensiamo agli astronauti che non hanno la forza di gravità per sostenere il proprio corpo e sono costretti a fare ore e ore di attività fisica legati al pavimento per evitare che i loro muscoli deperiscano rapidamente). Per valutare lo stato di nutrizione e quindi di salute è opportuno determinare, non tanto l’indice di massa corporea (BMI), quanto piuttosto la composizione corporea, ossia il rapporto massa magra/massa grassa. Il vero dimagrimento, quindi, non è dato dalla perdita di peso in assoluto ma dal miglioramento di questo rapporto a favore della massa magra.
Per aumentare la massa magra occorre aumentare il dispendio energetico totale, ossia il consumo totale di energia da parte dell’individuo nell’arco dell’intera giornata; esso è dato dalla somma del metabolismo basale, dell’attività fisica e della termogenesi indotta dalla dieta (TID). Il metabolismo basale (MB) contribuisce per il 60-75% ed è considerato come la quantità di energia prodotta da un individuo sveglio, rilassato, in posizione supina, a riposo e a digiuno da 12 ore, a temperatura ambiente neutrale; tale energia è spesa per il lavoro interno necessario al mantenimento dei tessuti e dipende per la maggior parte da peso, età, sesso e attività della massa magra, e in parte anche da fattori genetici, temperatura corporea e ambientale, dieta, stress, attivazione del sistema nervoso centrale (SNC), fumo, gravidanza, allattamento, accrescimento. Il MB rallenta con l’età ed è più basso nelle donne, mentre aumenta con l’aumento della massa metabolicamente attiva (muscoli). La TID è l’energia prodotta in condizioni di riposo quando mangiamo; contribuisce per circa il 15% e comprende quella obbligatoria, spesa per la digestione, l’assorbimento, il trasporto, la trasformazione e l’immagazzinamento dei nutrienti (5% per i grassi, 5-10% per i carboidrati, 10-30% per le proteine), e quella facoltativa, prodotta dall’attivazione del SNC e legata alla quantità degli alimenti assunti. L’attività fisica contribuisce per il 15-30%, tenendo conto in primis delle attività quotidiane e di quelle lavorative (un cameriere che cammina continuamente avanti e indietro portando piatti e vassoi brucia di più di un impiegato d’ufficio così come una donna che fa le pulizie tutti i giorni rispetto ad una che le fa una volta alla settimana) e poi del tipo e dell’intensità dello sport praticato.
Le attività sportive, così come quelle quotidiane, non sono tutte uguali: pallavolo, ginnastica, aerobica, golf determinano un consumo di 3-7 kcal/Kg/h (chilocalorie per Kg di peso corporeo per ora) contro le 10-12 kcal/kg/h di corsa, spinning, sci di fondo e squash. Esistono tabelle di riferimento in cui le attività sono classificate in base al dispendio energetico (DE) come leggere, moderate e pesanti. Per le discipline sportive spesso si trova come unità di misura il MET, unità metabolico-equivalente, che tiene conto dell’ossigeno consumato nell’unità di tempo e corrisponde circa a 1 kcal/Kg p.c.
Non sempre la percezione soggettiva del livello di attività fisica praticata corrisponde a quella effettivamente svolta. A tal proposito occorre precisare la differenza tra attività fisica, esercizio fisico, sport e allenamento. L’attività fisica è tutto ciò che implica un movimento e quindi un lavoro muscolare e un dispendio energetico; l’esercizio fisico è una sequenza di movimenti pianificata e strutturata; lo sport può essere definito come un tipo di attività fisica, praticata individualmente o come parte di una squadra, con un obiettivo ben definito, i cui partecipanti aderiscono a un insieme comune di regole o aspettative, e che prevede un allenamento, ossia una sequenza di esercizi organizzata in un certo periodo di tempo, finalizzata al mantenimento di uno stato di salute ottimale e al miglioramento delle prestazioni.
L’elemento che contraddistingue la definizione di allenamento è il TEMPO. Per migliorare la forma fisica e la prestazione sportiva, infatti, il programma di allenamento deve essere pianificato con tempi e mezzi adeguati all’individuo, al tipo di disciplina e agli obiettivi prefissati. Tale programma deve essere applicato in maniera costante nel tempo, verificandone di volta in volta l’efficacia e i metodi.
Secondo l’American Dietetic Association e l’American College of Sports Medicine, l’attività fisica, la prestazione sportiva e la fase di recupero dopo l’esercizio sono favorite da un’alimentazione ottimale, selezionando gli alimenti e le bevande in maniera appropriata, distribuendo adeguatamente gli apporti nell’arco della giornata e valutando attentamente l’eventuale scelta di integratori. A differenza del passato, in cui si usava prescrivere regimi nutrizionali assurdi in occasione di una gara, oggi, fortunatamente, si tende a promuovere un’adeguata e corretta alimentazione dell’atleta durante tutta la stagione sportiva, per garantire uno stato di buona salute fisica e psichica, indispensabile per il raggiungimento della migliore prestazione sportiva. Tale benessere psico-fisico permette all’atleta di sopportare gli elevati carichi di allenamento e di favorire gli adattamenti metabolici e funzionali dei vari organi e apparati, al fine di raggiungere risultati tecnici di eccellenza.
Naturalmente occorre un criterio: la personalizzazione. Non tutti possono fare tutti i tipi di sport, non tutti possono sopportare lo stesso tipo di allenamento. La stessa cosa vale per l’alimentazione. Anche la dieta deve essere personalizzata, non può essere uguale per tutti. Bisogna tenere conto degli aspetti clinici, antropometrici, metabolici e nutrizionali, senza trascurare gli aspetti psicologici e socio-culturali, a maggior ragione per uno sportivo che deve affrontare lo stress di una competizione. Nel suo caso, il fabbisogno energetico sarà maggiore e ci sarà una dieta da applicare in fase di allenamento (per tutti i giorni) e una adattata all’evento/gara, considerando il “prima”, il “durante” e il “dopo”. Quindi, sia per l’allenamento che per la dieta, soluzioni facili e veloci e programmi fai-da-te non rappresentano una scelta sensata.
Purtroppo siamo bombardati da una miriade di informazioni prive di sufficienti prove scientifiche da parte di non professionisti, che promuovono diete innovative, spesso a base di integratori che, a detta delle case produttrici, ridurrebbero il tempo necessario per ottenere i risultati desiderati: niente di più sbagliato, diseducativo e pericoloso per la salute. Tali soluzioni, infatti, non sono sostenibili a lungo e non danno risultati duraturi. Le sostanze pubblicizzate come dimagranti fanno in realtà perdere peso ma non grasso: spesso quello che si perde è la massa magra, che è più pesante del grasso perché più densa (ecco perché si perde peso ma non si dimagrisce!!). Non esistono neanche cibi o sostanze “miracolose” in grado di migliorare le prestazioni sportive velocemente ma tutto dipende dalle proprie abitudini alimentari e in generale dal proprio stile di vita. Tutto quello di cui abbiamo bisogno è contenuto negli alimenti. Gli integratori non possono sostituire gli alimenti, lo dice la parola stessa, né possono sopperire a un’alimentazione inadeguata, a uno stile di vita errato, a un allenamento sbagliato. È pure vero che, per motivi legati al sistema di coltivazione, all’eccessiva raffinazione, ai metodi di conservazione e di cottura, all’inquinamento, ai ritmi di vita frenetici e allo stress, la nostra dieta si è impoverita di importanti nutrienti (vitamine, oligoelementi, amminoacidi essenziali), l’assenza dei quali, alla lunga, può portare a stati carenziali anche in soggetti non praticanti discipline sportive. In generale, è meglio puntare su un’alimentazione naturale e completa che non solo risulti sufficiente per il proprio fabbisogno energetico ma favorisca anche l’assimilazione di tutte le sostanze necessarie, ossia la biodisponibilità, in quanto l’azione biologica di molti nutrienti necessita di altre componenti nutrizionali che solo gli alimenti sono in grado di fornire adeguatamente e contemporaneamente. Solo in particolari e rari casi, cioè quando l’intervento nutrizionale non risulti sufficiente, come in alcune discipline in cui gli apporti calorici giornalieri devono essere molto contenuti, è opportuno ricorrere all’integrazione, sempre in maniera personalizzata ed evitando mega-dosi di singole molecole che rischiano da un lato di essere in eccesso rispetto al reale bisogno e di affaticare i sistemi di smaltimento, dall’altro di interferire con l’assorbimento dei nutrienti; quindi meglio prodotti multivitaminici e minerali.
Tutto ciò che riguarda gli integratori è regolamentato dalla Direttiva 2002/46/CE, attuata con il decreto legislativo 21 maggio 2004, n. 169, e le Linee Guida si trovano sul sito del Ministero della Salute (www.salute.gov.it > portale > temi > menu = integratori). Un altro sito utile è quello dell’EFSA (European Food Safety Authority), agenzia europea che si occupa della tutela della sicurezza alimentare https://www.efsa.europa.eu/it/topics/topic/food-supplements
Per chi pratica sport, sia a livello amatoriale che agonistico, la dieta ha un ruolo fondamentale perché le abitudini alimentari sono in grado di influenzare in maniera significativa le capacità individuali di realizzare una determinata prestazione fisica e la stretta relazione tra alimentazione e prestazione è tanto più evidente quanto maggiore è l’impegno muscolare.
Secondo la definizione dei LARN (Livelli di Assunzione di Riferimento dei Nutrienti e di energia per la popolazione italiana), il fabbisogno energetico corrisponde all’apporto di energia di origine alimentare necessario a compensare il dispendio energetico di individui che mantengano un livello di attività fisica sufficiente per partecipare attivamente alla vita sociale ed economica e che abbiano dimensioni e composizione corporee compatibili con un buono stato di salute a lungo termine. Quindi le kcal che introduciamo quotidianamente attraverso i nutrienti energetici contenuti nei vari alimenti dovrebbero essere tanto maggiori quante più ore dedichiamo al movimento e alla pratica sportiva e quanto più intenso è lo sforzo impiegato in queste attività. Se quindi per qualche motivo siamo costretti ad interrompere l’attività sportiva (es. infortunio) automaticamente dovremmo mangiare di meno perché il nostro fabbisogno energetico sarà minore.
Questo però non va fatto in maniera arbitraria ma rispettando alcuni principi fondamentali: varietà nella scelta degli alimenti, adeguatezza nell’apporto di nutrienti ed energia, proporzionalità nella ripartizione dei nutrienti, distribuzione corretta delle razioni alimentari nell’arco della giornata.
Spesso siamo abituati a fare 2 grandi errori: 1) identifichiamo gli alimenti in base al nutriente maggiormente rappresentato diventando estremamente selettivi in base alle nostre esigenze e ai nostri obiettivi, a discapito dei principi sopracitati; 2) consideriamo soltanto l’apporto energetico (cioè le calorie) e non il quadro nutrizionale completo di un alimento. Ciascun alimento, invece, contiene una combinazione, in varie proporzioni, di macronutrienti e micronutrienti; inoltre, possono essere presenti altre sostanze d’interesse nutrizionale, come i composti fitochimici, e anche fattori anti-nutrizionali (inibitori enzimatici, composti chelanti, antivitamine, fitoestrogeni,…) o addirittura composti tossici. Per questo è importante variare il più possibile la scelta dei cibi e non mangiare sempre le stesse cose.
A determinare la qualità di un alimento non è il suo contenuto assoluto in nutrienti ma la biodisponibilità ossia la percentuale di nutriente assorbita e successivamente utilizzata dall’organismo. Essa è influenzata da diversi fattori, intrinseci all’organismo (età, sesso, stato fisiologico, stato di nutrizione, stato di salute, assetto ormonale, composizione della microflora batterica intestinale, stato delle riserve endogene) ed estrinseci (la struttura chimica del nutriente, la matrice alimentare nella quale è contenuto, la composizione del pasto, la pulizia, la preparazione e la cottura del cibo, i processi di lavorazione e di trasformazione…). Come già detto, ogni alimento può contenere sostanze che favoriscono o che inibiscono l’assorbimento dei nutrienti, per questo sono importanti, ad esempio, la masticazione (che favorisce l’azione degli enzimi digestivi) e la cottura (che inattiva le sostanze inibenti ma anche alcune vitamine termosensibili).
A differenza dei carboidrati e dei grassi, per le proteine non esiste un vero e proprio deposito di riserva ma esse vanno incontro a turnover, ossia un processo continuo di degradazione e sintesi per il quale possiamo immaginare un flusso continuo di amminoacidi (i costituenti delle proteine) in entrata e in uscita; quelli in entrata derivano dalle proteine della dieta e dalla degradazione delle proteine corporee mentre quelli in uscita dagli amminoacidi indirizzati al catabolismo e alla produzione finale di urea e da quelli destinati alla sintesi delle proteine corporee; il bilancio può essere spostato verso la sintesi (es. crescita, aumento massa muscolare, recupero dopo malattia, gestazione), verso il catabolismo (perdita di massa proteica) o in pareggio.
Un elemento il cui apporto è fondamentale, soprattutto per gli sportivi, ma anche per la popolazione generale è l’acqua. L’acqua è alla base di tutte le reazioni biochimiche che avvengono nel nostro organismo ed è il miglior integratore di sali minerali. Dal punto di vista termodinamico, il nostro organismo è una macchina imperfetta perché l’energia prodotta durante il lavoro muscolare viene dissipata sotto forma di calore e quindi provoca un innalzamento della temperatura corporea interna. Tale condizione innesca i meccanismi di termoregolazione, al fine di ridurre la temperatura corporea, tanto più se lo sforzo fisico è svolto in ambienti molto caldi e umidi o molto freddi. Il meccanismo più efficace è l’evaporazione del sudore, che comporta la dispersione (non il consumo!!) di energia sotto forma di calore, ma sudare in sé non implica un dispendio energetico (non fa dimagrire!!); solo l’acqua effettivamente evaporata fa ridurre la temperatura corporea. Al contrario, l’acqua che rimane intrappolata negli indumenti, che gocciola a terra o che viene rimossa con l’asciugamano non produce effetti favorevoli sulla termodispersione, anzi, piuttosto aggrava lo stato di disidratazione. È importante dunque idratarsi bene prima dell’allenamento, durante (sorseggiando in modo da non riempire velocemente la vescica) e dopo.
In conclusione, i principali obiettivi nutrizionali per uno sportivo/atleta sono: un sufficiente apporto di energia (bilancio energetico), un maggiore apporto di carboidrati (in quanto le riserve endogene non sono sufficienti), un maggiore apporto di acqua. Ulteriori obiettivi sono: un apporto adeguato di proteine (non maggiore!!), un apporto adeguato di minerali, un apporto adeguato di vitamine, un apporto adeguato di fibra.”