Sei colpi di d’arma da fuoco esplosi contro la vetrata dell’azienda, con conseguente danneggiamento e timore per l’incolumità personale, erano questi i fatti denunciati dal titolare a Carabinieri del Nucleo Operativo della Compagnia di Bojano, che la notte del 11 gennaio 2015 erano intervenuti a Guardiaregia, raccogliendo i bossoli di una calibro 7,65. A distanza di cinque giorni, sempre nell’arco notturno i Carabinieri intervengono nuovamente nella sede societaria, ove era in fiamme un trattore stradale modello STRALIS il cui danno ammontava a diverse migliaia di euro. L’attività investigativa, corroborata da intercettazioni telefoniche e pedinamenti satellitari, esperita minuziosamente dai Carabinieri del Nucleo Operativo della Compagnia di Bojano, era durata circa un anno ed era riuscita a fare pienamente luce sugli autori dei due attentati intimidatori messi in atto in pregiudizio dell’azienda di trasporti dell’area matesina. Il fascicolo penale era confluito poi in una attività più ampia perseguita dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Bari e condotta dai Carabinieri del ROS in collaborazione con il Comando Tutela Agroalimentare, denominata “Grande Carro”. L’attività ha visto la prima fase concludersi lo scorso 27 ottobre, con l’esecuzione di 48 misure cautelari, emesse dal Tribunale di Bari con un’ordinanza di oltre mille pagine che annovera una serie infinita di reati. In cella sono finiti mafiosi foggiani, funzionari regionali, ma anche professionisti ed intermediari di clan, con le accuse – a vario titolo – di riciclaggio, estorsione, illecita concorrenza con minaccia o violenza, sequestro di persona, sequestro di persona a scopo di estorsione, detenzione illegale di armi/esplosivi, truffe per il conseguimento di erogazioni pubbliche (anche con riferimento a quelle UE) ed altri delitti, tutti aggravati ex art. 416 bis 1 c.p., per aver agevolato le attività illecite di una organizzazione mafiosa. Tra gli arrestati, ci sono anche gli autori dell’estorsione (Art. 629 c. 1 e 2 in relazione all’art. 628 c. 3 n. 3 c.p.) commessa in danno dei titolari della società, i quali con più azioni criminose, li costringevano a versare indebitamente una somma di denaro pari ad iniziali euro 150mila, scesi poi a 50mila con un residuo di 26mila. Le minacce, estrinsecatesi con metodologia mafiosa negli atti del gennaio 2015, con particolare riferimento all’esplosione dei sei colpi di arma da fuoco ed all’incendio di mezzi. Cinque i destinatari di misura cautelare per quei fatti, tra i quali emerge la figura di A.G. – uno dei due esecutori materiali – 37enne di Orta Nova, già balzato agli onori della cronaca per aver ucciso la ex suocera e per essere evaso dal carcere di Foggia in occasione dei tumulti connessi al COVID-19, tratto poi in arresto a seguito della latitanza. Grande la soddisfazione dei militari del Nucleo Operativo della piccola Compagnia matesina, per aver contribuito con il loro prezioso impegno, a un ulteriore step sul percoso per la tutela della legalità. Anche Giuseppe Antoci, storico presidente del Parco dei Nebrodi e Presidente Onorario della Fondazione Nazionale Caponnetto, scampato a un attentato mafioso nel maggio 2016 a causa del suo impegno sul fronte dei Fondi Europei in mano alle mafie, conoscitore del territorio molisano, ha espresso pubblicamente il proprio plauso per la Procura Distrettuale di Bari e per i Carabinieri: “Grazie a loro oggi, ancora una volta, si è affermata la forza dello Stato”.
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