E’ il Giorno del ricordo, solennità civile nazionale celebrata ogni anno il 10 febbraio per ricordare i massacri delle foibe (grandi inghiottitoi e caverne verticali tipici della regione carsica e dell’Istria) e l’esodo giuliano dalmata. Istituita con la legge 30 marzo 2004 n. 92, vuole conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale. Per troppo tempo oscurata o comunque non doverosamente ricordata, questa pagina della storia apre oggi riflessioni anche in Molise, dove amministratori e rappresentanti istituzionali hanno voluto esprimere un messaggio alla cittadinanza.
Toma: “Pagina buia della storia per troppo tempo consegnata al silenzio. Crimini contro l’umanità non conoscono attenuanti”.
«In Europa, alla fine del secondo conflitto mondiale, il “diritto” dei vincitori sui vinti fu causa delle cosiddette pulizie etniche, che non coinvolsero solo coloro che avevano collaborato con nazisti e fascisti, ma anche la popolazione che nulla aveva avuto a che fare con i regimi e il cui unico torto era quello di appartenere alle nazionalità tedesca e italiana. Accadde nelle regioni orientali della Germania che, secondo i piani di Stalin, avrebbero dovuto essere annesse alla Polonia, ai Paesi baltici, ai Sudeti, all’Ucraina. Qui circa dieci milioni di tedeschi, insediati in questi territori da secoli, furono allontanati dopo che le loro proprietà erano state confiscate. Un esodo di massa verso la Germania dell’ovest. Analoga situazione si determinò in Istria e Dalmazia, due regioni dove viveva una comunità italiana insediatasi fin dai tempi della Repubblica di Venezia e dove dal 1941 l’occupazione italo-tedesca si era resa responsabile di episodi disumani e violenti. In questo caso non si trattò solo di un esodo. I partigiani comunisti del maresciallo Tito intrapresero un’azione militare per la conquista di quelle zone, ma infierirono con inaudita violenza sui civili italiani con palese violazione dei diritti umani. Alcuni riuscirono a fuggire, altri sfortunatamente non ce la fecero, finendo con l’essere uccisi e scaraventati nelle foibe, grosse caverne caratteristiche della regione carsica e dell’Istria. Le ricostruzione storica è necessaria per informare soprattutto le giovani generazioni, che spesso ignorano, non per colpa loro, la verità dei fatti. Per troppi anni i massacri delle foibe non sono stati ricordati con l’attenzione che meritano. Forse, per misera opportunità ideologica o per sottovalutazione dell’accaduto, questa pagina buia di storia è stata per molto tempo accantonata e consegnata ad un colpevole silenzio. Finanche nei testi scolastici, fino a una decina di anni fa, la questione non veniva trattata. Soltanto nel 2004, con la legge n. 92 del 30 marzo, è stato istituzionalizzato il “Giorno del ricordo” al fine di conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale. Ancora oggi, purtroppo, dopo settantacinque anni, c’è chi, strumentalmente e politicamente, tende a minimizzare quanto accaduto o a considerarlo un effetto collaterale della guerra, pur di non ammettere un’inconfutabile realtà. I crimini contro l’umanità, da qualsiasi parte provengano, sono riprovevoli e non includono attenuanti di sorta. Ecco perché in questo giorno dobbiamo riflettere, ricordare, condannare con fermezza, confrontarci con quanti tali eventi non li hanno vissuti, affinché siffatte nefandezze non abbiano più a ripetersi». L’intervento del presidente della Regione Molise, Donato Toma, in occasione del Giorno del ricordo, che si celebra il 10 febbraio.
In occasione della Giornata del Ricordo per le vittime delle Foibe, il Presidente del Consiglio regionale, Salvatore Micone, ha dichiarato:
“Un filo d’acciaio/taglia l’anima/che grida pietà,/sul ciglio/della morte….Mani e piedi/legati dall’odio/e poi/giù,/nel buio”. Questi versi di Marco Martinolli esprimono, come solo una poesia può fare, l’orrore, l’odio e la disumanità che si verificarono durante e subito dopo la seconda guerra mondiale nell’area giuliano dalmata. Si contano a migliaia, infatti, gli italiani che legati tra loro con filo spinato furono gettati (alcuni dei quali ancora vivi) nel buio delle foibe al fine di occultare agli occhi della storia la loro eliminazione fisica, avvenuta nell’ambito di una scellerata deitalianizzazione delle aree della Venezia Giulia, del Quarnaro e della Dalmazia, ad opera dei seguaci di Tito. Una pagina del vissuto italiano ed europeo del 20° secolo, resa ancor più dura e triste, se si pensa che per anni, come ha avuto modo di sottolineare il Presidente Mattarella, è stata strappata dal libro della nostra storia nazionale. Questo giorno impegna tutti, istituzioni, mondo della cultura e della politica, singoli cittadini, su vari fronti. Innanzitutto siamo richiamati al dovere del ricordo di fatti verificatisi ai danni di nostri connazionali indifesi, colpevoli solo di essere italiani come noi. Siamo poi chiamati ad approfondire il come e il perchè si generarono quelle atroci azioni su civili inermi, senza per questo indulgere, ovviamente, ad alcuna giustificazione a violenze, prevaricazioni e soprusi. In conseguenza, dunque, siamo chiamati ancora ad esprimere biasimo per quegli storici (non tutti per la verità) e quelle parti delle istituzioni e della politica (non tutte in realtà) che in un tempo non così lontano, hanno dato il loro contributo operativo e culturale a tenere nell’oblio questi accadimenti, negando per decenni ai sopravvissuti sia la consolazione del ricordo collettivo che il doveroso rigetto intellettuale di un odio nazionale e politico che con così tanta ferocia ha colpito nel cuore dell’Europa erudita del ‘900, indiscriminatamente, donne e uomini, anziani e bambini, operai e borghesi, lavoratori privati e pubblici. Tutte persone totalmente innocenti e senza responsabilità di fatti pregressi, che pure purtroppo trovarono compimento in quello stesso territorio precedentemente e nel corso del secondo conflitto mondiale. Come Consiglio regionale, con doveroso senso civico, onoriamo tutte le vittime di quella che fu una vera e propria mattanza, impegnandoci a non perdere mai il ricordo di quei fatti. Soprattutto, in relazione alle nostre diverse sensibilità, per onorare quelle donne e quegli uomini che furono infoibati e da quelle migliaia di connazionali che dovettero lasciare l’area giuliano dalmata come profughi perché perseguitati dai cosiddetti “titini”, a dare il nostro contributo politico e istituzionale per fortificare le basi culturali, valoriali e politiche della nostra civiltà affinché l’odio nazionale e ideologico non trovi spazio nella società e nel dibattito tra i cittadini e tra i partiti loro rappresentanti politici”.
Roberti: “Scuola e istituzioni hanno il dovere di ricordare”.
Siamo giunti a una nuova giornata di riflessione. Ricorre il 10 febbraio, infatti, il Giorno del Ricordo, che si celebra in Italia dal 2004. Una giornata per riflettere sulla tragedia delle Foibe, un’altra pagina nera della storia del XX secolo. Tantissime vittime, tra il 1945 e il 1945, ad opera dei partigiani comunisti di Tito, ma anche il ricordo del dramma degli esuli istriano-dalmati, costretti ad abbandonare le loro case dopo la cessione di Istria, Fiume e Zara alla Jugoslavia. “Le Foibe, così come la Shoah, che abbiamo celebrato lo scorso 27 gennaio, rappresentano una pagina di storia drammatica e su cui la riflessione non deve mai mancare”, il pensiero del presidente della Provincia di Campobasso, Francesco Roberti. “Dobbiamo ricordare a noi stessi e alle giovani generazioni come i nostri nonni abbiano vissuto in prima persona momenti di odio razziale e di emarginazione ingiusta – ha proseguito Roberti. – Si tratta di pagine che non occorre più rivivere e per far ciò occorre sempre tener vivo il ricordo della storia. L’analisi storiografica degli eventi passati serve per vivere un presente e un futuro migliori, correggendo gli errori del passato. Tener viva l’attenzione è compito delle istituzioni e del mondo scolastico”.
Il sindaco di Campobasso, Gravina: “Il Giorno del Ricordo è un atto di giustizia”.
“Il secondo conflitto mondiale ha prodotto drammi e tragedie che continuano, ancor oggi, a porre l’uomo dinanzi alla sua parte più oscura. In nome di ideologie e insulse convinzioni legate alla supremazia della razza, si sono consumati, in quegli anni, crimini che non potranno trovare alcuna giustificazione né oggi né mai e che con lucidità bisogna continuare a indicare, condannare e, soprattutto, ricordare. La sofferenza dei perseguitati, il dolore dei sopravvissuti, la fine senza alcuna pietà toccata in sorte alle vittime che uomini e regimi riservarono a intere popolazioni, non va nascosta agli occhi delle generazioni più giovani, non può finire in fondo ad un buco nero. La memoria e il ricordo non ingoiano ogni cosa, anzi, al contrario, sorreggono la voglia e il desiderio di ottenere giustizia in nome di chi non c’è più. Il Giorno del ricordo è un atto di giustizia che, solo dopo molti anni, è stato riconosciuto agli italiani d’Istria, Dalmazia e Venezia Giulia i quali, durante la Seconda Guerra Mondiale, furono vittime più che di una spietata e generalizzata rappresaglia, di una vera e propria pulizia etnica. Le Foibe, che oggi siamo chiamati a ricordare, furono, in quegli anni, l’ultima destinazione riservata ad una popolazione inerme. Alle profondità di questi grandi inghiottitoi della regione carsica e dell’Istria, sono stati affidati, per decenni e decenni, segreti e crimini rivolti contro il genere umano e chi ha provato ad evitare che la luce della verità e della storia ne illuminasse, invece, con chiarezza le responsabilità e le colpe, oggi deve arrendersi, ancora una volta, alla forza di chi da esule e da sopravvissuto, con la propria testimonianza personale, non si è arreso all’oblio, rivendicando con costante determinazione, il giusto ricordo da parte della nostra nazione e dell’intera umanità.”
Il sindaco di Isernia, D’Apollonio: “La vera insidia è l’indifferenza”.
“Il “Giorno del Ricordo” fu celebrato per la prima volta nel 2005, dopo che nel marzo dell’anno precedente il Parlamento italiano aveva approvato un’apposita legge, con l’obiettivo di conservare e rinnovare la memoria della tragedia di tutte le vittime delle foibe e dell’esodo degli istriani, fiumani, giuliani e dalmati nel secondo dopoguerra. Alla durissima occupazione nazi-fascista di quelle terre, dove un tempo convivevano popoli e culture diverse, seguì la violenza del comunismo titino, che scatenò su italiani inermi la rappresaglia, in un periodo compreso fra il 1943 e il 1945. Quegli accadimenti costituirono una vicenda angosciosa vissuta nelle zone del confine orientale italo-slavo, una tragedia provocata da una esiziale volontà di epurazione su base etnica e sciovinistica, il frutto drammatico della ideologia nazionalistica che ha caratterizzato molti decenni del Novecento, che è stato – non dimentichiamolo – il secolo delle due guerre mondiali. Un destino comune ha legato molti popoli dell’Est Europeo: quello di essere passati, pressoché direttamente, dalla oppressione nazista a quella comunista, e di sperimentare, sulla propria vita, tutto il repertorio disumanizzante dei grandi totalitarismi del Novecento, diversi nell’ideologia ma così simili nei metodi di persecuzione, controllo, repressione ed eliminazione dei dissidenti. Le stragi, le violenze, le sofferenze patite dagli esuli giuliani, fiumani, dalmati e istriani non possono essere dimenticate, sminuite o rimosse. Esse fanno parte della nostra storia e ne rappresentano un capitolo incancellabile, sono una ferita ancora aperta che ci ammonisce sui gravissimi rischi dell’avversione ideologica preconcetta e dell’odio etnico. Le foibe, con il loro carico di morte, di crudeltà e di violenza, restano il simbolo doloroso di un capitolo di avvenimenti ancora non completamente conosciuti, talvolta addirittura incompresi, e che raccontano momenti di profonda ostilità e brutalità, di sofferenza e di lutto. Quei drammatici accadimenti devono essere sempre presenti nella nostra memoria; ricordati e spiegati alle nuove generazioni, che vanno educate a non dimenticare, affinché le tragedie del passato non si ripetano in futuro. In tal senso, la vera insidia è l’indifferenza, il disinteresse, la noncuranza; una insidia che si nutre spesso della mancata conoscenza dei tristi eventi che ci insegnano come la discriminazione e la vendetta, a qualunque titolo esercitati, producono solo odio e violenza. Reiterare la memoria delle foibe e contribuire ad una loro lettura storica corretta e condivisa è il principio per una autentica riconciliazione che allontani per sempre ogni ipotesi di discriminazione criminale, è la base per ritrovarci, insieme, sotto la bandiera della libertà, una libertà che restituisca ad ogni individuo il diritto di essere diverso, per nascita o per scelta“.
L’eurodeputato Aldo Patriciello: “Europa unita spazza via crimini che abbiamo il dovere di ricordare”.
“Riannodare i fili della storia, ricordandone le pagine più drammatiche e dolorose, è un dovere civile e morale cui nessuno di noi può e deve sottrarsi. Il racconto dei tragici eventi che segnarono la sorte di tantissimi nostri concittadini tra il ’43 e il ’45 ha bisogno della giusta considerazione e di una doverosa attenzione: il Giorno del ricordo è una pagina che merita di essere letta per intero. È un nostro preciso dovere dare cittadinanza storica e ricordare degnamente l’orrenda sorte toccata ai tanti italiani in Istria, Dalmazia e Venezia Giulia all’indomani della firma dell’armistizio dell’8 settembre 1943 che furono vittime innocenti dapprima della follia nazionalista e poi di una cecità ideologica che ne ha soffocato per troppo tempo la memoria. Gli italiani che trovarono la morte nelle cavità carsiche sono il segno di una storia criminale che solo la grande avventura di un’Europa finalmente libera, democratica ed unita ha saputo cancellare. È una lezione che non dobbiamo mai dimenticare; un monito da tramandare alle generazioni presenti e future; un insegnamento per quanti credono nel valore della pace e della solidarietà tra i popoli. L’Europa che impara dai suoi errori è un’Europa pronta a superare qualsiasi difficoltà”.