Politica scandalosa, Calenda firma la sfiducia a Toma e dopo alcune ore diventa assessore. Uno schiaffo ai 400 morti per Covid

Sono bastate meno di dieci ore per veder compiuto l’ennesimo capolavoro dell’horror e del disgusto da parte della politica regionale locale. Poche ore entro le quali il presidente della giunta Donato Toma, ad un passo dal crollo, ha giocato l’asso nella manica, quello tenuto nascosto per tre anni e che ha tirato fuori in un lampo come il capobanda che conosce il suo pollo. Filomena Calenda, dopo aver firmato la mozione di sfiducia al governatore questa mattina, insieme all’opposizione e ai due consiglieri di maggioranza Iorio e Romagnuolo (11 potenziali voti che avrebbero mandato a casa il presidente), nel pomeriggio, poco prima delle 20, ha fatto un passo indietro dopo che Toma le ha messo sul piatto l’occasione rincorsa e mai centrata dal momento del suo ingresso a Palazzo d’Aimmo: un posto in giunta, accanto a quel signore che poche ore prima aveva ufficialmente sfiduciato.

Grazie, presidente, per aver riposto nella mia persona fiducia e nuove aspettative”, commenta Calenda, accettando l’incarico e ritirando la sua firma dalla mozione. La politica, quella brutta, marcia, che allontana i cittadini dalle istituzioni, ci ha abituato a tutto, eppure non finisce mai di stupire, toccando ancora una volta le basse note dello scandalo. Mentre fuori dal Palazzo comitati e associazioni gridavano la propria rabbia per la criticata gestione dell’emergenza, per la depauperata sanità pubblica che si presenta all’appuntamento con la pandemia in questo stato e per gli oltre 400 morti di Covid, la consigliera Calenda utilizzava la mozione di sfiducia non certo per fare da eco alle richieste dei molisani là fuori – che in serata ha avuto anche la sfacciataggine di nominare per condividere “questo momento importante” – ma probabilmente per giocarsi l’ultima chance per oltrepassare la barriera degli ‘emarginati’ dai posti che contano. E Toma non ha atteso nemmeno i 15 giorni utili prima della discussione della mozione. Ha silurato Michele Marone, assessore esterno (quindi senza effetti collaterali in Consiglio), e ha chiamato in squadra Filomena Calenda, la quota rosa che mancava nell’esecutivo.

Esponendola ad una umiliazione che forse neanche lei ha avuto il tempo di considerare, troppo ammaliata da questa promozione. Ha accettato la beffarda proposta di Toma, utile a salvargli la poltrona (per non utilizzare altri termini e non peccare di volgarità), nel momento peggiore in cui poteva farlo. Sfruttando uno dei mezzi peggiori. Senza neanche prendere il tempo per riflettere, insomma senza neanche farsi ‘desiderare’ dal suo corteggiatore che l’aveva sempre snobbata quando il capobanda doveva rimescolare le carte in giunta. La sua scelta ha pagato dazio agli occhi dei molisani a cui la Calenda ha chiesto: “statemi accanto”. Il popolo dei social in pochi minuti si è scatenato, condannando il mercimonio politico in atto. Parole durissime, scritte e gridate all’unisono, in varie forme e stili, che hanno messo una croce nera su questa legislatura e su questo modo di gestire la cosa pubblica. Non è stato il primo e forse non sarà l’ultimo episodio simile. Ogni popolo ha i suoi difetti, ma i molisani questa politica non la meritano.

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