Tutelare le donne affette da endometriosi, oltre 3 milioni in Italia, e rispettare la legge 194 del 1978 che disciplina il diritto delle donne di richiedere l’interruzione volontaria di gravidanza, per motivi di salute, economici, sociali e familiari. L’A.P.E. Associazione Progetto Endometriosi, formata da volontarie che in tutta Italia si impegnano per creare consapevolezza e fare informazione su questa malattia invalidante e difficile da diagnosticare, si rivolge con una lettera ufficiale alla consigliera di Parità della Regione Molise, Giuseppina Cennamo, per evidenziare una serie di carenze che toccano la sfera dei diritti alla salute e dei diritti delle donne, chiedendo di farsi portavoce per trovare urgentemente soluzioni. In primo luogo, la necessità di avviare una serie di monitoraggi per la tutela delle donne affette da endometriosi – malattia che ha origine dalla presenza anomala del tessuto che riveste la parete interna dell’utero, chiamato endometrio, in altri organi (ad esempio ovaie, tube, peritoneo, vagina e nei casi più gravi anche intestino e vescica) e può provocare dolori e sofferenze, – e garantire un piano diagnostico terapeutico per l’endometriosi, che preveda un’ adeguata attenzione anche rispetto alla legge 194. In Molise, infatti, come segnalato da diverse donne all’A.P.E. e denunciato con più mezzi dall’avvocato Matteo Fallica, nella sanità pubblica c’è solo un medico non obiettore di coscienza, il quale è prossimo alla pensione. I medici obiettori sono in Molise il 93% e il rischio è che la legge 194, per la quale molte persone si sono battute, sparisca completamente. Ginecologi assunti come non obiettori poi si dichiarano obiettori. «La gravità sociale è nelle stesse motivazioni che ha spinto movimenti negli anni ’70 a esigere la regolamentazione di quello che è un diritto civile: abbattere la clandestinità per tutte quelle donne che non potevano permettersi la clinica privata. E pare surreale che oggi vi sia un progressivo ritorno al passato, negli ultimi anni vi è un aumento dell’aborto clandestino», ha spiegato l’avvocato, che si è rivolto al Ministro della Salute e alla neo Commissaria alla sanità del Molise, Flori Degrassi. Pur comprendendo il difficile momento storico che vive la sanità italiana e molisana, l’A.P.E. dopo un’attenta indagine, chiede che vengano presi dalla Regione Molise provvedimenti urgenti, per: «fare un’analisi dei monitoraggi a livello regionale e locale delle misure nazionali per la tutela dell’endometriosi (nello specifico LEA, PNC e registro regionale); avviare un’analisi dei monitoraggi rispetto alla legge regionale concernente le “disposizioni per la tutela delle donne affette da endometriosi” approvata nel 2015 e ne renda pubblici i dati epidemiologici conformemente ai punti di tale decreto; riconoscere la medicina di genere come obiettivo strategico per la sanità pubblica della Regione Molise in attuazione del Piano Ministeriale per l’Applicazione e la Diffusione della Medicina di Genere, che rappresenta equità e appropriatezza dell’assistenza, nel pieno rispetto del diritto alla salute, in base all’articolo 32 della Costituzione». L’Associazione Progetto Endometriosi chiede inoltre che «la Regione garantisca un piano diagnostico terapeutico per l’endometriosi, adeguato per tutti i ginecologi operanti in Molise, nei consultori e nei medici di famiglia, e che tale piano preveda un’adeguata attenzione anche rispetto della legge 194». «Siamo tutti a favore della vita – spiega Annalisa Frassineti, presidente di A.P.E. – ma crediamo sia altrettanto corretto applicare adeguatamente una legge complessa, e fare in modo che una fase dolorosissima della vita di una donna sia quantomeno possibile come libera scelta, e affrontata nel rispetto psicologico della paziente, così come nell’assenza di personali ideologie da parte degli operatori sanitari». L’A.P.E. segnala inoltre che gli effetti del Covid19 sulle cure e l’assistenza alle pazienti che soffrono di endometriosi sono stati e sono tutt’ora considerevoli sotto molti aspetti. Un quarto delle intervistate nell’ambito di un’accurata ricerca condotta dall’associazione per analizzare gli effetti della pandemia sulle cure per le donne che soffrono di questa malattia ha riscontrato difficoltà nel ricevere assistenza. Molte pazienti per curarsi nei tempi brevi necessari, viste le lungaggini delle liste d’attesa e gli annullamenti delle visite con il sistema sanitario nazionale, hanno dovuto rivolgersi a medici privati, aggiungendo ulteriori costi a quelli per la mancata esenzione dai medicinali, terapie e altre prestazioni multidisciplinari. Un quadro ulteriormente aggravato dal drammatico calo dell’occupazione femminile in Italia. L’A.P.E., presente da oltre 15 anni sul territorio nazionale e attraverso durature collaborazioni a fianco del personale sanitario e delle istituzioni, offre il suo pieno sostegno alla struttura sanitaria molisana per trovare misure necessarie a garantire un approccio equo e sensibile alla salute.
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