Abbattere gli stereotipi culturali e partire dalle scuole. E’ il monito lanciato nell’ambito dell’incontro tenutosi questa mattina nell’Aula Magna dell’Unimol dal titolo “Mai più sole” e promosso da Ateneo, Regione e Asrem. Mai più sole sono appunto le donne vittime di violenza, spesso da parte di mariti, compagni, ex fidanzati, ossia uomini con cui convivono o hanno convissuto. Il percorso intrapreso in Molise da alcuni anni mira proprio a garantire sempre più tutele alle vittime, che devono fare i conti con la paura di denunciare per possibili ripercussioni – su se stesse e su eventuali figli – ma anche con le proprie resistenze psicologiche dovute a sensi di colpa e vergogna.
Aspetti che i professionisti del territorio, dai Consultori ai neo nati Centri Anti Violenza, dalle istituzioni alle forze dell’ordine, hanno cercato di comprendere e arginare tramite strumenti sempre più efficaci. Il supporto morale, emotivo, psicologico è fondamentale per affrontare il problema e la fase successiva alla denuncia, così come un posto dove andare. “Prima del 2015 dovevamo fare affidamento per lo più a strutture religiose come la Caritas – ha affermato Pina Pasquale, assistente sociale presso il Consultorio Familiare Asrem, che ha esposto un confronto con i numeri del passato. – Oggi grazie ai Centri Antiviolenza si può superare la questione logistica”.
Sono i maltrattamenti e le violenze domestiche gli episodi più frequenti che si registrano e spesso rimangono nascosti per anni, forse per sempre. La pandemia, con l’aggravarsi delle condizioni economiche di molte famiglie, ha aumentato l’esposizione di donne e figli a comportamenti deprecabili di padri e mariti violenti. Bisogna quindi continuare a lavorare per spingere le vittime di violenze di ogni tipo a segnalare la loro situazione, per garantire loro tutela e supporto, per abbattere resistenze culturali sbagliate che possono insinuarsi in uomini e donne sin da ragazzi.
Perché si è scelto il 25 novembre per questa ricorrenza. De Lisi e Quici: “Potenziare rete anti-violenza”.
Il 25 novembre si celebra in tutto il mondo la Giornata Mondiale contro la violenza sulle donne. Per scoprire da dove ha origine questa ricorrenza si deve tornare indietro al 1960. Il 25 novembre di quell’anno, infatti, tre sorelle furono uccise dagli agenti del dittatore Rafael Leonidas Trujillo, a Santo Domingo, nella Repubblica Dominicana. Dopo essere state fermate per strada mentre si recavano in carcere a far visita ai mariti, furono picchiate con dei bastoni e gettate in un burrone dai loro carnefici, che cercarono di far passare quella brutale violenza per un incidente. All’opinione pubblica fu subito chiaro che le tre donne erano state assassinate. Patria, Minerva e María Teresa Mirabal — questi i loro nomi — erano, infatti, conosciute come attiviste del gruppo clandestino Movimento 14 giugno, inviso al governo. A causa della loro militanza, nel gennaio del 1960, furono anche arrestate e incarcerate per alcuni mesi.
Le tre sorelle sono passate alla storia anche con il nome di Las Mariposas (le farfalle), per il coraggio dimostrato nell’opporsi alla dittatura, lottando in prima persona per i diritti delle donne. Il 3 agosto 1960, in seguito alle pressioni dell’opinione pubblica e alle accuse di «violazione dei diritti umani» formulate dall’Organizzazione degli Stati Americani contro il regime, il presidente Héctor Bienvenido rassegnò le dimissioni a favore del vicepresidente Joaquín Balaguer, mentre Trujillo venne assassinato il 30 maggio 1961. Il 25 novembre del 1981 avvenne il primo «Incontro Internazionale Femminista delle donne latinoamericane e caraibiche» e da quel momento il 25 novembre è stato riconosciuto come data simbolo. Nel 1999 è stato istituzionalizzato anche dall’Onu con la risoluzione 54/134 del 17 dicembre, come ricorda questo approfondimento della Bbc.
Un ulteriore passo in avanti è stato fatto con il riconoscimento della violenza sulle donne come fenomeno sociale da combattere, grazie alla Dichiarazione di Vienna del 1993. Una giornata che serve per ricordare che ogni giorno, in Italia, ci sono 89 donne vittime di violenza di genere. Nel 2021 sono stati 109 i femminicidi, il 40% di tutti gli omicidi commessi. Di questi, 93 sono avvenuti in ambito familiare-affettivo e, in particolare, 63 per mano del partner o dell’ex partner. Questi i dati allarmanti diffusi in occasione del 25 novembre, Giornata mondiale contro la violenza sulle donne. Secondo i numeri che emergono dal report sugli omicidi volontari aggiornato settimanalmente dal servizio analisi della Polizia Criminale, con un focus sulle vittime di genere femminile, pubblicato sul sito del Viminale, nel 62% dei casi si tratta di maltrattamenti in famiglia, commessi soprattutto da mariti e compagni (il 34% dei casi) oppure dagli ex (il 28% dei casi).
Nel 72% dei casi di femminicidio l’autore è il marito o l’ex marito: in un caso su due è stata usata un’arma da taglio. Dati che in percentuale mostrano un aumento consistente delle vittime di genere femminile (+8%) rispetto allo stesso periodo del 2020. In crescita anche tutti i delitti commessi in ambito familiare-affettivo che passano da 130 a 136 (+5%). Anche in questo caso è significativo l’aumento delle vittime donne (+7%), e tra queste quelle uccise per mano del partner o dell’ex partner (+7%). “Serve un sostegno concreto, un potenziamento della rete antiviolenza a livello nazionale, ma soprattutto a livello locale”, affermano Benedetta De Lisi e Luisangela Quici, componenti della Commissione per la Parità e le Pari Opportunità della Regione Molise.
“È necessario sviluppare una cultura alla parità di genere sensibilizzazione non solo le donne ma anche gli uomini all’importanza che ha il gesto della denuncia di una violenza, della denuncia di un sopruso. Tutto ciò può avvenire solo se questo cambiamento si fa insieme andando tutti in una stessa direzione. È fondamentale far sì che mai più accada che “ce ne sia una di meno”.
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