Nello scorso mese di luglio il colosso Stellantis ha annunciato la strutturazione di una gigafactory a Termoli per la produzione di batterie e componenti varie. Il progetto che dovrebbe riguardare lo stabilimento molisano si inserisce in quello globale che comprende cinque gigafactory in Europa e in Nord America e l’allocazione del terzo sito europeo in Italia, dopo quelli in Francia e Germania. Il gruppo guidato da Tavares, ha confermato, in più di un’occasione, l’impegno di Stellantis in Molise e ha ribadito la volontà dell’azienda di continuare ad investire sul suo sistema produttivo coerentemente al percorso che deve condurre verso processi di transizione energetica. “A prescindere da improbabili e diversi attori politici locali che, a vario titolo, si sono intitolati il merito di una scelta che ha radici riconducibili a strategie industriali e di mercato”, commenta Paolo De Socio e Franco Spina della Cgil Molise e Abruzzo, “ad oggi, trascorsi sei mesi dall’annuncio, non si trova traccia del piano industriale che doveva essere divulgato e comunicato “con un approccio graduale” entro il 31 dicembre 2021. Confidiamo che gli approfondimenti relativi al progetto siano utili anche ad elaborare una proposta congrua riferita ai livelli occupazionali coinvolti e contempli anche adeguati processi di formazione e riqualificazione che puntino alla qualità e quantità del lavoro che si svilupperà nell’intero indotto. Con queste premesse è chiaro che sarebbe auspicabile maggiore dinamismo da parte degli attori istituzionali e partenariali – non solo locali – per provare a diventare parte attiva del processo in atto programmando in anticipo il futuro di un territorio che interessa un’area vasta dell’Abruzzo, del Molise e dell’intero centro sud del Paese. Ci preme far rilevare che, l’auspicabile transizione verso l’elettrico, potrebbe contenere il rischio di un forte ridimensionamento dei livelli occupazionali del settore automotive. In Abruzzo e Molise persistono due grandi insediamenti del gruppo Stellantis con i relativi indotti con particolare rilevanza nelle aree industriali delle province di Campobasso, Isernia e Chieti. A fronte di processi dinamici che muteranno in un arco di tempo relativamente breve sarebbe auspicabile, non solo un tavolo permanente interregionale Abruzzo-Molise del settore automotive, ma un impegno concreto al fine di aprire presso i competenti ministeri, altrettanti momenti di confronto sul futuro del settore in queste realtà. Un confronto che preveda il coinvolgimento delle parti sociali, delle rappresentanze politiche regionali e territoriali e le aziende interessate. Un tavolo permanente che non deve limitarsi a fungere da “osservatorio” ma deve essere inteso come un laboratorio pronto a elaborare progetti, proposte e idee per lo sviluppo dell’industria del territorio, della salvaguardia e incremento dei livelli occupazionali, veicolando al meglio le risorse dei diversi piani di intervento europeo e, in particolare, del PNRR. Risorse destinate, in quota parte, alla transizione energetica e alla riconversione delle produzioni. Sarebbe utile intrecciare l’idea di sviluppo eco-industriale dei territori interessati dell’Abruzzo e del Molise, anche con la programmazione complessiva delle opere infrastrutturali che potrebbero essere realizzate all’interno di un polo baricentrico dell’automotive del centro sud che investa anche i settori della ricerca e dell’innovazione. Questo è il momento degli investimenti lungimiranti che devono diventare moltiplicatori di interesse e l’orizzonte non deve essere il solo incremento di capitale aziendale ma anche lo sviluppo del territorio e la qualità del lavoro che saremo in grado di proporre e lasciare come testimonianza positiva per le future generazioni. Adesso è il tempo dei fatti concreti. La CGIL e le sue strutture ad ogni livello, come sempre, generosamente faranno la loro parte e ricordano a tutti, in particolare a chi sta governando ai diversi livelli, che solo questo indotto industriale, tra Abruzzo e Molise, coinvolge circa 30.000 addetti e che la crisi occupazionale e demografica dei nostri territori rischia di cancellare anche anni di storia preziosa di splendide regioni come quelle interessate”.
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