Un dolore frequente, a volte continuo, che si protrae per mesi o anni molto oltre l’evento patologico che lo ha generato. È il dolore cronico, una condizione clinica invalidante che ha un profondo impatto per la vita delle persone. Le terapie farmacologiche standard, come gli antidolorifici, possono non essere sufficienti a combatterlo. Una nuova prospettiva viene ora da uno studio condotto dal Laboratorio di Neurofarmacologia dell’I.R.C.C.S. Neuromed di Pozzilli. I ricercatori molisani, studiando modelli animali, hanno individuato un elemento cruciale nei processi nervosi alla base del dolore cronico. Si tratta delle reti perineuronali, strutture extracellulari composte di proteine e carboidrati che formano una specie di rivestimento attorno ai neuroni. Queste reti, con la loro capacità di “avvolgere” le cellule nervose, hanno una funzione di stabilizzazione delle sinapsi, i punti attraverso i quali i neuroni comunicano tra loro. In questo modo giocano un ruolo cruciale, ad esempio, nella fissazione delle memorie e nella capacità del cervello di essere più o meno “plastico”, capace cioè di adattarsi. La ricerca condotta al Neuromed, pubblicata sulla prestigiosa rivista scientifica Journal of Neuroscience, ha messo in evidenza che nel dolore cronico le reti perineuronali di specifiche aree cerebrali sono più spesse. In altri termini, aumentando la loro densità fissano memorie, in questo caso memorie dolorose che continuano ad essere attive. “L’aumento di densità delle reti perineuronali che abbiamo osservato nella corteccia somatosensoriale e in quella prefrontale mediale – dice la dottoressa Giada Mascio, prima autrice del lavoro scientifico – ci mostra che il dolore cronico si associa a una specie di stabilizzazione dei percorsi nervosi in quelle aree cerebrali”. Praticamente un circuito fisso, con connessioni nervose che continuano a generare sensazioni dolorose persino quando la causa che le ha generate è scomparsa. “Abbiamo allora provocato una degradazione farmacologica delle reti perineuronali – continua Mascio – In questo modo ridiamo plasticità al sistema nervoso, lo ‘sblocchiamo’ potremmo dire. Il risultato che abbiamo ottenuto è che lo stimolo doloroso scompare. Naturalmente siamo solo agli inizi, e saranno necessarie ulteriori ricerche, ma pensiamo che questa sia una strada promettente verso lo sviluppo di farmaci innovativi”. “Oltre al valore di questo studio nel cercare una soluzione per un problema grave come il dolore cronico – commenta il professor Ferdinando Nicoletti, responsabile dell’Unità di Neurofarmacologia – i risultati hanno un altro aspetto che ritengo importante: le reti perineuronali possono essere strutture dinamiche, non sono fisse per sempre. Significa che il cervello mantiene, o può essere spinto a riconquistare, una plasticità che lo rende capace di adattarsi a situazioni nuove anche in età adulta, contrariamente alle ipotesi precedenti che lo vedevano ‘bloccato’ dopo il periodo dell’infanzia e dell’adolescenza”.
“Sbloccare” il cervello per sconfiggere il dolore cronico, ricercatori Neuromed: riorganizzare le reti perineuronali può costituire un reset
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