Molise e provincia di Benevento unite in una sorta di macroregione: il Molisannio. Propaganda elettorale o concreta possibilità? Per quanto possa apparire una ipotesi assurda, quella di ridisegnare la geografia politica italiana, il governatore Toma afferma di “fare sul serio”. Lo ha ribadito in una intervista rilasciata sul giornale Affari Italiani, facendo riferimento alla sua recente visita a Benevento e all’incontro con il sindaco Clemente Mastella, con lui legato da “un sentimento di amicizia e rispetto”. L’obiettivo sarebbe quello di concludere l’operazione (di unione? assorbimento?) “nel giro di un anno, al massimo un anno e mezzo”. Il nuovo “ibrido”, che – detta in maniera quasi romantica – riunirebbe gli “eredi” dell’antico popolo italico dei Sanniti, secondo l’idea di Toma vedrebbe confermato in Campobasso il capoluogo di regione e arriverebbe a contare una popolazione di quasi 600mila abitanti. “Abbiamo la necessità di incrementare la popolazione per non restare estranei a tutta una serie di vantaggi. Come incrementare il dato demografico nel breve periodo se non aggregando?”. E ancora, sulla questione sanità: “L’aumento demografico e l’allargamento dei confini consentirebbe di avere un DEA di II livello di diritto, anche le risorse sarebbero maggiori, distribuite meglio su tutte le province e secondo una economia di scala”. Per rendere possibile il Molisannio “sarà necessario un referendum consultivo nei territori coinvolti così come previsto dall’articolo 132 della Costituzione”. Di questo progetto in realtà se ne parla dal 1970, poco dopo la nascita del Molise staccatosi dagli Abruzzi, e rispunta in maniera cadenzata ogni 10 anni circa (gli ultimi “tentativi” nel 1993 nel 2012). Ma, al di là delle tante prospettive positive spiegate da Toma, non traspare un desiderio unitario da parte della società civile circa il progetto e, considerando peraltro anche le potenziali volontà e pressioni “esterne”, la strada è tutt’altro che tracciata.
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