Sono passati 57 anni dal tragico pomeriggio del 30 agosto 1965 consumatosi a Mattmark, in Svizzera, quando una valanga di 2 milioni di metri cubi di ghiaccio travolse e seppellì 88 dei lavoratori impegnati nella costruzione della diga in terra più grande d’Europa. Furono 56 le vittime italiane, una di loro era originaria del Molise, Reginaldo Petrocelli di Acquaviva d’Isernia. Moglie e figlia ancora vivono nel paesino pentro mentre pare che i nipoti si siano trasferiti all’estero. Fu una delle tragedie del dopoguerra, come quella di Marcinelle (ancora più nota e con maggior numero di vittime), che determinò un momento di cesura nella storia dell’emigrazione italiana.
Tante le persone, spesso uomini e padri di famiglia, ma anche interi nuclei familiari, costrette a lasciare la propria terra in cerca di fortuna e talvolta senza fare ritorno, in quanto la sicurezza sul lavoro era quasi una chimera rispetto ai giorni nostri, in cui peraltro – nonostante le tante leggi e misure intraprese – ancora si contano i morti. Tornando alla tragedia, le baracche travolte dalla valanga erano state costruite sulla traiettoria di caduta del ghiacciaio sospeso. L’istruttoria per accertare le responsabilità durò 7 anni. Al processo, nel 1972, i 17 imputati furono prosciolti e la sentenza di assoluzione venne confermata in appello dal tribunale cantonale del Vallese. Alle famiglie delle vittime, che avevano proposto l’appello, fu addebitata la metà delle spese processuali. Unico contrappeso a questa soluzione della questione delle responsabilità civili e penali fu la Fondation Mattmark. Oggi a ridosso del punto della tragedia è stato eretto un memoriale.
(foto: Wikipedia; Comet Photo AG (Zürich) – ETH-Bibliothek Zürich, Bildarchiv)