Non ce l’ha fatta il 75enne della provincia di Campobasso che nei giorni scorsi era stato ricoverato all’ospedale Cardarelli del capoluogo per una sintomatologia poi associata a listeriosi. L’uomo si trovava in terapia intensiva dopo che le sue condizioni, nelle ore successive al ricovero, si erano aggravate. Sembrerebbe che il suo stato di salute fosse già parzialmente “condizionato” da altre patologie, ma ciò non toglie la pericolosità per l’essere umano che il batterio responsabile, il Listeria monocytogenes, potenzialmente possiede. Sotto accusa sarebbe finita una ricotta. Il caso si è verificato dopo quello dei wurstel di pollo e di alcune confezioni di tramezzini al salmone e maionese, poi ritirati dal mercato. Sono tutt’ora in corso le verifiche degli ispettori dell’Igiene Pubblica dell’Asrem e potrebbero essere attivati anche i Nas. Il batterio si trova comunemente nel terreno e nell’acqua e può quindi facilmente contaminare ortaggi e verdure. Molti animali possono venire infettati senza dimostrare sintomi apparenti. L’infezione da listeria si può rilevare anche in un’ampia varietà di cibi crudi, come carni non ben cotte e verdure crude, prodotti lattiero-caseari preparati con latte non pastorizzato. Come la maggior parte dei batteri, viene eliminata dai processi di pastorizzazione e cottura. L’infezione può manifestarsi sotto due forme: la forma tipica delle tossinfezioni alimentari, che si manifesta nel giro di poche ore dall’ingestione, che provoca diarrea, e la forma invasiva, detta anche sistemica, che dall’intestino passa nel sangue e si diffonde nell’organismo, arrivando al sistema nervoso, dando vita a encefaliti e meningiti e forme acute di sepsi. In questo secondo caso tra l’ingestione del cibo contaminato e la manifestazione dei sintomi può passare un mese (ma in alcuni casi si può arrivare anche a tre mesi). I soggetti più a rischio sono le persone con compromissione del sistema immunitario.
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