Colloqui “farsa” con i familiari per introdurre la droga in carcere, perquisizioni e sequestri nella casa circondariale di via Cavour

Sfruttavano l’orario di colloquio con il proprio familiare in carcere per passargli la droga. Così il detenuto poteva appagare la propria tossicodipendenza e spacciare lo stupefacente dietro le sbarre. Movimenti che non sono sfuggiti ai poliziotti penitenziaria, sospetti che si sono trasformati in certezze quando i cani antidroga sono stati introdotti nelle celle in ausilio alle perquisizioni operate dal personale, per consentire il rinvenimento di diversi quantitativi di stupefacente, prontamente sequestrati. “L’operazione nel carcere di Campobasso testimonia che anche i cosiddetti piccoli penitenziari non sono certo immuni dai traffici di droga”, afferma il segretario generale del Sindacato Polizia Penitenziaria, Aldo Di Giacomo, aggiungendo che “ancora una volta il personale penitenziario, nonostante i noti problemi di organici ed organizzazione dei turni di lavoro, è stato determinante in questa operazione. Come dimostrano i continui sequestri di sostanze stupefacenti nelle carceri italiane il mercato e lo spaccio sono consistenti per la presenza consistente di tossicodipendenti. Negli istituti penitenziari è possibile trovare di tutto e di recente stupefacenti liquidi più facilmente da introdurre dall’esterno anche se i migliori rifornitori in assoluto sono i droni che hanno trasformato le carceri in autentiche piste di aviosuperfici. La media è di un volo la settimana di drone che oltre a droga rifornisce telefonini. Intanto qualche numero: la presenza di detenuti considerati tossicodipendenti già all’ingresso è di circa 18mila (poco meno del 30% del totale). Con queste persone particolarmente fragili nel 2021 che nel 2022, la media di assistenza sanitaria e psicologica si attesta intorno alle 10 ore settimanali ogni 100 detenuti. È arrivato il momento – afferma Di Giacomo – che la presenza di “detenuti tossicodipendenti” si affronti nei modi e con gli strumenti più idonei, perché il carcere non può diventare il “ghetto sociale” nel quale liberarsi di persone con specifiche problematiche. Sono queste le risposte che attendiamo dal nuovo Governo”.

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