L’atmosfera è di quelle che non cerchi, poiché introvabile. Siamo a San Polo Matese, piccolissimo paese arroccato sulle pendici di un monte appartenente alla catena del Matese, quello più vero, più recondito, più inaccessibile. Si sale di oltre 400 metri dalla valle e, pian piano, dopo gli ultimi tornanti, il messaggio visivo è di quelli che solo dalle fiabe si riesce a carpire. Benvenuti a San Polo Matese, paese del Presepe Vivente: è la prima segnalazione che indica l’arrivo. È il 27 dicembre ed un paese di poche anime, come pochi, riesce a far affluire nella piazza antistante l’ingresso al centro storico migliaia di appassionati dell’arte presepista dal vivo. Ci sarà un perché? E’ presto spiegato.
San Polo è un piccolissimo borgo matesino che conta non più di qualche centinaia di anime residenti. Anni addietro, ben quaranta, un giovane sacerdote, ammaliato dalla ruralità intatta di un borgo ormai quasi del tutto spopolato, ma vitale delle anime resilienti, pensò ad una sorta di Betlemme molisana. Questi non sbagliava poiché la conformazione orografica è davvero impressionante, per somiglianza e caratteristiche. Un’intuizione, oltre la volontà, che divenne realtà. Tutto il paese si mise all’opera e, come per magia, San Polo Matese divenne la piccola e suggestiva Betlemme molisana. Man mano le scene aumentarono, il paese divenne del presepe dipendente e la gioia di vivere in simbiosi la comunità, ancor oggi, ne caratterizza il senso e la messa in scena. Si lavora alacremente per renderlo fruibile a chiunque avesse voluto parteciparne la semplicità e contemporaneamente la sua incredibile misticità.
Si entra da visitatori, si esce da partecipanti con la gioia di aver convissuto un’esperienza piena di passione, suoni di zampogne, scoppiettii di fuochi atti a riscaldare il clima sempre rigido di un paese che vive e fa vivere magie e sentimenti, amicizie e condizioni che al di fuori del percorso presepiale sarebbero una mera chimera irraggiungibile ed inimmaginabile. Il percorso è un susseguirsi di scene curate, narrate, vive e del tempo che fu, che mena verso l’altura del paese dove vi è la chiesa madre. Da lì si torna al passo scorrevole verso la mangiatoia dove la stella cometa, quella che guida tutti i presenti, si ferma per garantirci, al suono delle zampogne, la soave voce del “Bimbo Gesù”, che nel suo silenzio ci dona speranza e pace nei cuori. Credere non è un optional ma una condizione che rassicura la forza dell’esistenza, anche quella più dura a resistere all’inganno del tempo, e ad un mondo che ormai nasconde solo sorrisi di facciata e obblighi non consoni alla verità. Tutto si ferma, si trasferisce nel limbo tra storia e leggenda ma con un concreto saggio di fine anno, quello sull’Amore.
Tutto torna al proprio posto, tutto si dissocia dalle bugie del tempo attuale, tutto diventa magicamente Natale. Così da quaranta anni, mai una sbavatura, un’assenza, una smania di smettere per difficoltà di ogni genere incontrate. Il successo non è dovuto alle migliaia di visitatori che ogni anno sfidano freddo e gelo, ma dal sogno che sempre più, ogni 26 e 27 dicembre, rientra tra quelle realtà che una volta vissute non volano mai via dalla mente e dal cuore. Quest’anno è un anno ancora più particolare, più pregno di ricordi, di pianti, di emozioni. Manca Aldo, vero motore di un contratto di vita con la comunità del paese matesino. Ma la sua mancanza terrena ha ridonato la voglia di guardare oltre la stella cometa. Infatti essa è stata cavalcata da lui e, con lei, la buona novella, non a caso, ha segnato un’ora che sempre più verrà incisa nei cuori: l’ora della Vita.