Il giudice per le udienze preliminari del Tribunale di Campobasso ha condannato i quattro imputati coinvolti nell’inchiesta denominata “Vesuvio” coordinata dalla locale Procura della Repubblica, tutti residenti in provincia di Napoli. Le pene inflitte per tre di loro vanno dai 6 anni e 5 mesi di reclusione ai 6 anni e 3 mesi, a cui era contestato lo spaccio di cocaina (per un quantitativo complessivo di 5 kg), l’uso di armi e l’estorsione con metodo mafioso, mentre per il quarto, imputato solo per lo spaccio, la pena inflitta è stata di 2 anni e 8 mesi. I primi tre furono arrestati nel gennaio dell’anno scorso dal Gico della Guardia di Finanza di Campobasso e dal Nucleo Investigativo del Comando provinciale dei Carabinieri di Campobasso in esecuzione di ordinanza di custodia cautelare in carcere. In particolare le indagini scaturirono dal naturale sviluppo dell’operazione del maggio 2020 condotta dalle stesse forze di polizia denominata “Piazza Pulita”. Inchiesta che portò a 39 misure cautelari, sequestri preventivi di beni per un valore di oltre 1 milione di euro e diverse condanne già confermate in appello. Alcuni mesi dopo l’esecuzione delle misure appena citate, il capo di uno dei sodalizi – poi condannato, nelle scorse ore, solo per i fatti di spaccio – intese collaborare con la giustizia, raccontando i traffici delittuosi e altri dettagli. Già nella precedente inchiesta era venuto fuori come esponenti della Camorra avessero portato a Bojano importanti quantitativi di cocaina e hashish poi rivenduti sul mercato locale. Con le successive indagini sono emersi ulteriori e gravi episodi criminosi legati alla presenza in regione di soggetti vicini al clan camorristico Sautto-Ciccarelli. Stando alle ricostruzioni degli inquirenti e alla successiva sentenza, gli stessi, giovandosi della fama criminale del clan, che ostentavano muovendosi in gruppo e armati, hanno imposto al futuro collaboratore di giustizia continui rifornimenti di cocaina in maniera esclusiva, dettandogli quantità, prezzi e tempistica degli approvvigionamenti. La vicenda processuale ha evidenziato come il consumo locale di sostanze stupefacenti abbia catalizzato l’attenzione di gruppi legati ai clan mafiosi, interessati ad essere presenti in regione per lucrare sul giro di affari che scaturisce da tale fenomeno. I 5 kg di cocaina movimentati nell’arco di 8 mesi tra Bojano e dintorni hanno fruttato circa 500mila euro.
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