Francesco Jovine nacque a Guardialfiera il 9 ottobre 1902 e perì a Roma il 30 aprile 1950. Scrittore, saggista, giornalista, è stato ed è il mentore della letteratura molisana. Ricordato soprattutto per i due romanzi Signora Ava e Le terre del Sacramento, in questi giorni la sua figura ha ispirato un incontro, a cura del Parco Letterario e del Paesaggio a lui dedicato, dei Comuni di Guardialfiera ed Agnone e dei tanti associati al Parco, con il contributo della Regione Molise, Assessorato regionale alla cultura e turismo, e il patrocinio delle due Provincie di Campobasso ed Isernia, dell’Unimol, dell’Ufficio Scolastico Regionale, che ha visto riaccendersi la voglia necessaria di conoscenza della sua opera, del suo mondo, della sua figura, in ogni sua sfaccettatura. Il 20 e 21 aprile, Guardialfiera ed Agnone hanno ospitato, infatti, un convegno internazionale dal titolo emblematico: “Francesco Jovine, un uomo senza tempo”. Illustri relatori si sono susseguiti nelle loro relazioni ridonando splendore alla figura dello scrittore, attraverso le sue origini, il suo paesaggio, l’amore per la terra, per la scuola. Per tale occasione, il cantautore Lino Rufo ha magistralmente coniato l’inno del Parco, dedicandolo al pensiero ed alla propensione dello Jovine a cantar la bellezza e la felicità che, nel bene e nel male, si offre sempre, ovunque, cancellando mali e disgrazie, collocandosi al centro delle storie degli uomini. I relatori, Francesco d’Episcopo, Alberto Barausse, Annarita Pilla, giovane studiosa di Guardialfiera, Maria Stella Rossi, Rossano Pazzagli, Alberto Sana, Antonio Mucciaccio, nella giornata del 20 aprile, a Guardialfiera, sotto l’attenta guida di Itala Troilo, hanno ripercorso l’itinerario tracciato in termini di conoscenza, critica, storia dello scrittore volgendo lo sguardo a nuovi orizzonti e nuove linee prospettiche, sia in termini letterari che cognitivi, soffermandosi, come per Mucciaccio, sulle tante dicerie sui luoghi immaginari descritti da Jovine, le Terre del Sacramento su tutti: Isernia o Basso Molise? Dal Mucciaccio la verità storica è venuta a galla smentendo definitivamente la teoria che vede la provincia di Isernia teatro del romanzo. Il 21 aprile è stata la volta di Agnone ospitare la seconda giornata di studio. I relatori, Gioconda Marinelli, Jean Pierre Pisetta, Sebastiano Martelli, Angelo Piemontese, Plinio Perilli, Giulio de Jorio Frisari, moderati da Gina Di Pietro, hanno spaziato tra i meandri della necessità di Jovine scrittore al bivio tra realtà e fantasia, al territorio, al canone della letteratura del Novecento con una nuova e necessaria revisione critica, alla questione meridionale. Una due giorni che ha visto al centro la foltissima platea di studiosi, appassionati, studenti, operatori culturali che hanno impreziosito con la loro attenta presenza le due giornate studio introdotte da Vincenzo Di Sabato e Paolo Francesco Tanzi, dai saluti dei due sindaci Vincenzo Tozzi e Daniele Saia, dal rappresentante dei sindaci del Parco, Antonio Tomassone, da Maurizio Varriano e Stanislao de Marsanich, rispettivamente presidente del Parco Francesco Jovine e dei Parchi Nazionali, dall’assessore Vincenzo Cotugno, dal presidente della Provincia di Campobasso nonché sindaco di Termoli Francesco Roberti, dai rappresentanti dell’Unimol e dell’USR. Gradita la presenza di Remo Di Giandomenico in qualità di commissario dell’Azienda Autonoma di Soggiorno e Turismo del Molise. A Jovine fu riconosciuta una qualità del tutto peculiare, aliena dalle mode letterarie e pienamente rispondente alle profonde istanze morali dell’uomo oltre che dello scrittore. Nella sua vicenda culturale e artistica c’è uno sviluppo graduale e coerente verso una presa di coscienza etico-politica che coincide, poi, con la sua vocazione di scrittore realistico. Le sue opere: “Un uomo provvisorio”, “Ladro di galline”, “Signora Ava”, “Il pastore sepolto”, “L’impero in provincia”, “Tutti i miei peccati”, “Le terre del Sacramento” (postumo) – Premio Viareggio, “Racconti”, “Ragazza sola” (postumo), “Viaggio nel Molise” (postumo). -Il Molise per me è un sogno. E’ un mito tramandatomi dai padri e rimasto nel mio sangue e nella mia fantasia -.
Questa la giusta apertura della due giorni di studio di un grande uomo, del vero mentore di bellezza di un Molise dall’ambiguità senza pari, dal disfattismo becero di chi crede di essere l’unicità e l’oro colato. Egli amava solidarizzare, compartecipare alle grandezze ed anche alle piccolezze, alle vittorie ed alle sconfitte. Oggi sarebbe un esempio per tutti noi, non ponendosi limiti ed aprendo varchi pieni di luce. -In Molise, sento che dolcemente mi ritorna nel sangue il senso profondo del luogo che in memoria si riapparenta egualmente ad odori, suoni, rumori – la filosofia di vita di uno scrittore contemporaneo e senza tempo.
E poi la gente, il paesaggio, la forza della ruralità, del lavoro ma soprattutto della dignità. Le lotte contadine, la morte, il dolore, l’amore.
– Tra la gente del Molise quella di Guardialfiera è forse più arguta e sottile. Tutta la sapienza di proverbi e aforismi della regione, così piena di consapevole gravità e malinconia, qui si vena di un sorriso scettico e canzonatorio – per poi trovar natura e vita come dalla sua descrizione del fiume molisano – Il Biferno è un fiume che scorre tra le pietre: le pietre gli rendono dura la vita, non gli permettono di ristagnare, di rodere la terra, di lodarsi il limo. E’ costretto a raggiungere il mare presso Termoli con le acque chiare.
Sembra dettarci un monito al fine di porre attenzione a quel depauperando di ogni bellezza a causa della voglia dell’uomo di spingersi oltre i guadi della logica e ricondurre ogni cosa al vilipendio tramite eolico e fotovoltaico che, togliendo terreno all’agricoltura, ci priveranno della biodiversità e delle regole di condivisione a discapito del mondo contadino a cui offre parole quali – Il contadino molisano è ordinariamente taciturno; non dice che l’indispensabile; abitante di una terra difficile aspra, scoscesa, rotta, a pendii rocciosi, a sassaie aride, ha nelle vene l’asprezza della lotta per vivere. – Scritti forti, con quel senso di chi ama, di chi visionariamente pose le basi per un Molise migliore, dove a Campobasso, Isernia, Frosolone, Sant’Elena Sannita, Macchiagodena, le gente prega e lavora per un gesto di affetto nei confronti della propria terra identitaria di follia , quella giusta per continuare a vivere in una terra che rende forti come i Sanniti e rende giustizia all’arte come a Sepino, Pietrabbondante, Agnone, Petrella Tifernina, Gambatesa, Pietracatella, Pesche, Venafro, ed alla tradizione come a San Giuliano del Sannio, San Polo Matese. Ad un tratto, s’acquieta, ha la buona grazia di farci ammirare questo bellissimo bosco, profondo, sterminato e salutare, questi tre denti immani di roccia che annunziano la bellezza, molecola incandescente nell’universo dove si sente la voce inconfondibile, calda, generosa delle campane.
Il Molise è un sogno, non svegliamoci senza aver concesso al cuore di porre l’accento sulla parola più spesa al Mondo: amore. Abbiamo bisogno di restanza e non resilienza, e con essa cancellare la provvisorietà. Il 30 aprile, nel commemorare i settantatré anni dalla sua morte a Guardialfiera, a partire dalle ore 20, si terrà una fiaccolata che partirà dal sagrato della cattedrale e terminerà presso la casa natia dello scrittore.