Il cancro è un problema di salute globale, che colpisce tutte le comunità del mondo. Studi recenti riportati dall’Organizzazione mondiale della sanità hanno confermato che la malattia è in rapida crescita nei paesi in via di sviluppo, anche per via dell’allungamento generale della vita media. L’80 per cento dei malati di cancro vive in Paesi poveri o in via di sviluppo, ma solo il 5% di questi può accedere a cure adeguate. A peggiorare il quadro per i pazienti oncologici ci ha pensato il fenomeno migratorio, che si è acuito negli ultimi anni per via di guerre, cambiamento climatico e pandemie. Questi paesi hanno una lunga storia di scarsi investimenti in ricerca sanitaria, che incide gravemente anche sulle competenze del personale sanitario locale, con meno sorveglianza generale e meno capacità di cura. In particolare, la cura del cancro è uno degli ambiti sanitari in cui le diseguaglianze pesano maggiormente. Alcuni studi condotti nel Sud-Est asiatico mostrano per esempio un sistema di cura del cancro a due livelli: semplicemente inesistente per chi non ha soldi, poco efficace per chi può pagare perché’, in assenza di screening e diagnosi precoce, si scopre di essere malato quando il tumore è già in fase avanzata. La Harvard School of Public Health di Boston ha stimato che un accesso globale ai servizi di radioterapia potrebbe salvare 27 milioni di vite entro il 2035 e aumentare l’impatto positivo sulle economie sanitarie dei Paesi a medio reddito o emergenti.
Dal 26 al 29 febbraio si è svolto a Dhaka, capitale del Bangladesh, il convegno “Advanced Course in Radiotherapy”, cui hanno partecipato molti tra gli oncologi radioterapisti e i fisici medici di quel paese. Al convegno sono stati invitati come esperti stranieri Savino Cilla, fisico e responsabile della Unità Operativa di Fisica Medica presso il Responsible Research Hospital di Campobasso e Alessio Giuseppe Morganti, professore ordinario e Direttore della Unità Operativa di Radioterapia Oncologica presso l’Ospedale Sant’Orsola di Bologna. “È stato un privilegio essere invitato a questo congresso – afferma Savino Cilla, “Il confronto di esperienze tanto diverse arricchisce (e non poco) chi vi partecipa. In particolare, le varie letture si sono trasformate in sessioni interattive che hanno stimolato tante discussioni e scambi di idee. Abbiamo approfondito vari argomenti di interesse fisico e clinico in radioterapia oncologica, presentando soluzioni, metodi e trattamenti efficaci che possono giovare alla terapia del paziente oncologico se vengono implementati in maniera corretta. D’altro canto, è stato istruttivo notare come la frugalità delle risorse riesca a stimolare la creatività e la sapienza dei nostri colleghi, e che a volte è possibile imparare da contesti a risorse limitate, in una sorta di “reverse innovation”, capace di introdurre nel ricco Nord del mondo innovazioni sanitarie ideate in paesi in via di sviluppo. La lezione che ci siamo portati a casa – conclude Cilla – e’ stato comprendere che un flusso bi-direzionale di conoscenze e competenze può essere creato e mantenuto in modo da condurre a un arricchimento reciproco”.
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