Ha fatto scalpore il reportage di Milena Gabanelli e Francesco Tortora per il Corriere della Sera che, accendendo i fari sulla volontà di alcuni comitati di indire un referendum per accorpare parti del Molise all’Abruzzo – fino all’accorpamento di tutta la regione, come 60 anni fa, – ha ripercorso le tappe e le motivazioni che hanno portato alla “secessione” e alla nascita della Regione Molise, i risultati di questa decisione, la situazione attuale e il desiderio di un nuovo matrimonio politico-geografico. “Le motivazioni che portano alla creazione del nuovo ente”, scrivono Gabanelli e Tortora, “sono sostanzialmente tre:
1) Identitaria-culturale. In un intervento al Senato l’esponente della Dc Giuseppe Magliano, primo firmatario della riforma costituzionale, afferma che il Molise si considera «un complesso etnico, storico, geografico e politico nettamente distinto e separato dagli Abruzzi». In realtà tutta questa differenza non c’è: salvo lungo i confini dove le inflessioni sono più napoletane o pugliesi, i molisani parlano abruzzese.
2) Logistica-amministrativa. Gli abitanti dei 136 comuni del Molise hanno difficoltà a raggiungere i 20 specifici uffici pubblici perché dislocati troppo lontano o addirittura in altre province fuori dalla regione «Abruzzi e Molise». Ad esempio, per l’esame della patente bisogna raggiungere la motorizzazione a Pescara, per il distretto militare si deve andare a Bari, per la Corte d’Appello a Napoli, i servizi erariali a Benevento e così via. Problemi, nell’Italia contadina del tempo, comuni a molti altri territori. Sarebbe bastato modificare la giurisdizione e aprire qualche ufficio a Campobasso. Si è preferito dar vita ad una Regione. L’ironia della storia è che di quei 20 uffici, a distanza di 60 anni, solo 9 sono stati trasferiti effettivamente nel capoluogo di provincia, mentre il resto è rimasto altrove, come il comando generale dei carabinieri, che sta in Abruzzo.
3) Elettorale. Nell’articolo 57 della Costituzione è inserito il comma che prevede due senatori provenienti dal territorio. La Democrazia Cristiana, dunque, si assicura nel feudo elettorale molisano un seggio di senatore in più. Forse questa la vera ragione”.
Il servizio mette a confronto le economie e il Pil pro capite delle due regioni nel tempo. Se negli anni Sessanta la situazione è molto simile, via via il divario inizia ad aumentare. “All’inizio degli anni ’90 – continua l’articolo – l’economia abruzzese si avvicina a quella nazionale (85%), mentre quella molisana migliora (76%) ma non decolla. Poi la crescita rallenta fino a vivere un brusco crollo nei primi due decenni del secolo, ma con enorme differenza fra le due Regioni: tra 2001 e 2014 il Pil dell’Abruzzo cala del 3,3%, quello molisano precipita a quasi -20%”. E ancora: “Nel corso degli anni il Molise si è spopolato, e a fine 2023 i residenti sono 289.294. E’ l’unica regione italiana ad avere una popolazione inferiore rispetto al tempo dell’Unità d’Italia. Dagli ultimi dati Istat il Pil pro-capite raggiunge i 24.500 euro contro i 27 mila dell’Abruzzo, e i 32.983 della media nazionale […] Cresce il disavanzo pubblico che a fine 2021 ha superato i 573 milioni di euro, la Sanità è commissariata da 15 anni ed ha ancora un debito di 138 milioni. […] la giunta di centro-destra guidata da Francesco Roberti ha deciso di aumentare l’addizionale Irpef per i redditi superiori a 28 mila euro al 3,33%, l’aliquota più alta d’Italia (in Abruzzo è ferma all’1,73%). La capacità di gettito però resta limitata, anche perché bisogna mantenere un apparato regionale che costa 30,7 milioni di euro, circa 105 euro a testa contro i 60 dell’Abruzzo”.
Il presidente della Regione, Roberti: “Un’offesa ai molisani”.
“Questa mattina, lunedì 11 marzo 2024, durante la mia rassegna stampa quotidiana, mi sono imbattuto in un articolo di corriere.it, a firma di Milena Gabanelli, che mi ha fatto riflettere e non poco.
Dell’articolo dovrebbero sentirsi offesi tutti i molisani, considerando che, gran parte dei problemi che la giornalista attribuisce al Molise, sono riscontrabili anche nelle regioni più grandi. E, come abbiamo ampiamente annunciato, chi segue le vicende della nostra Regione, ben è consapevole come stiamo lavorando per la risoluzione delle problematiche esistenti, facendolo con spirito di servizio e sacrificio, mossi dall’amore per il nostro territorio.
Chiunque abbia a cuore il Molise, credo, debba sentirsi toccato. Ma a prescindere dall’articolo in questione, mi sorprende come ci sia un gruppo di persone che, anziché mettere a disposizione le proprie professionalità per dare un contributo fattivo alla nostra regione, lavori addirittura per un referendum finalizzato a staccare la provincia di Isernia dal Molise per annetterla all’Abruzzo.
Leggere dal corriere.it come il promotore dell’iniziativa popolare affermerebbe che la Regione Molise non è in grado di offrire ai cittadini i servizi essenziali, come sanità, trasporti e formazione, mi lascia basito. Evidentemente non conosce a fondo la nostra regione.
Rispetto all’iniziativa, inoltre, c’è anche una questione costituzionale. L’articolo 132 Cost., 2° comma, prevede che “si può, con l’approvazione della maggioranza delle popolazioni della Provincia o delle Province interessate e del Comune o dei Comuni interessati espressa mediante referendum e con legge della Repubblica, sentiti i Consigli regionali, consentire che Provincie e Comuni, che ne facciano richiesta, siano staccati da una Regione ed aggregati ad un’altra”.
Ma il referendum, in ogni caso, ha valore consultivo, poiché è necessaria una legge statale per certificare il passaggio di una Provincia ad altra Regione e, comunque, gli organi centrali devono consultare i Consigli regionali interessati, prima di decidere.
Andando, inoltre, a leggere la legge 352 del 1970, ‘Norme sui referendum previsti dalla Costituzione e sulla iniziativa legislativa del popolo’, riguardo al referendum per il distacco, da una regione, di una o più province ovvero di uno o più comuni, la disciplina dettata dall’art. 42, 2° comma, va letta alla luce della sentenza della Corte costituzionale n. 334 del 2004: la relativa richiesta di referendum deve essere corredata delle deliberazioni, identiche nell’oggetto, dei Consigli provinciali o dei Consigli comunali delle province e dei comuni di cui si propone il distacco.
Mi auguro che l’iniziativa sia soltanto una provocazione, perché sull’autonomia del Molise ci hanno lavorato i nostri predecessori con amore e dedizione per il proprio territorio; noi, oggi, col lavoro quotidiano, siamo chiamati a proseguire, con responsabilità, l’opera che ci è stata tramandata dai padri fondatori della nostra amata Regione. E sono anche certo che, in caso di referendum, i cittadini chiamati alle urne faranno valere il proprio attaccamento al Molise.”
Gravina: “Roberti faccia autocritica invece di mostrarsi piccato. Ai molisani servono fatti non frasi autocelebrative”
«Anziché fare un minimo di autocritica e analizzare quelle che sono le responsabilità politiche di coloro che hanno governato la Regione Molise negli ultimi vent’anni, molti dei quali sono tutt’ora suoi sodali nelle fila di questa amministrazione regionale di centrodestra, il Presidente Roberti non trova di meglio da fare che criticare così, senza entrare minimamente nel merito, l’inchiesta giornalistica della Gabanelli pubblicata dal Corriere della Sera, provando a fare, di un lavoro frutto del legittimo diritto di inchiesta e cronaca da parte della stampa, un caso di presunta, molto presunta, lesa maestà». Con queste parole il Consigliere del MoVimento 5 Stelle, Roberto Gravina, ha inteso commentare l’uscita stizzita del Presidente della Regione Francesco Roberti dopo la diffusione del servizio di Milena Gabanelli sul fallimento per il Molise dell’autonomia regionale, con dati sullo spopolamento, la sanità in affanno, il Pil inferiore alla media nazionale e il debito pubblico.
«Il Presidente Roberti – ha aggiunto Gravina – di fronte all’analisi lucida proposta dalla giornalista del Corriere della Sera, invece di mostrarsi eternamente piccato, atteggiamento che stiamo imparando a conoscere oramai sempre più spesso allorquando si pongono alla sua attenzione domande per così dire scomode, avrebbe dovuto dire qualcosa su quali sono le misure stabilite dalla sua Giunta per il contenimento del disavanzo regionale, visto che purtroppo, ad oggi, non c’è traccia di alcuna azione realmente incisiva rispetto al contenimento delle spese, ma anzi si è deciso di dare il via libera all’istituzione di ulteriori cariche, come quelle dei due sottosegretari con le relative spese di segreteria.
Roberti e la sua Giunta non hanno prodotto ancora interventi mirati a invertire la tendenza di una regione che non cresce ma che anzi produce debito, questa è la realtà dei fatti. Se veramente si vuole combattere quella spinta di ritorno all’Abruzzo che qualcuno ha manifestato per un’evidente sofferenza dei propri territori, la si combatte non certo con le chiacchiere e il richiamo a un patriottismo regionale tutto autoreferenziale o tantomeno con l’aumento dell’Irpef, ma con una politica fattiva che parta dalla programmazione delle risorse FSC ed arrivi a politiche di sviluppo vere che non mirino esclusivamente all’ordinaria amministrazione, e mi riferisco in particolare a Stellantis, ma puntino a creare i presupposti strutturali per nuove opportunità di crescita.
Ad oggi, invece – ha affermato Gravina –, da parte della Giunta di centrodestra ci sono soltanto parole fumose. Fatti concreti, con una crisi industriale conclamata tuttora in corso, non se ne registrano. A chi li amministra i molisani chiedono meno dichiarazioni autocelebrative, come quelle rilasciate da Roberti in questo caso, e maggiore autocritica costruttiva, perché ignorare l’opinione di tanti corregionali che non vedono più nell’autonomia della nostra regione una conquista ma un fardello da portare sulle spalle loro e delle generazioni che verranno, preferendo, per questo, diventare la periferia di un’altra regione, dovrebbe indurre tutti a capire che l’antipolitica regionale di oggi è frutto dei pessimi esempi che la politica ha dato al popolo molisano nel corso del tempo».