Per fronteggiare al meglio la crisi climatica ed essere più competitiva e inclusiva, l’Europa ha bisogno di un “Patto europeo per il futuro” che abbia davvero al centro l’ambiente. A sottolinearlo è Legambiente che, a dieci giorni dalle prossime elezioni europee, indica come realizzare questo nuovo patto presentando oggi a Campobasso, alla presenza del presidente regionale Andrea De Marco e del responsabile dell’ufficio europeo Mauro Albrizio, la sua agenda per la legislatura europea 2024-2029. Sono 13 i pilastri – clima-energia; economia circolare; piano d’azione Zero pollution; agricoltura; salute dei suoli; industria; trasporti e mobilità sostenibile; biodiversità, aree protette e foreste; investimenti per la Just Transition; tutela penale dell’ambiente; giustizia climatica; ricerca e innovazione; coinvolgimento e partecipazione dei cittadini – su cui dovrà fondarsi il Nuovo Green Deal europeo, e 16 le priorità ambientali su cui sarà importante lavorare nella prossima legislatura europea, anche per creare nuovi posti di lavoro e migliorare la vita dei cittadini europei.
In questa partita, per Legambiente, l’Italia deve dare il suo contributo per un’ambiziosa azione comune europea che, se messa in campo, potrà portare ai cittadini importanti benefici economici. Secondo un recente studio del Servizio Ricerca del Parlamento europeo (EPRS), i benefici legati ad un’azione di questo tipo potrebbero ammontare sino a 3mila miliardi di euro l’anno entro il 2032, pari al 18% del PIL dell’Unione europea nel 2022, pari a 6.700 euro all’anno per ciascun cittadino. Secondo il think-tank europeo Strategic Perspectives nei prossimi 15 anni con 668 miliardi di euro di nuovi investimenti si creerebbero 2 milioni di nuovi posti di lavoro nell’industria nello scenario europeo “zero emissioni nette entro il 2040”; si otterrebbe un risparmio tra il 2025 ed il 2040 di 856 miliardi di euro grazie alla riduzione delle importazioni di combustibili fossili; si ridurrebbe di due terzi la bolletta energetica di famiglie e imprese entro il 2035.
16 priorità ambientali: prima priorità europea, indicata nell’agenda di Legambiente, dovrà essere il clima e tutte le azioni possibili per mitigare e adattarsi alla crisi climatica. Dall’adottare un nuovo pacchetto energia e clima Fit for 1.5°C – in grado di ridurre le emissioni climalteranti di almeno il 65% entro il 2030, rispetto ai livelli del 1990, e poter così raggiungere la neutralità climatica già entro il 2040, fissando le scadenze per il phasing-out delle fonti fossili (2030 per il carbone, 2035 per il gas e 2040 per il petrolio), escludendo il nucleare e la cattura e lo stoccaggio dell’anidride carbonica dalle tecnologie strategiche e dai progetti prioritari del Regolamento Net Zero Industry Act – all’approvare una legge quadro sulla resilienza climatica per coordinare norme stringenti sull’adattamento, con efficaci piani nazionali e adeguate risorse economiche, in tutti i Paesi membri. Per arrivare a definire un’adeguata Strategia europea per la giustizia climatica fondata su una politica comune di accoglienza e solidarietà dando risposte concrete alla crisi umanitaria dovuta anche alle migrazioni forzate causate dall’emergenza climatica.
Tra le altre priorità, si va da un’ambiziosa Strategia industriale europea, per rafforzare la competitività delle imprese e accelerare la transizione verso la neutralità climatica, una nuova Direttiva quadro sulla giusta transizione in Europa, alimentando di nuove risorse economiche il Just Transition Fund, fino all’istituzione di un Fondo europeo per gli investimenti green e sociali post-2026 di almeno 1.000 miliardi di euro (una sorta di NextGenerationEU 2.0).
Bisognerà dare, poi, concretezza ad un piano d’azione Zero Pollution (senza concedere deroghe alle scadenze temporali nella lotta allo smog e prevedendo azioni stringenti per ridurre alcuni inquinanti pericolosi per la salute nelle acque, come nel caso dei Pfas); varare una direttiva sulla gestione sostenibile delle risorse in Europa, insieme al rafforzamento delle filiere strategiche di approvvigionamento per la gestione circolare dei rifiuti tessili e delle materie prime critiche dai rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE); approvare la direttiva sulla salute dei suoli, ripartendo dall’obiettivo ONU di fermare e invertire il loro degrado entro il 2030.
Sul fronte agricoltura, nella prossima legislatura europea per Legambiente le politiche agricole andranno reindirizzate verso l’orizzonte dell’agroecologia e riallineate alle Strategie europee From Farm to Fork e Biodiversity, rimettendo anche in pista le misure ambientali strategiche e prioritarie, abbandonate dopo la rivolta dei trattori. Occorrerà varare la Nature Restoration Law, già approvata dal Parlamento ma bloccata dal Consiglio, e attuare il regolamento EUDR, per arrestare la perdita delle foreste entro il 2030.
Per l’agenda di Legambiente occorrerà anche: varare un piando di investimenti per lo sviluppo del trasporto pubblico su ferro e per l’elettrificazione della mobilità, estendendo a tutte le principali città europee lo stesso percorso iniziato dalle 100 città della Climate Neutrality and Smart Cities Mission; procedere all’approvazione della direttiva sulla lotta alla corruzione, dopo averlo già fatto con quelle sulla tutela penale dell’ambiente e sulla confisca dei beni alle organizzazioni criminali. Sarà, inoltre, importante orientare gli investimenti pubblici sugli ambiti più innovativi e con maggiore impatto sociale e ambientali; avviare una più efficace azione diplomatica per dare un contributo concreto alla pace e promuovere in tutti i Paesi membri una nuova stagione di coinvolgimento territoriale e degli stakeholder per accompagnare la transizione ecologica. Proposte che l’associazione ambientalista ha riassunto anche nella petizione #Carpedeal che lancia oggi invitando le persone a sottoscriverla.
“Nella prossima legislatura europea – ha dichiarato Mauro Albrizio, responsabille ufficio europeo Legambiente – è fondamentale che si affermi una solida maggioranza a sostegno di un ‘Patto europeo per il futuro’, motore di un Nuovo Green Deal in grado di coniugare ambiziose politiche ambientali, climatiche ed energetiche con quelle fondate sulla competitività industriale e sulla coesione sociale. È fondamentale far recuperare ai paesi europei il tempo perso sulla produzione di tecnologie pulite. Nell’era dell’emergenza climatica, infatti, chi prima produrrà le soluzioni tecnologiche più innovative ai problemi del Pianeta, occuperà in anticipo i mercati internazionali. Rallentando il Green Deal lasceremo sempre più spazio alle tecnologie prodotte fuori dal Vecchio Continente, a partire dalla Cina. Per rendere possibile questo scenario la nostra associazione ha deciso di organizzare la sua ‘campagna elettorale’, promuovendo la partecipazione al voto di cittadine e cittadini e confrontandosi con i partiti e i loro candidati sull’importanza dell’Europa e del Green Deal, con iniziative organizzate in ogni regione italiana”.
L’Italia e le conquiste ambientali ottenute grazie all’Europa. Dal 1960 ad oggi in Italia sono aumentate le leggi che presentano il termine “ambiente” nel titolo: passando dalle cinque del 1960 alle 77 del 1990, fino alle 189 del 2019 (fonte Istat), in quanto una gran parte della migliore legislazione italiana sulle tematiche ambientali deriva dal recepimento nel nostro ordinamento di direttive europee come quelle sulla gestione integrata dei rifiuti (CEE n. 75/442 – n. 76/e n. 78/319); quella che disciplina la gestione delle acque reflue urbane e industriali in Europa, imponendo un sistema di raccolta, trattamento e scarico adeguati (Direttiva 91/271/CEE); la Direttiva quadro sulle acque 2000/60. Altri interventi normativi fondamentali sono stati quelli a tutela della biodiversità e della natura, con la Direttiva 92/43/CEE “Habitat” (recepita con il DPR 357/1997) e della qualità dell’aria.
Grazie all’Europa, l’Italia ha imboccato anche la retta via: è stato così per le gravi lacune infrastrutturali rispetto agli standard europei, colmate grazie alle procedure d’infrazione. Milano ha realizzato il suo depuratore delle acque reflue nel 2004 e Roma ha chiuso la discarica di Malagrotta nel 2013 grazie ai richiami formali delle istituzioni europee. Alcuni gravi e cronici problemi ambientali verranno risolti più velocemente grazie alla condanna della Corte di giustizia europea e al pagamento delle sanzioni, come quelle sulla mancata realizzazione o completamento di fognature e depuratori in 900 agglomerati urbani, sulle circa 200 discariche non bonificate, sugli impianti assenti per la chiusura del ciclo dei rifiuti urbani in Campania, che sono già costate ai contribuenti del nostro Paese quasi 800 milioni di euro.
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