“Negli ultimi giorni, nonostante ci troviamo verso la fine di una torrida e calda estate, pare che in Italia e perfino in Molise sia arrivato in anticipo il mese di gennaio con tutta la Befana. Infatti, in ambito nazionale, a mò di doni, sono stati sbandierati, dalla “microchippata” propaganda di Governo, dati entusiasmanti riferiti all’aumento dell’occupazione trascurando gli elementi di analisi congiunturale che parlano sì di aumento di lavoro…ma di quale lavoro: lavoro autonomo e lavoro proposto a dipendenti a termine. Parallelamente, si registra una diminuzione del lavoro a tempo indeterminato. Se a questo si aggiunge che, guardando i dati complessivi, aumentano anche gli inattivi e diminuiscono i disoccupati risulta facile desumere che non ci sono più persone che hanno trovato lavoro, ma che meno persone lo cercano”.
E’ il commento del segretario generale della Cgil Molise, Paolo De Socio, in merito agli ultimi avvenimenti.
“Purtroppo siamo rimasti in pochi a parlare di qualità del lavoro e qualità della vita. Per fortuna siamo stati in tanti nelle piazze molisane a urlare un secco NO all’autonomia differenziata e ad altre strane proposte che attraversano la nostra povera e bell’Italia non trascurando il Molise e siamo in tanti a raccontare la verità sulla crisi delle produzioni industriali e manufatturiere italiane che stanno pagando lo scotto della mancanza di proposte politiche mirate anche all’ineluttabile processo di transizione energetica ed ecologica che potrà essere rinviato ma non si fermerà. Le vicende sopra descritte fanno parte di un perverso gioco informativo dove, più o meno legittimamente, ognuno prova a magnificare i risultati del proprio operato ma, inevitabilmente, poi tocca fare i conti con la realtà dei fatti e con la condizione delle persone in carne e ossa. Quello stesso sistema informativo che consente a un Ministro della Repubblica di raccontare frottole in prima serata sui tg nazionali. Ma questa è un’altra (triste) storia. Tornando a noi, considerato che spesso vengono proposti paragoni non solo sulla qualità del lavoro ma anche sulla retribuzione, sarebbe bene ricordare, quando si enunciano i dati, che ad esempio, negli Stati Uniti il reddito da lavoro medio annuo è pari a 69.392 dollari, uno dei redditi più elevati nei Paesi dell’OCSE e molto superiore rispetto alla media OCSE di 49.165 dollari. In Italia, il reddito da lavoro medio si aggira intorno ai 30.000 euro e, con i pericoli legati all’attuazione della legge sull’autonomia differenziata, si rischia di rilanciare una tediosa discussione riferibile agli anni delle gabbie salariali e che farebbe aumentare il divario già esistente tra Nord e Sud del Paese. Nonostante tutto, e nonostante continuino ad aumentare le differenze che in Italia mettono in difficoltà non solo gli inoccupati ma anche chi lavora, si persevera nella prassi della mancanza di discussione su salari e redditi da pensione troppo bassi. Una discussione oggi più che mai necessaria considerato che i redditi medi italiani proporzionati al potere di acquisto risultano essere sotto ai livelli degli inizi anni ’90. Risulta incomprensibile come si intendono rilanciare produzioni e consumi e l’economia nel suo complesso eludendo questa discussione e trascurando il fatto che il potere di acquisto dell’italiano medio è sprofondato in maniera vertiginosa e che è diminuito drasticamente quello che in gergo viene chiamato salario reale. Gli economisti che ancora hanno la volontà di proporre analisi obiettive sanno bene che esiste una vasta area di povertà composta da chi non riesce più a ottenere un contratto fisso ed è travolto nel mercato indecoroso di tirocini, subappalti o peggio ancora del “lavoro nero”. Situazioni difficilmente controllabili e difendibili sotto il profilo del riconoscimento salariale e dell’esigibilità dei diritti. Ma poi, magari dopo un mese di “meritato” riposo vacanziero, appaiono in tv senatori e onorevoli vari e raccontano che tutto va bene e che nessuno aveva mai fatto meglio di così. Per noi, rappresentanti del mondo del lavoro, sarebbe auspicabile ascoltare queste magnificazioni equiparabili al boom economico o ai doni natalizi, dalla bocca di lavoratrici e lavoratori, magari da pensionate e pensionati, non da incravattati e ben vestite dame che fanno finta di non sapere che non solo esiste una larga fetta di popolazione italiana che non ha fatto le vacanze ma che ci sono anche milioni di famiglie che non arrivano alla fine del mese e che oggi stanno facendo i conti e i salti mortali con vicende pre autunnali ordinarie tipo caro prezzi dei beni primari, caro bollette, acquisto libri di testo o pagamento rette scolastiche e universitarie per i propri figli. I dati del Molise che parlano di un reddito medio da lavoro che non supera i 20.000 euro dovrebbero indurre a profonde riflessioni, analisi e messa in atto di azioni straordinarie tese a determinare un’inversione di tendenza per guardare al futuro con un barlume di speranza e con maggiore ottimismo. Forse, tra una sagra e l’altra, qualcuno si sta accorgendo che il Molise sta morendo. L’annuncio che riguarda la crisi dell’automotive riferito all’ex FIAT potrebbe essere la goccia che fa tracimare un vaso già colmo. La CGIL invoca da tempo tavoli unitari dedicati alle grandi e alle piccole questioni che attanagliano il Molise: Sanità, Trasporti, Infrastrutture, Istruzione, Industria, Ambiente. Il Governatore Roberti finalmente sembra essere disposto ad aprire una discussione ad ampio raggio. Si ha la sensazione diffusa però che ci sia qualcuno, anche nelle alte sfere del Governo Regionale, che non pensa nemmeno a salvare il salvabile ma piuttosto cade nella logica del “si salvi chi può” e si bea nell’indossare la casacca di partito che gli consente di sbandierare di tanto in tanto l’improbabile gloria della “filiera istituzionale”. Primo obiettivo sembra quello di mettere in sicurezza se stessi. Mantenere le ultime risorse disponibili per una lunga e “dura” stagione politica che non sarà solo invernale. La sopravvivenza è fatta così e, in Molise, politicamente, è una sopravvivenza che si autoalimenta: mors tua vita mea… un detto che nella nostra regione costa poco. Basta fare un po di “ammuina”, rinunciare a un’indecente proposta di sottosegretariato e, tra le varie crisi industriali, infrastrutturali, sanitarie e via discorrendo, basta seminare qua e là un po’ di deleghe. Tutti contenti? Ni. Tanto, se la semina non darà frutti, si potrà sempre dare la colpa alla cattiva stagione o male che va…alla CGIL (Senator docet)”.
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