Presieduto dal presidente Quintino Pallante si è riunito nella prima mattinata di oggi il Consiglio regionale in occasione delle Giornata della Memoria.
La legge regionale del 12 novembre 2003, n. 29, infatti, istituisce il 31 ottobre quale Giornata della Memoria in ricordo delle vittime del crollo della scuola Jovine di San Giuliano di Puglia, avvenuto a seguito dell’onda sismica che colpì il Molise alle 11. 33 dello stesso giorno del 2002.
La medesima legge – ha spiegato il presidente Pallante introducendo l’argomento – prevede che in occasione di questa Giornata il Consiglio regionale si riunisca annualmente per riflettere ed approfondire le problematiche relative all’evento verificatosi, alla protezione civile, alla prevenzione, alla sicurezza e al mondo dell’infanzia.
“La cultura della prevenzione diffusa ed attuata – ha detto il vertice di Palazzo D’Aimmo – sia l’arma più forte ed incisiva per non veder ancora immagini di quel tipo. Da quelle macerie, da quel dolore – ha aggiunto – deve venire per tutti l’impegno solenne ad attuare e perseguire politiche, programmazioni, pianificazioni e azioni concrete volte alla sicurezza dei cittadini e segnatamente degli studenti”. “Negli interventi che seguiranno, della maggioranza, della minoranza e della Giunta, – ha evidenziato ancora Pallante – sono certo rivivremo le emozioni e il dolore di quel 31 ottobre 2002”.
Il presidente del Consiglio ha quindi voluto evocare per nome ciascuna delle vittime della Jovine chiedendo e ottenuto dall’Aula un minuto di silenzio in loro onore.
Sono quindi seguiti gli interventi, del consigliere Fabio Cfelice, in rappresentanza della maggioranza, e del consigliere Roberto Gravina, per la minoranza; ha concluso il dibattito il presidente della Regione Francesco Roberti.
L’intervento del consigliere del M5S, Gravina.
“Signor Presidente, cari colleghi,
oggi, in questo giorno nel quale ricordiamo le vite spezzate dal terremoto di San Giuliano di Puglia, 27 bambini e la loro maestra, immancabilmente, come ogni anno da allora, ci accorgiamo che la ferita lasciata da quel 31 ottobre 2002 è ancora viva e torna forte, presente e inconsolabile il dolore e lo strazio delle famiglie, delle comunità coinvolte, di tutti noi.
Ma sappiamo bene che la giornata di oggi non può essere vissuta esclusivamente come un momento di ricordo e commozione. Infatti, il nostro compito, come istituzioni, è quello di darle un valore concreto, interrogandoci in prima persona su ciò che è stato fatto, su quello che si sarebbe potuto fare meglio e su ciò che, ancora oggi, rappresenta un rimpianto.
Dopo il terremoto di San Giuliano di Puglia del 2002 e la tragedia che si verificò qui nella nostra terra, molte delle reazioni più immediate furono guidate dall’emozione più che dalla razionalità. Il desiderio di rispondere alla tragedia era comprensibile, ma alcune di quelle decisioni prese sulla spinta dell’emotività, senza un’adeguata pianificazione, hanno avuto conseguenze a lungo termine che spesso hanno ostacolato una ricostruzione efficace. Ci siamo trovati a fare i conti con interventi non coordinati, dove le risorse disponibili non sono state utilizzate nel modo più efficiente possibile, lasciando molti aspetti fondamentali trascurati.
Col passare del tempo, questa modalità di operare si è rivelata insufficiente e, purtroppo, ci ha riportato all’attenzione l’urgenza di riconsiderare gli interventi necessari. La vera sfida, oggi, è quella di agire con lungimiranza e concretezza, mantenendo sempre un occhio vigile sul trascorrere del tempo, che rappresenta, troppo spesso, il vero limite delle ricostruzioni di questo genere.
Guardando all’edilizia scolastica, settore in cui la tragedia di San Giuliano avrebbe dovuto innescare una rivoluzione, oggi ci troviamo di fronte a una realtà fatta di luci e ombre. Sono stati stanziati fondi, sono stati promessi piani straordinari, ma in molti casi abbiamo assistito a interventi che si sono rivelati incapaci di produrre un cambiamento sostanziale ed esteso. La burocrazia, da un lato, continua a rallentare i processi, ma dall’altro deve essere vista come una fase di controllo fondamentale per garantire la sicurezza e la trasparenza.
Dobbiamo dunque trovare un equilibrio: la burocrazia deve diventare un alleato nella ricostruzione, non un ostacolo. Ciò significa rispettare leggi e procedure, ma anche definire chiaramente le responsabilità, affinché ogni soggetto possa interagire in modo efficace con gli altri. È attraverso una rete di interazioni responsabili, che coinvolga enti e cittadini, che possiamo costruire un modello di società coesa.
Perché la ricostruzione non deve limitarsi a un aspetto materiale; deve includere anche la rinascita sociale delle comunità colpite. È cruciale ripristinare i legami sociali, le attività culturali e i servizi che rendono un territorio vivo. Ogni intervento deve essere pensato non solo per riparare le strutture fisiche, ma anche per rinvigorire il tessuto sociale, sostenendo iniziative che uniscano le persone e rafforzino il senso di comunità.
Come ex sindaco di Campobasso, so quanto sia difficile, ma necessario, mettere la sicurezza e la socialità al centro dei progetti di sviluppo di una comunità. In questi anni, abbiamo avviato un percorso per garantire sicurezza e dignità alle nostre scuole, consapevoli che i bambini e i ragazzi devono poter crescere e studiare in ambienti sicuri. Abbiamo ottenuto risultati importanti che stanno portando alla realizzazione di scuole sicure per il patrimonio edilizio scolastico comunale, ma ogni ente che cerca di muoversi in questa direzione si scontra con difficoltà che, solo una politica regionale e nazionale affiancata da un sistema burocratico snello, possono rendere superabili in tempi ragionevoli.
Oggi, più che mai, noi istituzioni dobbiamo sentirci impegnati a portare avanti un cambiamento reale, un cambiamento che non restituirà certo alle famiglie di San Giuliano la gioia perduta, ma che sarà il nostro tributo a quei genitori che hanno perso i propri cari in quella tragedia.
È questo il nostro dovere verso di loro ed è anche il nostro più grande dovere verso la nostra terra, per riconsegnarle una nuova speranza di futuro, garantendo un sistema educativo sicuro e adeguato e, al contempo, portando a compimento la definitiva ricostruzione del nostro territorio in una prospettiva sociale inclusiva.”