Termoli, ultimi giorni del mese di novembre 1970. Fervono i preparativi per l’inaugurazione della nuova caserma dei Carabinieri. La cerimonia è già in calendario per domenica 13 dicembre. Al Comando della Compagnia, c’è il Capitano Carlo Braibanti, da poco insediato nell’alloggio di servizio insieme alla moglie Annamaria ed al figlio Roberto. L’Ufficiale è come sempre mattiniero. Si alza presto tutti i giorni, anche la domenica. La mattina del 29 raggiunge la cucina che in quel momento è satura di gas. Forse un guasto agli allacci, oppure una una perdita dovuta al malfunzionamento delle tubature: la tragedia quando il Capitano accende un fiammifero per avviare il fornello e scaldare il caffè. Immediata l’esplosione, ed a seguire, arredi e suppellettili in fiamme. Lo stesso Braibanti si trasforma in una torcia umana, ma ha la prontezza di spirito di scappare in bagno e lanciarsi nella vasca sotto un getto d’acqua. Scatta l’allarme e arrivano i soccorsi. L’Ufficiale viene ricoverato all’ospedale di Termoli: ha ustioni su oltre tre quarti del corpo. Si decide per un immediato trasferimento in elicottero al Sant’Eugenio di Roma presso una équipe medica specializzata. Nulla da fare, Braibanti morirà il 30 per la gravità delle ustioni riportate. I giornali ne daranno notizia il primo dicembre. Era nato a Ercolano (NA) il 26 settembre 1933. Cadetto all’Accademia di Modena e poi Ufficiale dell’Esercito, dieci anni prima aveva brillantemente superato un concorso per il reclutamento ordinario di 30 tenenti in servizio permanente effettivo dell’Arma. La tragedia di un uomo e di una famiglia, dove un bimbo di appena nove anni era stato testimone di un dramma doloroso. A 54 anni dal drammatico evento, nel ricordo e nella commemorazione di un giovane Ufficiale dell’Arma, abbiamo contattato quel bimbo, che oggi è un affermato professionista. Per anni Key Account Manager presso un’importante azienda è adesso manager ambientale a tempo pieno. Lasciamo a lui la parola su fatti, memorie ed emozioni: «Eravamo a Termoli dal 1968 circa, provenienti da Roma, che era stata la precedente sede di servizio del mio papà. Frequentavo la quarta classe elementare. Da qualche mese avevamo lasciato la vecchia caserma, ubicata nel centro di Termoli in prossimità di alcuni giardinetti. Credo che quel fabbricato in periodi successivi sia poi diventato un hotel. Ho ricordi precisi di quella tragedia: uno scoppio fortissimo che mi buttò giù dal letto, le urla di mia madre, il trambusto dei soccorsi, uno squarcio sul soffitto della cucina, tanto grande che dall’interno si vedeva il cielo. Poi in elicottero fino a Roma con la mamma, al seguito dei sanitari. La disgrazia, fu provocata da una fuga di gas “inodorizzato” dovuta al malfunzionamento di un allaccio, una errata posa in opera, durante i recentissimi lavori di completamento dell’edificio. La vicenda ebbe strascichi in sede penale e civile per almeno una quindicina di anni. Ricordo l’affetto e la vicinanza dell’Arma, non solo in quei drammatici momenti, ma anche negli anni successivi. Vicinanza affettiva, supporto e sostegno nelle forme più disparate: ricordo l’Arma come una grande famiglia …».
Antonio Lanza