La cultura per rigenerare le aree interne dell’Appennino: riflessioni su giovani, cooperazione, condizione femminile ed economia territoriale

Ripopolare le aree interne. Attrarre nuovi abitanti. Creare economie sostenibili. Rigenerare, anche con la cultura. Stimolare possibilità. Questi alcuni concetti chiave emersi lo scorso 5 dicembre dal workshop Biodiverso Culturale, che si è aperto, dopo i saluti istituzionali, con una “lectio magistralis” di Emilio Casalini, giornalista della trasmissione Generazione Bellezza. Davanti ad una platea composta anche dagli studenti degli istituti di Agnone e di Castel del Sangro, ha raccontato con entusiasmo le storie di donne e uomini, anche giovani, che con le loro idee si sono reinventati traendo dal territorio lo spunto per creare nuove imprese in luoghi interni d’Italia.
«Non c’è sviluppo economico se non c’è un presupposto culturale e sociale – sottolinea il sindaco di Castel del Giudice, Lino Gentile – questo incontro è stato l’occasione per suscitare stimoli e riflessioni e prendere spunto dalle esperienze di valorizzazione culturale, intesa come capacità di guardare con occhi diversi al futuro di questi territori. Abbiamo deciso di confrontarci con gli studenti perché troppo spesso si ragiona senza guardare alle loro aspettative, alle loro aspirazioni e alle loro esigenze. I giovani sono invece i principali interlocutori con cui interagire per prendere decisioni più inclusive e consapevoli».

Una forte spinta alla creazione di nuove forme imprenditoriali nelle aree interne sta arrivando anche dalle donne che, come evidenziato da Flavia Barca nel suo intervento: «stanno provando a cambiare la visione di lavoro portando forti elementi di innovazione sociale come la costituzione di cooperative tutte al femminile con un approccio di vita più sostenibile». Flavia Barca, che ha studiato e raccolto dati sull’economia delle donne in Italia, ha sottolineato come le donne (il 51% vivono nelle aree interne) vivano esclusione sociale rispetto agli uomini. Pur essendo più performanti a livello di formazione e scolastico, le loro grandi responsabilità non si concretizzano nell’accesso al lavoro e sono pagate meno dei colleghi maschi. «Ma sulla scia del mondo di opportunità, si può sanare questo sbilanciamento». A Castel del Giudice, l’Ufficio di Rigenerazione che si sta occupando del progetto “Castel del Giudice Centro di (ri)Generazione dell’Appennino” del PNRR è composto da un gruppo di lavoro tutto al femminile composto da Elisabetta Gizzi, Debora Marcovecchio e Federica Di Salvo, e diretto dall’ing. Rosita Levrieri.

«La linfa del cambiamento delle aree interne – ha proseguito la professoressa di antropologia dell’Unimol e coordinatrice delle azioni immateriali del progetto Castel del Giudice Centro di (ri)generazione dell’Appennino, Letizia Bindi – è anche e soprattutto la cultura condivisa con la popolazione, con i visitatori, con i nuovi abitanti». E proprio il rapporto instaurato con la comunità attraverso attività di condivisione e di costruzione collettiva della memoria storica di Castel del Giudice è stato il fulcro del video “ImmaginARTI – (ri)scatti di paese”, realizzato dalle ricercatrici Unimol Luciana Petrocelli, Michela Buonvino ed Antonella Mancini, proiettato nel corso del workshop. Un lavoro di ricerca emozionante che ha ricostruito la trama della memoria che lega i castellani al territorio di origine.
Nel dare appuntamento al prossimo anno, la seconda edizione di Biodiverso Culturale si è conclusa lasciando aperta la strada del cambiamento e della cooperazione con la promessa di abitare in modo più consapevole ripensando al concetto di comunità per trovare un modo di sanare le disuguaglianze territoriali e creare opportunità, partendo proprio dai giovani e dalle donne che popolano le aree interne dell’Appennino.

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