Sono stati nuovamente arrestati i due fratelli, residenti nel capoluogo, ritenuti responsabili di una rapina aggravata ai danni di un noto ristorante del centro storico, avvenuta la sera del 26 marzo e che erano tornati inizialmente a piede libero perché era venuta meno la flagranza di reato.
Nella mattinata odierna, personale della Squadra Mobile della Polizia di Stato ha dato esecuzione a un’ordinanza di applicazione della misura cautelare della custodia in carcere nei confronti dei due indagati.
Secondo quanto ricostruito, i due soggetti, dopo aver cenato nel locale, al momento del pagamento, avrebbero minacciato il titolare con delle forbici, costringendolo a consegnare il denaro che aveva con sé. Ne sarebbe seguita una colluttazione, alla quale avrebbero partecipato anche due dipendenti del ristorante accorsi in aiuto del titolare. I rapinatori si sarebbero poi dati alla fuga, dopo aver ferito con un coltellino sia il proprietario che uno dei dipendenti. In seguito alla segnalazione ai numeri di emergenza e al pronto intervento degli agenti della Polizia di Stato, i presunti responsabili sono stati individuati, rintracciati e tratti in arresto nel giro di poche ore.
La successiva scarcerazione, disposta dalla Procura il giorno seguente, ha suscitato particolare attenzione nella cronaca locale, venendo talvolta interpretata – erroneamente – come una forma di impunità, alimentando un diffuso senso di insicurezza, in particolare tra gli operatori del settore della ristorazione.
Doveroso, a tal proposito, precisare che tale decisione è stata adottata nel rigoroso rispetto delle disposizioni normative vigenti. Ogni limitazione della libertà personale, nel nostro ordinamento – sia a livello costituzionale che processuale – è ammessa solo in presenza di specifici presupposti e in seguito a un provvedimento dell’Autorità Giudiziaria. Ciò significa che né il Pubblico Ministero né il Giudice possono agire in autonomia: ogni misura restrittiva deve fondarsi su una richiesta motivata e su un provvedimento formale del Giudice competente.
Fattispecie particolari, come la cosiddetta “flagranza di reato”, permettono alla polizia giudiziaria di procedere autonomamente all’arresto. Tuttavia, tale condizione ricorre esclusivamente nei casi in cui vi sia una certezza immediata della responsabilità del soggetto, come ad esempio l’arresto di un rapinatore colto nell’atto stesso di uscire dal luogo del delitto, con le armi ancora in pugno. Quando, invece, l’intervento avviene a distanza di tempo dai fatti, senza un inseguimento diretto e continuativo, non è possibile qualificare l’episodio come flagranza, e pertanto si esula dall’ambito in cui la legge consente l’arresto immediato.
Per tali ragioni, la Procura di Campobasso, nel disporre l’immediata scarcerazione, ha contestualmente incaricato la Squadra Mobile di svolgere ulteriori e approfonditi accertamenti, finalizzati a raccogliere gravi indizi di colpevolezza idonei a sorreggere la richiesta di una misura cautelare.
È importante sottolineare, inoltre, che già il giorno successivo ai fatti, la Procura ha chiesto – ed ottenuto – un aggravamento della misura cautelare applicata ad uno degli indagati in relazione ad altri reati, proprio alla luce della condotta violenta posta in essere durante la rapina.
I successivi e rapidi approfondimenti investigativi, condotti con professionalità ed efficienza dalla Squadra Mobile della Questura di Campobasso, hanno consentito alla Procura di completare il quadro accusatorio e di richiedere, con esito favorevole, l’emissione da parte del GIP della misura cautelare della custodia in carcere nei confronti dei due soggetti, entrambi con precedenti penali.
La Procura, nel ribadire con fermezza la propria determinazione nel contrasto a ogni forma di criminalità, intende altresì riaffermare che la tutela della collettività e la sicurezza dei cittadini sono obiettivi prioritari, condivisi pienamente con tutte le istituzioni dello Stato, in un clima di costante collaborazione. Tuttavia, ogni iniziativa repressiva deve necessariamente inserirsi nel solco delle garanzie e delle tutele processuali previste dal nostro ordinamento. Queste non rappresentano un ostacolo, ma il fondamento stesso dello Stato di diritto: sono il presidio essenziale contro ogni forma di arbitrio e assicurano che l’azione della giustizia si svolga nel rispetto della legalità, dell’equità e dell’imparzialità. Solo nel rispetto di questo equilibrio, tra efficacia e garanzie, si può costruire una giustizia credibile, capace di proteggere la società tutelando, al contempo, i diritti fondamentali di tutti.
Il procedimento è nella fase delle indagini preliminari, nel corso delle quali gli indagati potranno esperire, nell’ottica difensiva, tutti i rimedi processuali previsti dal codice di rito.
Rapina in un ristorante del centro storico di Campobasso, fermate due persone