Chi lo ha criticato senza soluzione di continuità, adesso probabilmente dovrà fare domanda per avere il reddito di cittadinanza o trovare subito un altro “impiego”. L’addio di Mirko Cudini era nell’aria, e lascia tutti con un pizzico di magone difficile da smaltire. Già lo rimpiange la (stragrande) maggioranza dei tifosi che ha imparato ad apprezzare sia le sue doti di allenatore che quelle di uomo, persona schiva, umile, seria, laboriosa, lontano dai riflettori e (dote sempre più rara, per cui ulteriormente apprezzabile) ignifugo alla grancassa dei social network e dei bar dello sport.
Altri tifosi (una minoranza, nonostante si ritengano molti di più) lo rimpiangono per il motivo opposto, avendone fatto bersaglio di critiche sistematiche, ai limiti dell’incomprensibile; adesso dovranno trovarsi un lavoro vero, perché il loro giocattolino vudù si è rotto, anzi, ha deciso di andarsene altrove. Esultano per questo divorzio consensuale tra Cudini e la società sui social, e nei bar dello sport, quelli che sulla carta si dichiarano tifosi del Campobasso, ma in realtà sono ultras di sé stessi, e in nome delle loro opinioni si augurano persino che per il Campobasso le cose vadano male, altrimenti non possono dire il giorno dopo ai colleghi e amici “io ve l’avevo detto”, andando in overdose di autostima.
Dal campo di allenamento, a quello di Contrada Selvapiana, per un ultimo salto nell’album dei ricordi, da oggi Mirko Cudini è storia. Nella top 5 dei mister rossoblù che hanno lasciato un segno indelebile va a sedersi accanto a Pasinato, Busetta, Cosco, Farina, occupando senza timore di essere invadente uno dei gradini più alti del podio. Nonostante la sua timidezza, impossibile dimenticare il suo sguardo brillare di emozione, quando il 13 giugno 2021 al rientro da Rieti, in piena notte, trovò una città intera ebbra di gioia ad attendere il pullman rossoblù per la notte più goduriosa dell’anno. Notti magiche, altro che Donnarumma e gli inglesi.
Legittimo da parte sua trovare nuovi stimoli, probabilmente in una piazza che gli garantisca di poter ambire al salto di categoria; dal gruppo preso nell’estate del 2019 ha spremuto il massimo ed anche di più, difficile se non impossibile chiedere di più a questi giocatori.
La società adesso deve raccogliere una nuova sfida, individuando l’erede.
I diktat non cambiano: coniugare esigenze di budget e valorizzazione della rosa, salvandosi senza passare dalla roulette russa dei playout.
Auguri al successore, anzi, è proprio il caso di dirlo: in bocca al Lupo!
F.D.L.
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