In politica è difficile ottenere un largo consenso, ma ancora più difficile – una volta ottenuto – è confermarlo. Il vento amico o contrario, legato sia all’andamento nazionale sia a particolari dinamiche locali, può fortemente influire sul risultato delle urne e sui successivi sondaggi che pendono sulla testa di un sindaco. Ma è anche vero che il singolo può fare la differenza, se lavora bene e porta risultati innanzitutto. Considerando anche che nell’eterogeneità delle motivazioni che spingono un cittadino a recarsi (o meno) alle urne e votare uno piuttosto che l’altro, bisogna tener conto delle cosiddette preferenze di “pancia”, di cuore, di interesse e per conoscenza. Il sindaco pentastellato di Campobasso, Roberto Gravina, recentemente eletto a Palazzo D’Aimmo, nonostante la sconfitta contro il suo “collega” di Termoli, Roberti (centrodestra), alla presidenza della Regione, andrà a fare il consigliere regionale di opposizione, in virtù delle preferenze ottenute. La sua scelta come candidato della coalizione progressista è stata una promozione della politica. Probabilmente una scelta di opportunità, dovendo mettere d’accordo il Pd e il M5s, al loro primo esperimento di corsa insieme a livello di elezioni regionali in Molise. Una intesa che finora non ha pagato alle Regionali (a livello di elezioni comunali, invece, ha avuto successo ad esempio a Isernia due anni fa) e che non ha funzionato nemmeno qui, visti i risultati. La bassa affluenza (meno del 50%), dato che deve far riflettere in principio circa la credibilità attuale della politica verso i cittadini, ha condizionato soprattutto il centrosinistra, alle prese con un elettorato deluso, ma il divario è comunque così ampio con la principale parte avversa da non far venire dubbi sulla volontà popolare. Gravina ne paga le spese in un momento in cui il suo consenso personale è già in forte calo rispetto al giorno della sua elezione a sindaco. Secondo il Governance Poll 2023, realizzato da Noto Sondaggi per il Sole24Ore, il primo inquilino di Palazzo San Giorgio scivola nei consensi all’80esimo posto tra i sindaci dei capoluoghi di provincia italiani, perdendo – in confronto al 2019 – ben 22 punti percentuali (dal 69,1% al 47%). Erano altri tempi, quattro anni fa, quando l’ondata 5 Stelle era un cavallone capace di travolgere gli altri partiti e che l’anno prima aveva fatto “cappotto” in Molise, ottenendo 4 posti in Parlamento. Peraltro, alle Amministrative, Gravina si impose al ballottaggio, in quella che fu la prima “coalizione” (breve) non ufficiale, perché gli elettori di centrosinistra (che non avevano votato il M5S) preferirono premiare il giovane avvocato pentastellato piuttosto che far vincere il centrodestra (che al primo turno era avanti). Alle Regionali nemmeno la larga intesa, con la crisi in atto di Pd e M5s, è riuscita a scalfire minimamente il vento nazionale del centrodestra e l’avanzata del partito della premier Meloni. Sono cicli, si sa, e Gravina nonostante la crescita della sua fama e della sua esperienza politiche non è riuscito a frenare il tornado, venendo lui stesso da una perdita di consensi di circa un terzo, anche nelle file dei suoi elettori della prima ora. Nemmeno a Campobasso, alle Regionali, è riuscito a imporsi nella maggioranza delle sezioni elettorali.
In calo anche il sindaco di Isernia (Pd-M5s), Piero Castrataro, eletto nel 2021, che passa dal 58,7% al 53,5%. Una perdita più moderata (nella metà del tempo) e che è in parte figlia del momento storico del panorama nazionale.
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